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Caro Franco ti scrivo
di Giorgio Santelli

Approfondimento

Caro Franco ti scrivo,
è una situazione un po' strana la nostra. Prima su sponde opposte, quando i ragazzi a Piazza Tien an Men andavano incontro ai carrarmati, io nel Psi che protestava tu nel Pci-Pds in crisi e taciturno. Poi insieme ad attaccare i tuoi manifesti mentre altri socialisti facevano la propaganda per il candidato Pongelli. Poi di nuovo divisi perchè tu non te la sei sentita di ritornare nei Ds mentre io, da socialista, lì sono finito pensando che il tempo di una casa comune fosse arrivato.

Così, Franco, ti scrivo da quel "movimentista" che sono, accusato di essere mezzo comunista quando stavo nel Psi e di essere mezzo socialista da quando sono nei Ds. Insomma, come se io e te fossimo sulle sponde opposte del Tigri o dell'Eufrate ma con un pezzo di storia - seppur breve - in comune. Domani arriva padre Benjamin. Di nuovo, tu da una parte ed io dall'altra. Tu sei piccoso, come me, e so che magari, per qualche tempo, faticherai a salutarmi. Ma, per una volta, salgo io in cattedra e provo a spiegarti, con estrema umiltà e senza supponenza, che Benjamin non sta dalla parte dell'Iraq. Sta dalla parte di chi, dal 1991, soffre. Non è Saddam Hussein o Tarek Aziz, ma il popolo irakeno.

Padre Benjamin è quello che, tra il disinteresse quasi generale anche del centro sinistra, cominciò a denunciare l'utilizzo di armi all'uranio impoverito che, guarda caso, hanno fatto morire anche un amico d'Orvieto. Padre Benjamin è, come tanti frati, uno di quelli che dicono da anni ed anni che se non si risolve il dramma tra popolo palestinese e Israele, il medioriente resterà sempre una polveriera pronta ad esplodere. Io non sto dalla parte di Saddam, ma sto dalla parte di padre Benjamin. Sto dalla parte dell'Onu, sto dalla parte di Alessandra Mussolini, sto dalla parte di Franco Cardini, sto dalla parte dei pacifisti, sto dalla parte di chi vuole uno stato in Palestina - tra l'altro perchè ritengo che l'Europa in qualche modo debba scontare la shoah di cui è responsabile, ma non sulle spalle dei Palestinesi.

Perchè lo Stato ad Israele non glielo abbiamo dato in California, o in Germania, o in Italia o in Svizzera -, sto dalla parte di chi è anche disposto ad ammettere che si possa morire o combattere per un ideale, ma non per il petrolio, o per far risalire l'economia statunitense.

Saddam non rispetta la risoluzione dell'Onu. Per questo Bush e Blair gli fanno guerra. Non c'è, alla base di questa guerra, la difesa di un popolo (quello Curdo) gasato con il gas che gli Usa avevano dato all'Irak per sconfiggere l'Iran di Khomeini. Quante risoluzioni non sono mai state rispettate da Israele?
Io sono contento che il Comune abbia dato il Patrocinio a quest'iniziativa. Sono contento perché, in questi giorni, vi sarà la possibilità di un confronto. Posso anche ammettere che padre Benjamin sia troppo schierato. Non meno di Paolo Guzzanti o Anselma Dall'Oglio o Giuliano Ferrara. Ma non avrei nulla in contrario se, a parlare di questa guerra, venisse anche Paolo Guzzanti Anselma Dall'Oglio o Giuliano Ferrara. Ed è per questo che da parte tua, da parte di chi oltre a far politica è, innanzitutto, un educatore, mi sarei aspettato non "il vento di guerra che minaccia crisi di giunta" ma la possibilità di inserire, nel dibattito, voci diverse. Questo mi sarei aspettato.

Come, per ribattere alla lapide di Giuliani, non mi sarei mai aspettato una lapide per Petri, perchè così facendo non si risolve nulla. Si evidenziano stupidi, sciocchi giochini politici fatte di ripicche e piccole soddisfazioni. Da chi oltre a far politica è innanzitutto un educatore, mi sarei aspettato non richieste di lapidi presto dimenticate ma magari sostegno all'iniziativa del Siulp per una vera azione di volontariato in ricordo di Petri. Per chi ha voluto la lapide a Giuliani mi sarei invece aspettato un'amministrazione che avesse una reale volontà di confronto con i new global, nel tentativo di capire che cosa succede a milioni di giovani e quali ragioni li spingono alla protesta.

Poi, personalmente, i venti di una crisi di giunta da politico e le crisi di coscienza da educatore li avrei vissuti quando, da amministratore, da politico o da educatore, mi accorgevo che 26 giovani della mia città, che avevano ricevuto l'educazione nelle nostre scuole, cresciuti tra di noi, erano stati arrestati perchè coinvolti in questioni di droga. Ragioni vere, quelle, per dire: cari politici, cari educatori. Non abbiamo capito quello che sta succedendo e forse è meglio che ce ne andiamo tutti a casa o, in ogni caso, apriamo una severa riflessione sulla nostra azione politica ed educativa.

Pubblicato il: 25/03/2003

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