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Ad Orvieto impazza l'ingegneria stradale. Idee e progetti diversi per immaginare la viabilità orvietana del futuro

Come dovrebbe essere riorganizzata e progettata la viabilità sotto la Rupe. Le idee di Aceto e Turreni, Perali e Santi e Piccini. Materiale per alimentare il dibattito...

foto di copertina

di Dante Freddi

Ad Orvieto impazza l'ingegneria stradale. Idee e progetti diversi per immaginare la viabilità orvietana del futuro.

Negli ultimi giorni, a sintesi però di un dibattito che si sta sviluppando da anni, sono stati diversi gli interventi che abbiamo pubblicato su come dovrebbe essere riorganizzata e progettata la viabilità sotto la Rupe. E molti altri li abbiamo intesi in piazza e a casa di amici o ripetuti in occasioni pubbliche.

Ad esercitarsi sul tema non sono ingegneri veri, ma persone di buonsenso e non, politici, intellettuali, commercianti. Tutti hanno una ricetta indiscutibile, in alcuni casi anche accompagnata da giudizi sprezzanti sugli amministratori della città, come Assocommercio di Perali e Confcommercio di Santi. In un suo corsivo anche l'ottimo Giudo Turreni, persona dabbene, si è lasciato andare a pesanti condanne di ignoranza nei confronti di chi, come Giampietro Piccini, ha osato sostenere che del casello di Orvieto nord si può fare a meno. E sì che Piccini è l'unico, tra i tanti intervenuti, che ha insieme la competenza, l'esperienza e l'intelligenza per fornire un contributo che non ha il sapore della discussione da bar dello sport.
E' ovvio, tutti possono esprimere i propri pareri e sulla nostra testata tutti son ben accetti, ma quando si sostiene un'idea e si stigmatizza duramente quella degli altri, sarebbe utile articolare il ragionamento con motivazione al di là di quelle classiche contro la sinistra che ha mortificato il nostro territorio con sessant'anni di malgoverno.
Interessante, al di fuori di questo schema consunto, è il contributo di Gian Paolo Aceto, candidato a sindaco nel 2004, che ha cercato di dimostrare, con metodologia sapiente ed argomenti apprezzabili, che la soluzione per la viabilità sarebbe un solo casello, ma tra nord e sud della città, non dove è ora.
Per arricchire il dibattito in corso delle diverse posizioni e con la speranza che dal confronto possiamo formarci pensieri, abbiamo riorganizzato alcuni interventi degli ultimi giorni, che di seguito proponiamo. Altro aspetto. Nelle ricerche di archivio sarà possibile con una sola occhiata disporre del materiale pubblicato sul dibattito. Chi è interessato all'argomento, saprà apprezzarlo.

Articolo su comunicato stampa di Confcommercio di Stefania Tomba

"Di fronte alla possibile realizzazione del casello A1 "Castiglione in Teverina" che "scipperebbe" la possibilità di realizzare quello "Orvieto nord", esplode la rabbia di Confcommercio. "Si è trattato - afferma il presidente, Giuseppe Santi - di una mancanza totale di impegno, forza e capacità politica di sensibilizzare e far smuovere la Regione di fronte agli interessi locali, di far capire che Orvieto dà il suo contributo al prestigio del territorio e necessita ora più che mai di essere sollevato da una problematica situazione economica nella quale versa".
Né per Santi la complanare può identificare una soluzione, definita com'è, addirittura un "contentino" che non è in grado di compensare la "grave perdita" subita, "tanto più - afferma - che questa opera, presentata come faraonica e dai risvolti miracolosi sul territorio è in realtà un progetto ancora sulla carta e nessuno può assicurarci riguardo al suo esito: la Regione Umbria non ha ancora inserito nel futuro piano triennale i soldi per terminarla".
"Il casello - sostiene, infine - con una spesa minore sarebbe stato più efficace non solo per risolvere gli annosi problemi di traffico ma anche per dare un impulso all'economia locale, al commercio, per accostarci sempre di più alla florida economia toscana".

Articolo su comunicato stampa di Assocommercio di Dante Freddi

Assocommercio di Carlo Perali manifesta perplessità per il "piano regolatore orvietano disattento alla sviluppo del territorio" e sollecita le amministrazioni comunale e provinciale a seguire e perseguire la realizzazione del casello Orvieto nord, che notizie stampa dei giorni scorsi darebbero per "scippato" da Castiglione in Teverina.
A questa legittima pressione per tenere vivo il progetto del casello di Orvieto nord, che tutte le forze politiche cittadine hanno ormai abbracciato e fatto proprio, anche se nato in casa Forza Italia, Perali aggiunge anche altre proposte.

