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Acqua pubblica. Non è questione di "bene comune"

Il movimento orvietano per la "ripubblicizzazione" è stato "sopraffatto" da una rivolta generalizzata e nazionale nei confronti dell'attuale legislazione che governa la materia

foto di copertina

di Dante Freddi

L'acqua occupa il palcoscenico mediatico orvietano da diversi mesi.

All'inizio sembrava che ad alimentare l'interesse e a vivacizzare la polemica fosse una questione tutta interna ai DS, una lotta tra correntone di Cimicchi e fassiniani di Capoccia, presidente dell'ATO.

E allora forse era così, per molti dei "disobbedienti".

Ora non più, o non solo.

Il movimento orvietano è stato "sopraffatto" da una rivolta generalizzata e nazionale nei confronti dell'attuale legislazione che governa la materia. Il tono della discussione si è alzato e il mirino si è spostato verso un tema "alto", di visione generale, politico. Anche il centrosinistra ha dovuto tenere conto dei comitati per la "ripubblicizzazione dell'acqua" e  alcune loro istanze sono entrate nel programma elettorale di Prodi.

"Per ripubblicizzazione- sostengono i comitati - deve intendersi la sottrazione alle logiche del mercato dell'intero ciclo idrico integrato per riaffidarlo ad una gestione pubblica e territorialmente partecipata dai lavoratori, dai cittadini e dalle comunità. Di conseguenza, anche la gestione attraverso SpA a totale capitale pubblico, pur essendo un obiettivo perseguibile nei diversi territori come argine ai processi di privatizzazione in corso, non colloca di per sé in mani pubbliche e partecipate il governo dell'acqua".  

È prevista inoltre una tariffazione regolata "perseguendo criteri di equità, di tutela delle fasce deboli e di uso sostenibile". Nel dibattito entrano quindi il rapporto con l'ambiente, la sostenibilità degli interventi, l'eliminazione degli sprechi e la riduzione dei consumi.

Il sindaco Stefano Mocio ha contribuito a togliere il sapore di bassa polemica all'appassionata discussione e ha proposto al Consiglio comunale iniziative che porrebbero la città tra quanti sollecitano una  modificazione della legge Galli, quella che regola attualmente la materia.

A mantenere tesi i rapporti in città c'è però il distacco del servizio annunciato da SII agli utenti morosi, molti dei quali appartengono al comitato per la "ripubblicizzazione dell'acqua.

Comune ed ATO vorrebbero soluzioni soft, con il mantenimento di un  minimo garantito di acqua. La SII invece persegue la sua missione di società per azioni. Deve rendere conto del profitto ai soci e va avanti con le azioni di distacco, almeno quando non c'è opposizione.

Qualcuno le bollette deve pagarle e le soluzioni sono o politiche o giudiziarie.

La logica privatistica ed i comportamenti conseguenti a cui è costretta la SII sono emblematici e dimostrano, mi sembra, una giustezza di fondo delle richieste dei "disobbedienti".
Al di là dei contenuti specifici e delle diverse possibilità di gestione che propongono i comitati in tutto il Paese, l'acqua va pagata, ma non può essere affidata ad una gestione che persegue il profitto e che si comporta di conseguenza.
Qui non è questione di "comunismo", bisogna sottolinearlo, ma di bene comune.

E l'argomento, almeno per quanto è nelle nostre possibilità, lo manterremo vivo.

Pubblicato il: 07/03/2006

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