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Caro Giorgio ti rispondo. Di Franco Raimondo Barbabella

La tua lettera aperta(è riproposta nell'approfondimento),che apprezzo perché chiara rispetto alle tue posizioni, merita una risposta altrettanto chiara, come si conviene tra amici. Per questo andrò per punti

Politica

Caro Giorgio, ti rispondo.
La tua lettera aperta, che apprezzo perché chiara rispetto alle tue posizioni, merita una risposta altrettanto chiara, come si conviene tra amici. Per questo andrò per punti:

1. Sul piano generale, riconosco che abbiamo delle sensibilità comuni, testimoniate anche da comuni esperienze, e credo non a caso; e abbiamo anche un carattere abbastanza simile, che definirei però non piccoso, ma semmai orgoglioso, in ogni caso, almeno per quanto mi riguarda, geloso dell'autenticità delle posizioni assunte e quindi repulsivo di chi, per insipienza o per interesse, le deforma. La differenza vera mi pare stia in questo, che io tendo a vedere la complessità delle cose e non leggo la realtà in bianco e nero, senza se e senza ma, come oggi invece si tende a fare e come ormai anche tu mi pare che faccia, come se tutto fosse da ridurre a roba da tifoserie contrapposte. Questo è grave, perché offusca le menti e fa perdere il senso delle cose essenziali, ad esempio il senso delle istituzioni. Le istituzioni per me non debbono violare le norme esistenti e non debbono essere di parte. Qui perciò ti dico due cose:

a) io penso che sia sbagliato esporre da un palazzo pubblico una bandiera - per quanto simbolo di nobili valori - quando precise norme non lo consentono;
b) io penso parimenti che un Comune - che è appunto la casa comune, cioè di tutti - non dovrebbe mai dare il proprio patrocinio a manifestazioni di parte, fosse pure la parte che si ritiene stia nel giusto. Sono idee superate? Può darsi. Ma sono le mie idee e penso in realtà che sia un guaio per tutti che questo tipo di idee non siano un patrimonio condiviso, cioè la normalità dei nostri comportamenti. Qui sta la mia cultura riformista e qui sta la ragione per cui io sto dove sto.

2. Ora veniamo a punti più specifici della tua lettera. Innanzitutto il patrocinio dato ad una manifestazione con padre Benjamin. Tu mi dici che padre Benjamin è una persona nobile e coraggiosa. Non lo conosco abbastanza, ma non discuto che sia come tu dici. Il punto però è un altro: se egli sta dalla parte del popolo irakeno e non anche, come tu dici, dalla parte di Saddam, perché si è sempre rifiutato di dire una sola parola sui crimini del dittatore contro il suo stesso popolo o, meglio, contro tutte quelle parti e quelle persone che non stanno o che lui pensa che non stiano incondizionatamente dalla sua parte e dalla parte del suo clan? Sono anch'io con il popolo irakeno e anche per questo sono contro una guerra che somiglia molto di più ad una guerra di espansione e di occupazione che ad una guerra di liberazione, anche se ad esempio i curdi la vivono esattamente in questo modo. Insomma, è davvero una pretesa assurda che si chieda proprio a chi è contro questa guerra di essere chiaro sulle responsabilità di Saddam Hussein? La nostra mente deve offuscarsi fino al punto di non dover articolare i giudizi e non vedere le diverse facce della medaglia? Ti ripeto, dunque, non ritengo giusto in generale dare il patrocinio a manifestazioni di parte, ma in questo caso c'è anche l'aggravante che si tratta di una manifestazione che per la presenza di padre Benjamin e per mancanza di un'esplicita denuncia, rischia di avallare un regime le cui responsabilità sono incontrovertibili. Sarò smentito dai fatti? Qualcuno, lo stesso padre Benjamin, farà almeno una volta una dichiarazione in questo senso? Ci sarà da qualche parte almeno un cartello con l'invito a Saddam Hussein ad andarsene? Ne prenderò atto molto volentieri.

3. Tu dici anche che padre Benjamin vuole che sia risolto il conflitto israelo-palestinese, senza di che il Medioriente resterà una polveriera, e che tu stai con chi vuole uno stato palestinese. Sono d'accordo, anch'io la penso così, e come vedi siamo d'accordo su diverse cose. Però io pongo l'accento anche sul diritto contestuale alla sicurezza del popolo d'Israele, e non come risarcimento della shoà ma come diritto elementare di un popolo, come è diritto elementare di un popolo, quello palestinese, di avere una sua terra e una sua organizzazione statuale. Mi chiedo: perché preferibilmente in certi settori della sinistra, anche se non solo a sinistra, quando si ragiona di questo problema si dimentica sempre che esso ha due aspetti e non uno soltanto e anche qui ci si comporta come i tifosi delle due curve di uno stadio? Quando parli di Israele però - e qui permettimi di fare per un momento il professore di storia - cerca di evitare il luogo comune secondo cui lo stato ad Israele "glielo abbiamo dato", come se fosse stata una gentile concessione per eliminare il senso di colpa dell'Europa e dell'Occidente e non invece il punto di arrivo di un movimento durato molti decenni per la ricomposizione della diaspora iniziata nel I° secolo dopo Cristo. Un movimento di ricomposizione nella terra d'origine, legittimo - lo ammetterai - come lo sono i movimenti di liberazione della terra d'origine.