La fantasia del presidente si esercita  su ipotesi di ristrutturazione del traffico locale davvero suggestive.

Per allentare il traffico su Buon Viaggio, propone di realizzare una strada lungo la valle di Benano che raggiunga il ridente borgo per poi gettarsi sull'Altopiano dell'Alfina. Questo per "riqualificare un paesaggio ancora suggestivo con un parco archeologico tutto da scoprire. Sarà inoltre possibile mettere in relazione la Scarzuola( perché la Scarzuola?n.d.r.), con il lago di Bolsena o recarsi al monte Amiata in una manciata di minuti o ancora ipotizzare un'area di espansione tra Acquapendente, Allerona  e Fabro  dove costruire abitazioni e alberghi con un grande centro commerciale, che sicuramente non darà i problemi recati  dell'ex Despina e non andrà neanche deserto".

Sic, così, proprio così.

Se i lettori non ci credono, allego comunicato integrale di Assocommercio firmato da Carlo Perali.

"Ritornando ad occuparci di viabilità e di traffico "Assocommercio" manifesta le sue perplessità nei confronti di un piano regolatore disattento allo sviluppo del proprio territorio, oppresso da esigenze di lavoro e circoscritto nell'angusto recinto delle sue periferie, resta strumento condizionato più da necessità  politiche che da reali visioni di sviluppo.

Situazioni da cui si sono generate poi speculazioni come quelle che hanno portato all'utilizzo degli ultimi giardini, ancora rimasti all'interno di Ciconia, o costruzioni nate distrattamente dentro l'alveo di alcuni corsi d'acqua o centri commerciali riproposti in luoghi dove gli ingorghi dati dal traffico superano di gran lunga il numero dei consumatori del centro commerciale stesso.

Pertanto auspicando un piano regolatore che tenga conto di uno scenario un po' più vasto,  Assocommercio sollecita l'impegno assunto dall'Amministrazione per la realizzazione di un secondo casello autostradale. 

E'  un intervento che potrebbe sollevare l'Amministrazione da non poche critiche e dal dare altrettante difficili risposte, tutte per altro improrogabili come la risoluzione del flusso dei veicoli lungo la solita Amerina, la separazione del traffico urbano dall'extraurbano o come alleggerirlo nella zona industriale di Sferracavallo e di Bardano. Pertanto un secondo casello autostradale potrebbe diventare veramente un intervento risolutivo per l'intero comprensorio, delineando scenari inediti e mettendo in relazione territori quasi impensabili come ad esempio Fabro con Bolsena.

Infatti ipotizzando una strada che da Benano risalga l'altopiano dell'Alfina e escludendo Buon Viaggio dal traffico pesante, sarà possibile avvicinare il viterbese all'autostrada, riqualificare un paesaggio ancora suggestivo con un parco archeologico tutto da scoprire.  Sarà inoltre possibile mettere in relazione la Scarzuola, con il lago di Bolsena o recarsi al monte Amiata in una manciata di minuti o ancora ipotizzare un'area di espansione tra Acquapendente, Allerona  e Fabro  dove costruire abitazioni e alberghi con un grande centro commerciale, che sicuramente non darà i problemi recati  dell'ex Despina e non andrà neanche deserto.  

Motivo sufficiente per riguardare un piano regolatore incapace di dirottare altrove un certo tipo di sviluppo e di trasformare logiche speculative troppo invadenti in una riqualificazione urbana più ordinata.

Oggi,  invece apprendiamo dalla stampa che il casello autostradale si farà a Castiglione in Teverina, quindi dirottato nell'area sud di Viterbo e non più nell'area Orvieto nord.

Se la notizia venisse confermata sarebbe una beffa senza eguali e la riprova che Orvieto   politicamente  non conta niente."

 

