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Ponte Giulio riemerge dal soffocamento della vegetazione

La pulizia effettuata in occasione dell'urbanizzazione della zona industriale adiacente ha riporato alla luce l'antico ponte che collegava Orvieto a Chiusi

foto di copertina

Riemergono dal soffocamento dell'edera e delle spine le mura di ponte Giulio.
L'urbanizzazione della zona industriale adiacente ha convinto i proprietari a ripulire le antiche vestigia, almeno per quanto possibile senza correre il rischio di comprometterlo ulteriormente.
Crollato per buona parte e letteralmente divorato da una rigogliosa vegetazione era praticamente scomparso l'antico ponte sul Paglia che collegava la città di Orvieto con Chiusi.
Non si vedeva praticamente più, al punto che, nonostante le vestigia restino lì al margine della strada percorsa ogni giorno da centinaia di autotrasportatori e automobilisti, nessuno ci faceva più caso e addirittura in pochi, ormai, ricordavano da dove traesse origine la toponomastica dell'area artigianale tra Sferracavallo e Allerona.
Si tratta, eppure, di patrimonio storico archeologico importante. Basti pensare che è citato già a partire dal XIV secolo, allora, come "Mastro Ianne" e acquistò l'attuale nome nel 1506 quando Giulio II ne ordinò la ricostruzione. "Da allora - spiega l'architetto Simone Moretti Giani - è ricordato con continuità delle fonti che segnalano ricorrenti restauri, soprattutto per i danneggiamenti subiti dal ponte a causa dalle continue deviazioni del corso del fiume Paglia e le conseguenti piene". Fino al 1737, quando un incisione rappresenta ponte Giulio con cinque arcate ancora in piedi e tre crollate. Alla fine del '500 venne addirittura incaricato per la redazione del progetto di restauro l'architetto orvietano Ippolito Scalza. "Esistono ancora - prosegue Moretti Giani - i disegni che riguardano sia la regimazione delle acque del fiume che i lavori di restauro". 

Il ponte è abbandonato e non sappiamo né di un progetto di fattibilità per il suo recupero né tanto meno di un finanziamento ad hoc per gli eventuali lavori. Giorno dopo giorno perde un pezzo, un pezzo di storia che si cancella lentamente ma inesorabilmente dalla memoria degli orvietani fino quasi a scomparire. Sarebbe sufficiente l'interessamento diretto delle amministrazioni e della Sopraintendenza per mettere mano a un piano di intervento che forse aspetta da troppi anni. Un progetto per il quale ci sarebbe a questo punto anche la disponibilità degli architetti, Simone Moretti Giani e Donato Borri, già responsabili di molti interessanti piani di recupero storico archeologici nell'area orvietana. Non ultimo il restauro della chiesa di Sant'Antonio Abate di Monterubiaglio.

 

 

Sono venute alla luce, al centro del ponte, due pietre.(foto sopra)

In una è scolpita una croce, l'altra sembra essere uno stemma. 

 

Pubblicato il: 20/03/2006

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