4. Tu dici anche che sei contento del patrocinio perché così ci sarà un confronto. Scusa, ma che razza di ragionamento è questo? Ché, senza patrocinio, non ci sarebbe stato un confronto? La tua contentezza indica proprio quello di cui sto discutendo: il fatto che lo spirito di parte ormai offusca anche nelle persone perbene il senso delle distinzioni di ruolo (le istituzioni sono una cosa, le associazioni, le organizzazioni e le persone, una cosa diversa). Poi mi dici che ci sono altri, dall'altra parte, schierati al pari di padre Benjamin. Passi che tu pensi che non me ne sia accorto. Ma me ne sono accorto eccome! Però non posso passare che tu mi metta in bocca, e purtroppo non è la prima volta, parole che non ho mai pronunciato o pensieri che non ho mai pensato o intenzioni che non ho manifestato (in ogni caso, chi ti autorizza ad attribuirmi determinate intenzioni se io stesso non le manifesto?). Vedi che scherzi fa il ritenere di essere sempre e comunque dalla parte del giusto? Ti saresti aspettato da me educatore la proposta della "possibilità di inserire, nel dibattito, voci diverse"? Certo che si, è esattamente questo, e da sempre, il senso delle mie battaglie per la cittadinanza del pluralismo dei pensieri e delle posizioni! E' questo il riformismo! E' questo il culto della ragione moderna! Perché non ti chiedi allora perché questo normalmente non avviene, e perché, se te ne rendi conto, non lo chiedi tu stesso? Lascia stare "il vento di guerra che minaccia crisi di giunta"! Che c'entra questo con ciò di cui stiamo discutendo? La mia dichiarazione pensavo non si potesse prestare ad equivoci. Evidentemente pensavo male, ma certo non dipende da me. Io non confondo i piani di discorso, e le alleanze al Comune di Orvieto non dipendono dalla guerra in Iraq. Spero almeno che lo stato di confusione non sia giunto fino a questo punto!

5. Poi sulla lapide per Petri. Chi ha detto lapide? E chi ha detto contrapposta a quella per Giuliani? Dovresti chiederti perché scattano in te queste interpretazioni di iniziative che per chi le ha proposte hanno tutt'altro senso e tutt'altro segno. O anche tu ti sei arruolato nella schiera di quelli che non stanno alle dichiarazioni e alle affermazioni fatte in prima persona e si sentono sempre e comunque autorizzati ad inseguire una dietrologia? Non ti sembra sufficiente e conclusivo che si dica "uniti contro il terrorismo" e si testimoni riconoscenza alle forze dell'ordine che ci difendono e difendono l'ordine democratico?

6. Infine, sulle crisi di coscienza da educatore. Questa parte non l'ho proprio capita: mi pare l'accostamento del diavolo con l'acquasanta. Comunque ti posso dire che le crisi, se uno le ha, sono solo le sue, e non c'è nessuno che si possa sentire autorizzato a suggerirgliele, tantomeno sul quando e sul come! In ogni caso sappi che gli educatori normalmente si fanno l'esame di coscienza tutti i giorni e si assumono le loro responsabilità, solo che agiscono nelle sedi appropriate, e distinguono i ruoli, e sanno che alcune cose si possono fare e che altre appartengono ad altri. Io non pretendo che tu ti informi esattamente di ciò che ho fatto sul piano che mi compete prima che avvenissero i 26 arresti e di ciò che ho fatto e detto dopo, ripeto, nelle sedi appropriate, educative ed istituzionali. Ma almeno risparmiami le prediche! Chi ritiene di doversene andare se ne vada. Io, la parte che mi spetta, o almeno quella che ritengo mi spetti, la faccio. Ti suggerisco di chiedere eventualmente ragione ad altri della parte che a tuo parere dovrebbero fare. Insomma, sul piano professionale, non accetto lezioni da nessuno. Su altri piani, è ovvio, il confronto resta invece aperto.

Caro Giorgio, come vedi sono anch'io chiaro, appunto come si conviene fra amici. Non avrò alcuna difficoltà a salutarti, ci mancherebbe altro! Mi pare piuttosto che tu abbia qualche problema se ti vengono certi pensieri. Sono stato troppo lungo, ma era necessario che ci spiegassimo. Piuttosto penso che abbiamo perso l'abitudine a confrontarci e che si sia troppo diffusa la presunzione di aver capito senza parlarsi. Tuttavia, come recitava una famosa trasmissione, "non é mai troppo tardi"!


P.S. Un'ultima considerazione: mi rendo conto che questo nostro dibattere davanti ad un computer di fronte ad un combattere con vite umane che cadono è piuttosto ridicolo. Una sola domanda in realtà mi pare nient'affatto ridicola: che cosa possiamo fare anche noi nel nostro piccolo per fermare questa guerra e che cosa possiamo fare per guardare comunque al futuro? Da questo punto di vista il mio dispiacere sta nel fatto non che ognuno legga la realtà con le sue lenti, che sono inevitabilmente deformanti, ma che non ci si sforzi minimamente di comprendere l'autenticità delle posizioni degli altri e non si faccia tutti uno sforzo per uscire dal pantano in cui ci siamo cacciati. Dove sarebbe lo scandalo se uno dice che non è d'accordo con un patrocinio perché gli sembra che così si avalli una posizione di parte, per di più inaccettabile perché fa a pugni con i più elementari principi di civiltà? Non c'è più cittadinanza per la diversità d'opinione? O anche: qualcuno ha detto che la mia posizione è mediana, né di qua né di là; ma via, possibile che non si possa essere contro la guerra di Bush senza essere antiamericani? È possibile che non si possa stare con le popolazioni irakene condannando nel contempo il dittatore Saddam? Mi accorgo che devo smetterla. Però con l'esercizio della ragione non la smetto proprio.

Pubblicato il: 26/03/2003

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