Intervista a Giampietro Piccini di Stefania Tomba

ORVIETO - Arriva chi mette i puntini sulle i sulla spinosa questione del casello.
"Castiglione in Teverina o non Castiglione in Teverina, il casello Orvieto nord era e resta un sogno, ma se rivuole fare politica da salotto parliamone pure".  
A puntualizzare l'intera questione al centro da mesi di duri scontri e aperture è Gianpietro Piccini dei Ci.
"Non lo dico certo per partito preso - puntualizza Piccini - ma sulla base di considerazioni più che logiche. Da un punto di vista tecnico - spiega meglio il segretario dei Ci - ci sono problematiche che, non voglio dire siano insormontabili, ma di certo fanno lievitare i costi dei lavori molto di più di quanto qualcuno pensi. Questo perché per scavalcare l'A1, se non sulla piana di Ponte Giulio (e anche lì bisogna comunque passare sotto la ferrovia lenta) non esiste un punto in cui non si debba passare sopra il corpo autostradale (ovviamente), la lenta e la Direttissima. Vi lascio immaginare i costi".
Ma di un'altra cosa è più che certo Piccini, punto di vista questo che taglia la testa al toro. "Per quanto riguarda la viabilità, una volta terminata la complanare l'esigenza del casello verrebbe meno.  Tanto per ragionare in concreto, chi arriva ad Orvieto dal Sud esce all'attuale casello e per accedere alla zona industriale imboccherebbe la complanare, chi viene dal Nord uscirebbe ugualmente al casello e tornerebbe indietro di appena 5 o 6 chilometri che, a quel punto, saranno però di complanare e non di viabilità ordinaria: praticamente neanche ce ne si accorge. Senza parlare poi del traffico legato al pendolarismo dei centri ai piedi della Rupe che la complanare è in grado assorbire e risolvere completamente".

"Insomma - tira le fila Piccini - dalla mancata realizzazione del casello la nostra viabilità non trae alcun danno se riusciamo a finire la complanare. Che è, dunque, lo sforzo verso il quale deve tendere al massimo l'amministrazione". "La politica - conclude - è vero che si fa con le idee, ma con le idee che si sposano con la fattibilità dei progetti: lavoriamo, dunque, sul secondo stralcio della complanare senza in utili fughe in avanti dettate solo da esigenze d'immagine".  

Corsivo di Guido Turreni

Nell'opinione pubblica locale è diffusa la teoria dell'imbattibilità del centro-sinistra orvietano perché a destra non si fornirebbero ipotesi credibili ed alternative, di progetti, di idee e di uomini da proporre al governo della Città.

In realtà, a ben vedere, la storia politica della Città degli ultimi anni sta a dimostrare l'esatto contrario: il centro destra cittadino, infatti, ha chiarito di essere in grado di fare proposte serie e credibili sul futuro della città.

Senza volersi intrattenere enciclopedicamente su tutte le annose questioni politiche orvietane, valga per tutte l'ultima questione di stretta attualità, rappresentata dalla realizzazione del così detto casello nord.

Quando Forza Italia propose l'idea della realizzazione di un casello autostradale a nord di Orvieto come l' "uovo di Colombo" della viabilità e dello sviluppo economico, la sinistra locale si trovò completamente spiazzata, perché l'idea poteva seriamente compromettere agli occhi dei cittadini la fallimentare "progettualità" dei ben dodici anni di amministrazione Cimicchi, che si compendiava, sul punto, nella realizzazione della strada complanare.

Il pregiudizio ideologico della sinistra nostrana e la sua profonda ignoranza sull'argomento comportarono subito un rigetto aprioristico dell'idea.

Ci risposero, infatti, dicendo che l'idea non era per niente nuova e che la società Autostrade l'aveva già bocciata anni fa perché c'era una leggina che impediva la costruzione dei caselli a distanze inferiori ai 20 km l'uno dall'altro.

La risposta suonò subito stonata, sia per la supponenza intellettuale tipica dell'ignorante, che non sa di non sapere, sia perché chiunque abbia un minimo di formazione giuridica sa che un conto è il gestore di una infrastruttura (Soc. Autostrade), altra cosa è il proprietario (Stato-ANAS): il primo la amministra, il secondo la progetta, la realizza e, se del caso, la modifica.

Dopo immense fatiche per spiegare la differenza (dovemmo far intervenire il Presidente della Commissione Infrastrutture del Senato, Sen. Cicolani, allora Commissario Provinciale di Forza Italia), la sinistra ripiegò sul merito della proposta, pur di ostacolare un'idea che voleva il bene di TUTTA la città e di TUTTI i cittadini; ci dissero, infatti, che la complanare era stata già interamente finanziata (falso!), e che dovevamo scegliere: o la strada complanare o il casello, e quindi, poiché la strada complanare sarebbe stata realizzata in quattro e quattrotto, non aveva senso abbandonare il progetto della complanare già finanziato per un semplice casello.

Replicammo allora - grazie all'acume politico del Coordinatore Comunale Barberani - che le due opere non dovevano essere messe in competizione l'una con l'altra, ma dovevano invece integrarsi, nell'ottica di un grande progetto strategico per la creazione di un polo produttivo a nord di Orvieto capace di attrarre nuove attività imprenditoriali e nuovi posti di lavoro per i nostri giovani.

