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Due anni di insulti al telefono. Ora vuole 10mila euro di risarcimento

Due donne orvietane in questa storia di "telefono caldo". Ma il giuduce Tafuro vuole vederci più chiaro e rinvia la discussione al 21 aprile

ORVIETO - Per due anni, al telefono, si è presa insulti di ogni genere adesso vuole 10mila euro di risarcimento. Questa la richiesta avanzata ieri mattina da una trentenne orvietana, tramite l'avvocato di parte civile, contro una donna, sempre orvietana, sui 45 anni, che per un paio di anni l'avrebbe tormentata in negozio (la donna lavora in un esercizio di Orvieto scalo) e a casa con telefonate ingiuriose che, con epiteti chiari ed espliciti, alludevano alla presunta vita sessuale disinibita della malcapitata.

Tutto per un precedente screzio tra le due donne, di natura personale ma che non è, però, emerso con chiarezza in sede processuale.  Con le stesse accuse di molestie e ingiurie era finita alla sbarra già l'anziana madre della donna, dal cui telefono fisso partivano le chiamate. La donna si scagionò facilmente dimostrando che era addirittura ricoverata in ospedale nelle date di alcune telefonate risalenti al febbraio del 2004. Così alla sbarra era finita la figlia, 45enne, di cui tra l'altro la "molestata" avrebbe riconosciuto la voce, in quanto la donna sarebbe stata sua cliente. Una cliente del tutto particolare, che secondo l'accusa l'avrebbe anche osservata a lungo con pedinamenti e appostamenti fuori dal negozio. Il pm per la imputata - difesa dall'avvocato Pier Luigi Coruzzi - ha chiesto 516 euro di ammenda.  Ma il giudice Tafuro non è ancora convinto è ha chiesto che la quarantacinquenne venga sottoposta ad una perizia fonica. La discussione è fissata per la prossima udienza del 21 aprile.  

Pubblicato il: 01/04/2006

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