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Umbria. Una regione nella media nazionale, ma disagio di giovani ed anziani

Un studio fotografa alcuni aspetti salienti della regione. Siamo in linea con la media nazionale, ma sono ancora lontani alcuni obiettivi sociali che ci si aspetterebbe da amministrazioni di sinistra

foto di copertina

È stato presentato uno studio sull'integrazione e su alcuni connotati che caratterizzano la società regionale. Ne esce l'immagine di una  regione sufficientemente avanzata e moderna, che dovrebbe però prestare più attenzione ad anziani e minori. Emblematico che la scorsa settimana due anziani si sono suicidati gettandosi nel Tevere tra Perugia e Todi.
Povera più o meno nella media nazionale, operai Il 40% degli umbri non riesce a migliorare le condizioni in cui li hanno lasciati i genitori, soprattutto per il basso livello d'istruzione.

Se c'è disagio sociale in anziani e giovani, se una percentuale rilevante di umbri non riesce a generare quello scatto che gli permette di progredire rispetto alla generazione precedente, significa che sono presenti già soltanto per questo condizioni su cui lavorare con particolare sensibilità, quella che ci si attenderebbe da un'Amministrazione di sinistra dal Settanta ad oggi. E vedere il bicchiere mezzo vuoto non è questione di pessimismo, ma soltanto oggettiva "visione" di alcuni obiettivi prioritari: anziani, disagio giovanile, istruzione.

La ricerca, realizzata nell'ambito del "Documento di valutazione dello stato  di salute e delle strategie del servizio sanitario regionale"della Regione Umbria, è stata curata  dal docente universitario Paolo Montesperelli e da Ugo Carlone.

In particolare sono stati presi in considerazione la partecipazione sociale e l'anomia, ovvero la mancanza di regole sociali, di consenso e legittimazione. Quest'ultimo aspetto, secondo i ricercatori, coinvolge in particolare gli anziani, che manifestano una sorta di disagio sociale, depressione e tendenza al suicidio, ed i  minori che assumono comportamenti devianti. "Al contrario - ha detto Montesperelli - una buona integrazione influisce sul benessere sociale, con una conseguente diminuzione della mortalità infantile, innalzando la qualità della vita  e migliorandone  lo stile di vita. "Ad esempio abbiamo riscontrato - ha riferito il ricercatore - che una buona integrazione sociale porta a diminuire il consumo di  sigarette, di liquori e di alcol fuori pasto. Inoltre, c'è anche una forte riduzione del numero di persone in sovrappeso".

Nella ricerca è  affrontato anche il tema della povertà. Secondo i dati Istat riferiti alla povertà relativa  nel 2004 l'Umbria è al nono posto tra le regioni italiane.  Al di sotto quindi della media nazionale, ma in leggero incremento rispetto al 2003. Il fenomeno colpisce prevalentemente le famiglie numerose con figli minori, e quelle composte da anziani e con la persona di riferimento disoccupata o con un titolo di studio basso. Va detto che,  al 9,1 per cento di famiglie povere, va poi aggiunto un altro 3,6 per cento di famiglie a forte rischio di povertà".

Per quanto riguarda le stratificazione sociali, le classi di riferimento sono 5 e tra queste la più rappresentativa è  quella  operaia urbana  (48,2 per cento). Di seguito la classe media impiegatizia (28,5 per cento), la piccola borghesia urbana (15,1 per cento) e la borghesia 8,53 per cento). 

Per quanto riguarda il sesso dei lavoratori, le donne risultano percentualmente più occupate nella classe media impiegatizia (38,6 per cento), mentre gli uomini sono prevalentemente impegnati in attività operaie (50,4 per cento), nelle libere professioni, a capo di imprese anche come dirigenti, oppure in attività autonome o dipendenti.

Nell'ambito delle varie classi sociali prevale, nel 60,3 per cento dei casi, una forte mobilità intergenerazionale  che ha portato a migliorare la propria condizione  rispetto a quella della famiglia di origine. Per il restante 40 per cento predomina un forte immobilismo che caratterizza una fascia della popolazione che non migliora e neanche peggiora la propria posizione sociale. "Di estrema importanza sull'immobilità è il livello di istruzione - ha precisato Montesperelli - che, se basso, determina immobilità".

Sul versante della condizione abitativa lo studio ha preso in considerazione l'indice di deprivazione e cioè il numero di abitanti per stanza, le abitazioni prive di servizi igienici e di acqua calda o potabile. A questo proposito l'Umbria presenta il valore più basso (-2,79 ) dopo l'Emilia Romagna. "Un dato incoraggiante - ha riferito il ricercatore - anche se c'è ancora da migliorare. Infatti, i Comuni che presentano  maggior deprivazione  abitativa corrispondono in larga parte ai centri più abitati, come Perugia, Terni, Città di Castello, Gubbio, Orvieto, Todi, Spoleto, Umbertide, Assisi".

Nella foto in home page iuna sezione del logo della Carta di Arezzo sulle politiche giovanili

 

Pubblicato il: 17/01/2006

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