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"Perché non mettere in mostra in Sant'Agostino anche le grandi tele insieme alle statue?"

Lettera di Alberto Satolli al direttore di Orvietosi. E al Consiglio dell'Opera del duomo

foto di copertina

In un precedente articolo sulla manifestazione "Un museo in mostra, le stanze delle meraviglie" auspicavamo che Alberto Satolli e Opera adel Duomo si "parlassero" e che dai comuni contributi si individuasse la soluzione migliore per creare un grande evento ad Orvieto. La lettera di Satolli còglie l'invito e formula una proposta interessante. "Perché non mettere in mostra in Sant'Agostino anche le grandi tele insieme alle statue?"
Quando le intelligenze si incontrano i risultati si vedono, ma soltanto se c'è disponibilità a verificare, immaginare, prospettare. E anche se il luogo d'incontro, per ora, è un quotidiano internet.

Lettera al direttore di Alberto Satolli

Nell'introdurre il testo del mio articolo su "Micropolis" Dodici Apostoli in cerca di casa (uscito con il manifesto del 28.02.06), un redattore di Orvietosì si auspicava saggiamente un dialogo tra le parti, in modo da evitare polemiche e trovare "la strada giusta, in breve tempo, con soddisfazione della città".

Un invito al buon senso, insomma, che io sono pronto ad accogliere facendo presente, però, che per me è impossibile interloquire direttamente con un Consiglio se non sono chiamato a farlo; in più occasioni ho discusso del problema con alcuni consiglieri che conosco da anni e che stimo per la competenza e la serietà con cui operano nei rispettivi campi d'attività ma, evidentemente, le nostre posizioni sui criteri di musealizzazione erano e sono rimaste distanti.

Con una differenza sostanziale secondo cui, mentre il Consiglio dell'Opera del duomo prende decisioni operative e diffonde sintetici comunicati io posso, al massimo, esprimere l'opinione di un isolato studioso orvietano che da oltre trent'anni s'è occupato di quella fase manierista del duomo che soltanto ora viene riscoperta per essere riportata, a puntate, alla ribalta.

Comunicati, articoli, repliche con qualche provocazione da entrambe le parti, non è certo questo il modo per un confronto costruttivo che, per prima cosa, dovrebbe essere molto più allargato.

Ma, al momento, come dovrei fare per avere una risposta ad una domanda che, dopo aver letto l'ultimo comunicato, m'assilla, se non ricorrendo all'ospitalità di questo sito per una chiacchierata in famiglia?

Leggendo il resoconto della conferenza stampa organizzata dall'Opera del duomo venerdi 03 marzo '06, oltre ad aver registrato che la proposta da me avanzata di riportare le statue in duomo sarà, in futuro, presa in considerazione, ho appreso che "l'apertura del primo piano del palazzo Soliano è programmata per il 2007".

Ero convinto, non ricordando di aver già sentito questa data e forse suggestionato dall'unico allestimento museale realizzato con l'inamovibile "teca", già pronta e pagata da tempo, che l'apertura del salone superiore del Soliano fosse più imminente e che, quindi, coincidesse in tutto o in parte con l'esposizione delle statue in Sant'Agostino.

Ora che è stata precisata la durata dell'esposizione temporanea -fino al 7 gennaio 2007- è anche chiaro che le pale d'altare, tutte già restaurate, rimarrebbero invisibili nel chiuso salone del Soliano, mentre le statue faranno bella mostra di sé in Sant'Agostino.

Le domande spontanee che vengono in mente sono le seguenti.

Perché non mettere in mostra in Sant'Agostino anche le grandi tele insieme alle statue?

Perché non cogliere un'occasione irripetibile e ricomporre, almeno per alcuni mesi, l'intero apparato decorativo dell'interno cinque-seicentesco del duomo, la cui unità è andata perduta e, dati gli attuali progetti, non si intende più ritrovare?

Perché non regalare agli Orvietani e al mondo intero un'ultima immagine non virtuale di un'eccezionale impresa storica e artistica, per secoli vanto del nostro duomo?

Chi oggi organizza grandi eventi deve mettere in conto richieste non semplici e non sempre soddisfatte di opere d'arte in prestito da numerosi musei, se vuole realizzare mostre che abbiano un senso compiuto e siano raggiunte da un vasto pubblico.

Perché qui in Orvieto, dove tutte le opere necessarie per una mostra mai vista e mai più visibile (compresi i bozzetti in terracotta delle statue ed i disegni dello Scalza relativi al progetto di rinnovamento del duomo) sono a portata di mano, si è pensato di trasportare a Sant'Agostino soltanto le statue gigantesche e di lasciare sottochiave le più mobili pale d'altare, riducendo un grande evento ad un'esposizione di sculture che, in qualche modo, si potrà ben rivedere?

Se la mostra delle sole statue a Sant'Agostino "potrà costituire -come è stato detto- un importante momento dialettico e di riflessione", a maggior ragione il dibattito culturale sarebbe straordinariamente arricchito dalla contestuale presenza delle pale d'altare.

Naturalmente, prima di rendere pubbliche le considerazioni che ho esposto, ho preso un po' di misure, sia dello spazio espositivo che delle opere da esporre, ed ho verificato la fattibilità di questa mia estrema proposta, appurando che lungo il perimetro della chiesa di Sant'Agostino possono essere collocate in maniera ben visibile tutte le statue e tutte le pale d'altare, sistemandole nella stessa sequenza alternata che avevano quando furono in duomo per tre secoli, fino al 1887.

Se mi sono preso la briga di inquadrare in una diversa prospettiva l'esposizione/evento previsto in Sant'Agostino, non l'ho certo fatto per alimentare polemiche, ma esclusivamente perché sia riscoperto e valorizzato al meglio quanto è stato concepito e realizzato tra Cinquecento e Seicento all'interno del duomo di Orvieto.

Pubblicato il: 10/03/2006

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