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Perché parlare di vino il 2 dicembre

Scheda a cura di Paola Staccioli
 2 dicembre 1968
 Alla fine degli anni Sessanta la società rurale siciliana era caratterizzata da forti squilibri sociali e da un pesante sfruttamento dei lavoratori agricoli. La consistente divisione delle terre effettuata grazie alla riforma agraria, approvata nel 1950 dopo una dura lotta appoggiata da sindacati e partiti della sinistra, non aveva infatti risolto la situazione di contadini e braccianti. È vero che il provvedimento aveva in parte spezzato i gruppi di potere economico e politico provocando la fuga dalle campagne della grande proprietà assenteista e latifondista e avviando una trasformazione dell'agricoltura in senso imprenditoriale e capitalista. A giovarne erano stati però prevalentemente enti statali, parastatali, speculatori privati. Per diventare proprietarie dei fondi loro assegnati dopo l'esproprio, le famiglie dovevano pagare per trent'anni una rata mensile, che in alcuni casi si rivelò troppo onerosa. Crebbe così il divario fra imprese capitalistiche e piccole aziende e in molte aree crebbe il degrado.
 L'applicazione della riforma prima, l'ottenimento di aumenti salariali e la riduzione dell'orario di lavoro poi, furono gli obiettivi delle battaglie che proseguirono negli anni Cinquanta e Sessanta, un periodo di profonde trasformazioni nelle campagne meridionali caratterizzato, tra l'altro, da interventi statali in agricoltura e iniziative per lo sviluppo della meccanizzazione, ma soprattutto dalla massiccia emigrazione verso le industrie del nord, un esodo di massa che ridusse drasticamente il proletariato agricolo. Nel '68-69 le masse meridionali parteciparono alla più generale rivolta in atto in tutto il paese, che coinvolse fabbriche, scuole, campagne culminando con l'autunno caldo del 1969. Partita su obiettivi specifici, mise poi alla luce contraddizioni più generali, ponendo la necessità di creare nuovi rapporti di produzione anche nelle campagne, non più basati sulle discriminazioni di classe. Nel sud si chiedevano in particolare, oltre ad aumenti salariali, la revisione delle norme del collocamento - l'eliminazione della figura del caporale e dell'ingaggio della manodopera in piazza - e l'abolizione delle "gabbie salariali", in virtù delle quali un lavoratore con la stessa qualifica al nord guadagnava di più che al sud. I lavoratori ottennero risultati importanti anche se non risolutivi, quali la riforma del collocamento e lo Statuto dei lavoratori. Negli anni Settanta il notevole calo degli occupati nell'agricoltura relegò in secondo piano la questione bracciantile.
  La lotta intrapresa dai lavoratori agricoli della provincia di Siracusa il 24 novembre 1968, a cui partecipano i braccianti di Avola, rivendicava l'aumento della paga giornaliera, l'eliminazione delle differenze salariali e di orario fra le due zone nelle quali era divisa la provincia, l'introduzione di una normativa atta a garantire il rispetto dei contratti, l'avvio delle commissioni paritetiche di controllo, strappate con la lotta nel 1966 ma mai messe in funzione. Gli agrari rifiutano di trattare sull'orario e le commissioni. Lo sciopero prosegue. Il prefetto di Siracusa convoca di nuovo le parti, ma per due volte gli agrari non si presentano. La tensione sale. I braccianti effettuano blocchi stradali caricati dalla polizia. Il 2 dicembre Avola partecipa in massa allo sciopero generale. I braccianti iniziano dalla notte i blocchi stradali sulla statale per Noto, gli operai sono al loro fianco. Nella mattinata arrivano donne e bambini. Intorno alle 14 il vicequestore di Siracusa, Samperisi, ordina al reparto Celere giunto da Catania di attaccare. La polizia lancia lacrimogeni, ma per effetto del vento il fumo gli torna contro. Divenuti bersaglio di una fitta sassaiola, i militi sparano sulla folla. I manifestanti pensano siano colpi a salve, finché non vedono i loro compagni cadere. Il bilancio è di due braccianti morti, Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia, e 48 feriti, di cui 5 gravi: Salvatore Agostino, detto Sebastiano, Giuseppe Buscemi, Giorgio Garofalo, Paolo Caldaretta, Antonino Gianò. Sul posto furono trovati quasi tre chili di bossoli. Verso mezzanotte il ministro dell'Interno Restivo convoca una riunione fra agrari e sindacalisti, che dura fino al giorno dopo. Il contratto viene firmato, le richieste dei braccianti sono state accolte.
  La spontanea risposta all'eccidio di operai, lavoratori, studenti è massiccia in tutto il paese. Il 4 dicembre le confederazioni sindacali indicono una giornata nazionale di lotta. Fabbriche, città e campagne si fermano. Da più parti si chiede il disarmo degli agenti in servizio di ordine pubblico.
  I fatti di Avola accelerano la formazione del nuovo governo di centrosinistra e la saldatura fra le lotte di operai e studenti. La sera del 7 dicembre all'inaugurazione della stagione lirica del Teatro della Scala, a Milano, uova e cachi sono lanciati contro le signore impellicciate. Viene alzato un cartello con su scritto: I braccianti di Avola vi augurano buon divertimento. I manifestanti tengono veloci comizi per ricordare ai poliziotti le loro origini proletarie.
  La contraddittoria versione ufficiale dell'eccidio come "fatalità", fu smentita dalla ricostruzione dei fatti. La decisione di cui il prefetto di Siracusa fu strumento anticipò scelte reazionarie che stavano maturando nella classe politica italiana contro la grande stagione di lotte del '68-'69, che chiedeva migliori condizioni di vita, e, più in generale, un profondo rinnovamento politico e sociale. Nel gennaio 1969, 163 denunce si abbattono su braccianti e sindacalisti per il blocco stradale. Nel 1970 vengono spiccati 85 mandati di comparizione per i fatti del 2 dicembre e 60 per lotte precedenti. La destituzione del questore Politi servì per gettare fumo negli occhi di quanti chiedevano giustizia. Il prefetto, che aveva responsabilità maggiori, rimase al suo posto e fu promosso.
  Nessuno ha pagato per l'eccidio di Avola, come per altre decine e decine di manifestanti caduti per mano delle forze di polizia dal dopoguerra a oggi. L'inchiesta giudiziaria fu archiviata nel novembre 1970, poi arrivò l'amnistia per i lavoratori. Nulla si è mai saputo degli esiti dell'inchiesta amministrativa. I più inquietanti interrogativi rimasero senza risposta. Ad esempio, non furono effettuate perizie sui fori trovati sulle camionette della polizia perché, è stato affermato in seguito, si trattava di colpi di lupara sparati dalla mafia palermitana d'accordo con il ministro dell'Interno Restivo per fomentare la tensione, nel tentativo di spostare a destra l'asse del paese. Siamo ai prodromi della strategia della tensione.



Pubblicato il: 02/12/2005

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