Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Noi non contiamo nulla

Gli orvietani non hanno mai contato un granché nelle decisioni della politica regionale o nazionale

Politica

Gli orvietani, di Orvieto o Allerona o di altro ridente castello dell'Orvietano, non hanno mai contato un granché nelle decisioni della politica.

L'unico vero "colpaccio" del secolo, quello scorso, è stato la legge sulla Rupe, messo in atto perché si era creata una vasta coalizione trasversale e perché il problema era "grosso".

Chi gestisce il potere, se così lo vogliamo chiamare, chi quindi decide verso quali iniziative debbano essere indirizzate le risorse, è stato sempre di Terni o di Perugia.

Questo non significa certo che il nostro territorio non abbia espresso o non esprima personalità di rilievo. Senza andare troppo indietro, basti ricordare uomini di intelligenza vivace e cultura robusta che hanno avuto anche successo politico, come Romolo Tiberi, senatore e sottosegretario o Sergio Ercini, eurodeputato, entrambi democristiani. Poi c'è stato il senatore Maravalle, socialista. Ma non sono mancati uomini che hanno avuto successo politico ed hanno "contato" forse più dei primi, come Marcello Materazzo. L'unico presidente di Provincia e assessore regionale che ha espresso l'Orvietano è stato però Stefano Moretti, perché i socialisti orvietani, per un sottile gioco di alleanze e per abilità dei "giocatori", ebbero in quegli anni Ottanta una pesantezza straordinaria e anomala.

È che in democrazia contano i voti. I voti espressi dal nostro territorio sono pochi all'interno dei diversi partiti, dove si seleziona chi deve dirigere, e pochi quindi nelle istituzioni, dove si riflettono le scelte operate all'interno dei partiti.

È ovvio che, escluse condizioni straordinarie, l'esuberanza numerica del Ternano mortifica le intelligenze di origine paesana, come le nostre. A sua volta questo è sopraffatto dal Perugino.

La selezione nei partiti avviene in base alle tessere, che sono governate secondo scontati rapporti numerici tra capoluoghi e periferia. Insomma, chi proviene dal "paese"ha notevoli difficoltà ad affermarsi nella carriera politica, al di là di reali e comprovate capacità.

Riequilibrare i territori all'interno della Regione, come suggerisce Alberto Sganappa nel suo intervento, è un passo avanti. Ma la verità, talmente vera che è un luogo comune, è che la selezione del personale politico avviene secondo meccanismi in cui la "protezione territoriale" è prevelente e produce il danno gravissimo di mortificare potenzialità che potrebbero invece divenire preziose per tutta la comunità regionale.

Ci portiamo dietro una tara campanilista che soltanto se superata culturalmente consentirà alla politica di porre tutti i cittadini nella medesima condizione di partenza. E sarà democrazia.

Pubblicato il: 27/03/2003

Torna alle notizie...