A questo punto la sinistra, di fronte alla prospettiva di un puro ed immotivato rifiuto che avrebbe alimentato gli argomenti di lotta politica del centro-destra, fu costretta - per la prima volta nella storia politica cinquantennale della città - a far passare un'idea dell'opposizione, con il malcelato scopo però di non realizzarla, almeno fino alla completa costruzione della complanare.

Tutto ciò ovviamente per continuare ad alimentare il mito di una sinistra che è l'unica capace di governare e di decidere e, per altro verso, per continuare a dipingere un centro-destra incapace di prendere le redini della città.

E' inutile sottolineare la grettezza di questo modo di fare politica; è inutile evidenziare come la sinistra locale abbia sempre sistematicamente anteposto i propri interessi di bottega all'interesse superiore della città.

Oggi però il paravento della politica del rinvio e del "vedremo" è caduto: la Regione Lazio, con il finanziamento del casello a Castiglione in Teverina, ha di fatto imposto una decisione chiara e in tempi rapidi sulla questione del casello nord, senza più consentire rinvi ed anzi imponendo alla Città di svegliarsi dal suo solito torpore per attivarsi senza più scuse (complanari comprese), e per scegliere fra lo sviluppo economico e l'arretratezza del pregiudizio e dell'ignoranza.

Oggi, in definitiva, ed alla luce della mossa della Regione Lazio, la sinistra orvietana si trova a un bivio: da un lato, scegliere il rinnovamento, impersonato (forse) dalla Vice Presidente della Provincia Loriana Stella, che per lo meno dimostra di aver capito l'importanza strategica del casello nord, lo caldeggia e lo vuole; dall'altro il Consigliere Piccini, che invece, non sapendo di non sapere, si avventura in disquisizioni di ingegneria edilizia e di flussi di traffico, senza avere al riguardo alcuna competenza.

In mezzo c'è un centrodestra capace di confrontarsi e di candidarsi al governo della città, nell'ottica di un rinnovamento della politica sul futuro dello sviluppo economico e sociale.

Una credibilità ed una chance di vittoria elettorale per il centro destra che si incrementerà ancor più se dovesse vincere la linea a sinistra della sinistra.

In un cantuccio, invece, vedo il Sindaco Mocio, che "innovando nella continuità" è chiamato o a innovare o a continuare nei soliti errori del passato.

Non basta più "durare per durare" cercando di non decidere nulla o il meno possibile.

Ve lo chiede la Città !

 

