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Sigor sindaco, siamo perdenti

Lettera al sindaco di Silvio Mingione, un orvietano d'adozione che vede disgregarsi la speranza

foto di copertina

Le lettere dei nostri visitatori le pubblichiamo solitamente nella rubrica "Corsivo", lo spazio che il nostro giornale riserva al dibattito.

Questa no, perché sento il bisogno di partecipare al sentimento di Silvio Mingione, un orvietano d'adozione, che esprime un "sentire" che è diffuso e che mi sembra motivato dalla "vita", più che da rigide valutazioni politiche e di merito. 

Silvio ricorda Orvieto di trent'anni fa e si sente perdente. Riporta alla mente  la speranza e di contro quanto in città non c'è più, è stato "chiuso". "Chiuso" è la parola chiave intensa, dolorosa, terribile della sua lettera. 

Non è l'occasione per entrare in un ragionamento, ma soltanto per afferrare il messaggio, per "comprendere" Silvio e quanti come lui si sentono perdenti, insieme ad una classe politica che ha contribuito alla "chiusura" delle speranze.

Un consiglio signor sindaco: Silvio, i "Silvi" della città, non hanno bisogno di spiegazioni, ma di un abbraccio, e di ripartire tutti da lì.

Questa la lettera di Silvio Mingione al sigor sindaco:

"Gentillissimo signor sindaco, sono un napoletano umbro. Quando giunsi ad Orvieto trenta anni fa, la città era splendida e gli orvietani erano semplici, naturali civili. Mia moglie ed io decidemmo che era il posto ideale per far crescere i nostri figli. Nel mentre però andava in crisi l'Itelco, chiudeva la Lebole, chiudeva il tabbacchificio e la Benetton. A Viterbo apriva l'ipercoop,aprivano altri ipermercati. Chiudeva la Piave, la Smef, era chiuso il transito ai bus turistici e il corso alle macchine, chiudevano i negozi di via Postierla, macelleria, fruttivendolo, pasticceria. Signor sindaco, i miei figli sono diplomati, il maschio, ironia della sorte, lunedì prossimo parte per l'Olanda, farà il cameriere, e festeggerà in volo iventi anni di Diabete, ma tanto le quattro iniezioni quotidiane di insulina entrano solo nella sua carne e nel cuore della madre. Signor sindaco, mi sento un perdente, ho sbagliato tutto, non ho capito niente, tenterò in tutti i modi di andare via, sopratutto perché non voglio condividere più niente con una classe politica che è uguale, identica a me, non ha capito niente, è perdente. Rimpiangerò solo la gente Orvietana, seria, onesta, civile".

 

Pubblicato il: 21/01/2006

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