Corsivo di Gian Paolo Aceto

La sistemazione viaria circostante la rupe si basa, per ciò che è da fare, su due fatti primari: il casello autostradale e la "complanare".
Questi due elementi sono problemi da risolvere in relazione non a un  territorio immutabile nel tempo, ma a un territorio in  via  di continua  anche se non tumultuosa trasformazione, per  a semplice ragione che la città  di cinquant'anni fa non è più quella di oggi, e senza voler costringere il  pensiero progettuale dentro la camicia di forza delle "magnifiche sorti" dei  cinquant'anni a venire. La viabilità del territorio sottostante la Rupe si è  basata finora  tra l'altro sul casello dell'autostrada dove è sistemato  ancora oggi, e cioè in direzione Sud. Ed è stato fatto lì all'epoca perché  si pensava e certamente si era constatato che il traffico era o sarebbe
stato soprattutto verso il Lazio e Roma, come principale diramazione  turistica, e dove erano e ci sono le aree produttive e commerciali più  vicine. Ma c'è una variazione importante come tutti sanno e vedono nel  territorio intorno a Orvieto rispetto a mezzo secolo fa: e cioè lo sviluppo
(anche se in parte piuttosto nominale rispetto alle possibilità effettive)  dell'"area industriale" di Bardano e poi anche dei paesi circonvicini; e  inoltre l'aumento del flusso turistico sulla Rupe per il semplice fatto che  è aumentata la popolazione mondiale, e in special modo quella parte di essa
che si muove per "turismo". Quando è stato fatto il casello autostradale  attuale, non esisteva vicino ad esso praticamente nessun insediamento  commerciale, alberghiero o manifatturiero, o abitativo. Col casello e con  gli anni si è venuto formando quel tessuto di insediamenti  che dal casello
arriva fino alla rotonda dello Scalo. La notazione essenziale da fare a  questo punto è che il casello ha favorito quel tessuto di insediamenti, ma  non è nato a priori per questi specifici insediamenti localizzati lì. E'  nato all'epoca per tutta la città e il suo territorio. Gli insediamenti sono  venuti  dopo, e i loro gestori e proprietari o abitanti naturalmente non  hanno nessuna responsabilità di nessun tipo. Si sono coagulati dove hanno  trovato conveniente coagularsi. E cioè i privati hanno costruito e abitano  intorno a quella che possiamo chiamare per chiarezza l'unica porta d'accesso  dall'autostrada alla città, che però continuava a rimanere una creazione  pubblica e per il pubblico (che vuol dire allora come oggi non una parte di
città ma tutta la città). Ragionare in maniera diversa  a quello che sto  dicendo vuol dire configurare, e segretamente  voler favorire, forse anche  involontariamente e anche in buona fede, una specie di tentata e sotterranea  usucapione strisciante del diritto (che è pubblico e deve rimanere tale) all'unico  accesso dall'autostrada alla città e al suo territorio. Ma in questo modo, è  ovvio  pur senza  responsabilità dei privati vicini al casello, si viene a  creare in ogni caso una specie di privatizzazione di fatto di un diritto
pubblico. E  chi mantiene il silenzio (specialmente se ha responsabilità  pubbliche dirette) favorisce questa situazione, e in ultima analisi ne  finisce per diventare complice. Perché se la città cambia  sostanzialmente  aspetto, soprattutto "si muove", si allarga e cresce da un'altra parte in  maniera considerevole, il casello dov'è ora si trasforma (e ormai tende non  soltanto ad esserlo ma lo è) in uno sbocco autostradale al servizio di  pochi. Vale a dire, per essere ancora più chiari, che chi ha gli  insediamenti o abita in quel tratto non può più  aspettarsi che quello  rimanga il casello autostradale di  Orvieto, sistemato dov'è ora. Con l'ovvia  correlazione di ragionamento anche soltanto basato sulla logica elementare
secondo il quale se non si potesse o non si ritenesse opportuno avere due  caselli, l'unico casello autostradale di Orvieto deve spostarsi in modo da  favorire anche altri insediamenti commerciali o abitativi dall'altro lato  del territorio. Prima non c'erano, oggi ci sono. E  così come possiamo dire
che negli anni '50 il casello autostradale è stato progettato e fatto per  una città che aveva all'epoca un certo baricentro, spostandosi il baricentro  della città, deve spostarsi il casello.

Ma c'è una variazione importante come tutti sanno e vedono nel territorio intorno a Orvieto rispetto a mezzo secolo fa: e cioè lo sviluppo (anche se in parte piuttosto nominale rispetto alle possibilità effettive) dell'"area industriale" di Bardano e poi anche dei paesi circonvicini; e inoltre l'aumento del flusso turistico sulla Rupe per il semplice fatto che è aumentata la
popolazione mondiale, e in special modo quella parte di essa che si muove per "turismo". Quando è stato fatto il casello autostradale attuale, non esisteva vicino ad esso praticamente nessun insediamento commerciale, alberghiero o manifatturiero, o abitativo. Col casello e con gli anni si è
venuto formando quel tessuto di insediamenti che dal casello arriva fino alla rotonda dello Scalo. La notazione essenziale da fare a questo punto è che il casello ha favorito quel tessuto di insediamenti, ma non è nato a priori per questi specifici insediamenti localizzati lì. E' nato all'epoca per tutta la città e il suo territorio. Gli insediamenti sono venuti dopo, e i loro gestori e proprietari o abitanti naturalmente non hanno nessuna responsabilità di nessun tipo. Si sono coagulati dove hanno trovato conveniente coagularsi. E cioè i privati hanno costruito e abitano intorno a quella che possiamo chiamare per chiarezza l'unica porta d'accesso dall'autostrada
alla città, che però continuava a rimanere una creazione pubblica e per il pubblico (che vuol dire allora come oggi non una parte di città ma tutta la città). Ragionare in maniera diversa a quello che sto dicendo vuol dire configurare, e segretamente voler favorire, forse anche involontariamente e
anche in buona fede, una specie di tentata e sotterranea usucapione strisciante del diritto (che è pubblico e deve rimanere tale) all'unico accesso dall'autostrada alla città e al suo territorio. Ma in questo modo, è ovvio pur senza esponsabilità dei privati vicini al casello, si viene a creare in ogni caso una specie di privatizzazione di fatto di un diritto
pubblico. E chi mantiene il silenzio (specialmente se ha responsabilità ubbliche dirette) favorisce questa situazione, e in ultima analisi ne inisce per diventare complice. Perché se la città cambia sostanzialmente spetto, soprattutto "si muove", si allarga e cresce da un'altra parte in aniera considerevole, il casello dov'è ora si trasforma (e ormai tende non
soltanto ad esserlo ma lo è) in uno sbocco autostradale al servizio di ochi. Vale a dire, per essere ancora più chiari, che chi ha gli nsediamenti o abita in quel tratto non può più aspettarsi che quello imanga il casello autostradale di Orvieto, sistemato dov'è ora. Con l'ovvia orrelazione di ragionamento anche soltanto basato sulla logica elementare scondo il quale se non si potesse o non si ritenesse opportuno avere due aselli, l'unico casello autostradale di Orvieto deve spostarsi in modo da avorire anche altri insediamenti commerciali o abitativi dall'altro lato dl territorio. Prima non c'erano, oggi ci sono. E così come possiamo dire che negli anni '50 il casello autostradale è stato progettato e fatto per una città che aveva all'epoca un certo baricentro, spostandosi il baricentro
della città, deve spostarsi il casello. Ma prendiamo in considerazione per ora la possibilità di un secondo casello, e perciò di due caselli, il secondo dei quali ovviamente più a Nord. Ma può la città aver diritto, sopportare, pretendere, dichiarare necessari, esigere dallo Stato o dal gestore privato, la Società Autostrade, due caselli? Le ragioni che lo impediscono sono a mio parere le seguenti: primo, lo Stato o una Regione, così come qualsiasi altro Ente pubblico, non sono e non devono essere una vacca da mungere indiscriminatamente con "donazioni" o sovvenzioni erogate
per opere non necessarie che vengono richieste grazie ad appoggi di maggioranze o minoranze di vario tipo, nazionali, regionali, comunali, o politicamente "private" nel senso partitico. Per un gestore privato è la stessa cosa, anzi! Ma qualcuno dice, anche in quasi buona fede: pagando, la
Società Autostrade può farci un secondo casello (il che somiglia tanto a certe opere pubbliche del Sud, ma in effetti anche più su.). Premesso che il pagare di per sé costituisce un attestato di moralità interprofessionale soltanto nel caso per esempio di chi compra un chilo di pere in un negozio e perciò deve prima di uscire lasciare il corrispettivo in denaro che il negoziante richiede per la merce, si può affermare che sempre e per
qualsiasi fatto il solo argomento del pagare abbia di per sé un valore moralmente positivo? Esiste il caso di chi paga uno per far male ad un altro! Perciò il fatto che, pagando, dalla Società Autostrade si possa ottenere un secondo casello e che perciò soltanto per questo il secondo casello sia giusto farlo o pretenderlo (cosa molto dubbia), diventa un fatto di immoralità politico-amministrativa basato su una distorta e feudale
concezione dei rapporti tra, per esempio in questo caso, un Comune e una concessionaria di Stato. Ma va da sé che se invece si optasse per lo spostamento del casello attuale e la Società Autostrade ne richiedesse in parte il pagamento, quest'ultimo sarebbe sacrosanto, perché la merce in
cambio andrebbe a vantaggio di tutta la città. Ma c'è un fatto ancora più solare, dato che come città viviamo in relazione ad altre città e perciò in relazione a tutto il territorio nazionale.  E' inutile, anche con buone intenzioni, illudere la popolazione (che come si sa al solito per puro caso coincide con l'elettorato.) sulla necessità di lastricare un secondo
casello. La realtà locale non lo consente. Faccio un esempio: la cittadina di Fidenza, oltre Parma, ha lo stesso numero di abitanti di Orvieto, ma ben più di 2000 Partite Iva! (servizio giornalistico de "Il Sole-24 Ore" di uno
o due anni fa). E Fidenza ha un solo casello autostradale! Perciò ragionevolezza vuole che, essendosi la situazione molto modificata, si prenda in considerazione l'unica soluzione concretamente realizzabile: lo spostamento del casello attuale ad un'altezza più a Nord, corrispondente al centro di due conglomerati ormai di pari importanza, e cioè qualche
centinaio di metri oltre le cosiddette "case dei ferrovieri". Questo naturalmente implica la creazione di uno snodo stradale, plurisvincolo, che andrà a favorire diverse situazioni già esistenti, e che nello stesso tempo farà il possibile per favorire l'accesso dal nuovo casello agli insediamenti
intorno a quello che fin d'ora possiamo definire l'ex-casello. Ricordo tra l'altro che questa soluzione l'avevo già proposta in pubblico in poche battute essenziali durante la campagna elettorale per le elezioni comunali del 2004, quale candidato sindaco della lista civica "Orvieto Capitale", in sede di
seconda presentazione dei candidati Palazzo dei Sette. Malgrado ciò non è stata presa in considerazione dagli amministratori presenti o candidati amministratori passati presenti o futuri. Riprendendo il discorso sul casello autostradale, da spostare dove propongo, la parte più rilevante è certamente la creazione di un grande svincolo, plurisvincolo, vicino o non vicino al casello, che possa servire in maniera più razionale e spedita diverse situazioni del territorio. E questo svincolo è di certo strettamente
connesso a come deve essere progettata (ma forse riprogettata) la complanare, in forme ovviamente dipendenti dalla nuova posizione del casello e dello svincolo stesso. Ma prima di sviluppare quest'argomento, vorrei fare una precisazione. Io sono ovviamente favorevole al maggior sviluppo possibile delle imprese edili o di lavori stradali in generale, oltre che di tutte le altre di altro tipo, ma compatibilmente, nel caso di opere
pubbliche, ed è l'argomento di quest'articolo, con le necessità della città e del suo territorio però non soltanto per qualche riguarda la situazione attuale ma quella a venire nei prossimi anni, quella che si spera. Per esempio, la "bretella" che si pensa di fare tra il nuovo ponte sul Chiani e l'inizio di Ancaiano, e questo per evitare agli abitanti della Svolta il passaggio dei camions. E' un'opera inutile, se si prende in considerazione il progetto del nuovo casello, con ciò che ne consegue e che
sto per delineare, anche perché non toglie il fastidio dei camions agli abitanti di Ciconia. Il plurisvincolo, annesso al casello spostato oltre le case dei ferrovieri, dovrebbe snodarsi in quattro direzioni principali, tutte di uguale importanza. La prima direzione è un accesso più diretto al centro storico, con variazioni da decidere metro per metro in rapporto a ciò
che di stradale già esiste. Bisogna aumentare gli spazi di parcheggio in pianura per scoraggiare il più possibile l'accesso diretto (che in ogni caso non si può impedire, almeno fino a Piazza Cahen). Tra l'altro intorno al nuovo casello e al plurisvincolo bisogna vietare di costruire insediamenti
industriali o abitativi, anche perché per quelli industriali c'è tutta l'area di Bardano, ben lontana dall'essere totalmente utilizzata. Ma anche perché, se Orvieto vuole avere o continuare ad avere un avvenire turistico, bisogna evitare che i turisti in auto, dopo l'attraversamento in autostrada delle
splendide vallate a Sud e a Nord di Orvieto, in procinto di fermarsi per salire alla Rupe si trovino di fronte subito qualcosa che assomigli alla periferia di qualsiasi abitato "moderno". Il plurisvincolo dovrebbe continuare ad avere la campagna intorno a sé, e specialmente nel tratto che porta su in città. Mentre è piuttosto avvilente e spoetizzante per il
turista (oltre che caotico) uscire dal casello dov'è ora e trovarsi subito una sfilata di costruzioni certamente utili, ma troppo uguali a ciò che il turista già sopporta nei luoghi dove vive. Perché una delle caratteristiche straordinarie dell'Umbria è proprio questa sensazione di "continuità dolce" nel passaggio dalla natura campestre alle città o paesi antichi. Sono due
silenzi "visivi" non assordanti (e non contundenti l'uno con l'altro) che è importante salvaguardare quando ancora lo si può. La seconda direzione è un pezzo di complanare già in programma che dal casello nuovo e dal plurisvincolo torni a servire l'abitato e gli insediamenti già esistenti tra
il vecchio casello e la rotonda dello Scalo. Sento dire, ma sono soltanto voci, che gli abitanti di questo tratto non vorrebbero che la complanare passasse dove hanno gli orti che coltivano e cioè immediatamente vicino tra le loro case e la ferrovia, e preferirebbero che la complanare passasse al di là. In effetti questi cittadini abitanti lì già da troppi anni sopportano il rumore e l'inquinamento prodotti da ferrovia e autostrada, e perciò hanno mille ragioni a non volere che il pezzo di complanare passi sotto il loro naso e vicino alle loro orecchie. Ma certamente quel pezzo di strada sterrata si potrebbe almeno asfaltare, e farne una strada a traffico giuridicamente limitato ad uso dei residenti. La terza direzione è una
strada praticamente ad uso soltanto degli automezzi che trasportano i rifiuti, una strada che dal plurisvincolo, e perciò saltando tutti gli abitati, vecchio casello, rotonda dello scalo, Ciconia, Svolta, salga direttamente all'inceneritore, perciò proibendo ai camions di passare anche per l'incantevole paesaggio che arriva e oltrepassa il bivio per Morrano, e
cioè il poggio di Ancaiano. Per fare questo è necessario espropriare parte dei terreni situati in linea diretta tra il nuovo svincolo e l'inceneritore stesso, facendo una strada che con qualche tornante data la pendenza arrivi direttamente all'inceneritore. E a proposito di Ancaiano e della Svolta, gli
abitanti di queste località oltre a quelli di Ciconia sono arcistufi di vedere sentire e respirare gli automezzi pesanti diretti all'inceneritore.
Perciò sembra che si sia pensato (ma è un palliativo) di "venire incontro" a questi abitanti progettando la "bretella" di cui parlavo prima, quella che dal nuovo ponte sul Chiani in via di ultimazione alla fine dell'abitato di Ciconia costeggi il Chiani arrivando in linea retta fino alla prima curva di Ancaiano. E questo solo per far passare i camions dei rifiuti, rovinando
però irreparabilmente il paesaggio costituito dal grande campo agricolo che ha sullo sfondo gli alberi intorno al fiume, che sono una bellissima vista paesaggistica prima per gli orvietani e poi anche per i turisti i quali per gli orvietani sono anche parte del pane che si mangia. Tutto questo non sarebbe più necessario con lo spostamento del casello e la creazione del
plurisvincolo più a Nord, una delle cui strade come ho detto sarebbe riservata agli automezzi diretti all'inceneritore. Per cui la "bretella" lungo il Chiani serve a poco, perché libera gli abitanti della Svolta ma non quelli di Ciconia. A meno che...A meno che quella "bretella" preluda ad una completa urbanizzazione di tutti i terreni agricoli formanti una specie di
grande triangolo con vertici il ponte lo Stadio e il Chiani. E' un bene, questo? È un male? L'argomento è complesso. Si sostiene per esempio da alcuni che una parte delle urbanizzazioni nei dintorni della Rupe sia dovuta alle richieste per conseguente fuga soprattutto da Roma, anche se magari
soltanto nella forma del pendolarismo. In questo caso Orvieto eserciterebbe una specie di "supplenza esistenziale" così come la esercita in parte riguardo all'area campana per quel che riguarda i rifiuti. Mi è capitato di scrivere in passato che Orvieto fa parte di un tutto, che si chiama una sorta di unità nazionale basata sulla solidarietà amministrativa (tutt'altra
cosa naturalmente da ciò che pensano i mai abbastanza odiati leghisti) oltre che politico-istituzionale. E che quando è necessario bisogna pur saperlo dimostrare con i fatti. La quarta direzione è quella che dal nuovo casello e
plurisvincolo porta all'area industriale di Bardano e a Sferracavallo oltre che ai paesi più limitrofi o più lontani., per cui è necessario il secondo ponte sul Paglia d'altronde già in programma, e che collegherà e favorirà anche il traffico su Ciconia, favorendo tutto l'abitato. Queste sono le
 linee essenziali del progetto.  Rimane da chiedersi se questo progetto si incontri o si scontri con la complanare già progettata ma i cui lavori sembra che non siano ancora stati assegnati. E perciò c'è da fare un'ultima considerazione, chiamiamola di filosofia o lealtà o serietà politico-amministrativa. Faccio un esempio. In ogni campo dell'agire umano gli addetti ai lavori con responsabilità pubbliche mettono in atto una strategia, cioè programmano secondo le conoscenze e le informazioni che hanno. Ma se prima di passare all'azione, si accorgono che parte o tutto del
loro progetto è sbagliato e dimostrabile con buone ragioni, certamente si pongono il problema e accettano di discuterne. Più o meno è il caso anche di un'amministrazione comunale, visto che quando si è imboccata una strada sbagliata, l'unico modo per arrivare alla meta è quello di tornare indietro.
Perché le considerazioni che ho svolto finora sono certamente indirizzate al Consiglio Comunale di Orvieto, anche se per ora nella maniera informale di un articolo telematico. Io non posso intervenire in Consiglio perché non ne faccio parte, ma qualsiasi consigliere comunale può, se lo ritiene giusto,
fare proprie in parte o complessivamente queste considerazioni e portarle in Consiglio perché vengano discusse e votate. Così ognuno sarà libero di portare la responsabilità personale, primo ed essenziale scalino della dignità politica, della loro accettazione o del loro rifiuto. Tutto questo
progetto che ho delineato naturalmente non è inoppugnabile ma naturalmente oppugnabile, come tutte le cose che fanno gli uomini, ma si spera con lealtà e logica di argomentazioni, anche contrarie.Poi naturalmente ci si può aspettar anche il silenzio. Ma qualche volta, è proprio chi tace che in
realtà non acconsente.

 

Pubblicato il: 24/05/2006

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