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Il vescovo anima il dibattito sulla città

Intervengono sull'intervista rilasciata da monsignor Scanavino e pubblicata ieri Andrea Carli, Franco Raimondo Barbabella, Antonio Barberani. E c'è anche qualche voce in disaccordo...

di Stefania Tomba

ORVIETO - Giovani, dialogo e partecipazione. Monsignor Giovanni Scanavino torna a mettere l'accento, e in maniera ancor più decisa, sull'esigenza di un cambiamento di rotta, nella città del Duomo, sul modo di gestire il potere. Per traghettare la Rupe fuori dall'immobilismo e dalla litigiosità che contraddistingue il confronto della politica.

Ecco le prime reazioni in città:

Andrea Carli, presidente dei giovani imprenditori Cna: "Orvieto non si deve svegliare, Orvieto deve crescere! Un ragazzo nato in provincia deve, certamente, uscire dal suo microcosmo, ma non per questo fuggire. Uscire per conoscere il mondo, realtà diverse che possano far meglio valutare la realtà da cui si proviene. Orvieto, isolata sulla sua rupe per lungo tempo, deve oggi aprirsi al mondo. Abbiamo bisogno di incontri, di dibattiti, di confronti. Non dobbiamo restare immobili sui perché della non riuscita della città, non dobbiamo cercare un colpevole, guardiamo avanti! E se realizzassimo un 'foro', una stanza a porte aperte, una tavola rotonda? Ogni trenta del mese tutta la città è invitata a partecipare, chi vuole può intervenire e dire la sua. Il nonno che parla al nipote, l'amico con l'amico, generazioni a confronto, un luogo aperto dove conta solo ciò che pensi. Credo che noi tutti possiamo già contare sulla collaborazione di una figura quale il nostro vescovo. Spero di non aver male interpretato le sue parole sull'importanza di confrontarsi. Rendiamolo possibile! A nome dei giovani imprenditori che rappresento mi permetto di dire che noi ci siamo, che vogliamo fare. Vogliamo apprendere e crescere. E far parte di questa società spero solo all'apparenza ostile".

Franco Raimondo Barbabella, capogruppo Sdi: "Non sono fra quelli che si scandalizzano perché il Vescovo interviene sui problemi della città in base al criterio che la fede va vissuta nella realtà sociale e politica e che dunque della fede personale si deve dare testimonianza mediante le opere. Tuttavia è chiaro che questo pone anche il suo discorso, per quanto autorevole possa essere, sul piano delle opinioni possibili e come tale lo rende discutibile come lo sono tutti gli altri. Ed io lo ritengo appunto discutibile, sia nel senso che ne condivido alcuni aspetti ed altri no, sia nel senso che esso merita assolutamente di essere discusso e non invece liquidato con un'alzata di spalle o, peggio, con un'adesione formale e però di fatto con una sostanziale riserva mentale. Mi riservo un intervento compiuto ed auspico di poterne discutere con monsignor Scanavino. Intanto però dico subito che, mentre non condivido il giudizio complessivo sulla città, che mi appare quantomeno affrettato e comunque ingeneroso, almeno rispetto a coloro che hanno speso gran parte della propria esistenza sul terreno dell'impegno pubblico, ritengo invece calzante la notazione di alcune rilevanti difficoltà, non dipendenti solo da una situazione di quadro generale ma anche da chiare responsabilità nostre, a cui è colpevole voler cercare di sfuggire. Solo che l'analisi va fatta in modo puntuale, sia sulle cause dei fenomeni che sulle strategie di soluzione. È' vero, la città ha bisogno di uno scatto. Ma ci ricordiamo come eravamo 30 anni fa? Ancora, è vero che non possiamo limitarci a dire ciò che è stato fatto, perché ciò che c'è da fare oggi è ancora più importante. Allora però dobbiamo ammettere che è essenziale conoscere le cause di processi di trasformazione non compiuti o duramente interrotti o anche del fatto che su ogni cosa ci si becca come tanti galli nel pollaio: capire le cause dei fenomeni è la precondizione per cambiare secondo linee consapevoli e condivise. Mi limito da ultimo ad una considerazione: il fatto certo è che se il Vescovo sente il dovere di intervenire sui problemi generali della città probabilmente qualche carenza nel dibattito politico e pubblico c'é. E da questo punto di vista sarebbe proprio il caso di svegliarsi".

Antonio Barberani, coordinatore Fi: "Mi sembra abbastanza scontato essere d'accordo con l'analisi che Sua Eccellenza fa della situazione cittadina, così come non si può essere in disaccordo sulla soluzione da ricercare. Con una piccola osservazione. Mentre padre Giovanni incalza sul rinnovamento delegandolo soprattutto ai giovani, mi sia consentito allargare l'orizzonte verso una nuova classe dirigente che prescinde dal fatto anagrafico. Il vescovo di sicuro non lo sa ma negli ultimi 20 anni nella nostra città un'intera classe dirigente è stata emarginata, rasa al suolo, in qualche caso vilipesa. Le stesse persone, ma non solo, andrebbero recuperate. Anche chi si è fisicamente allontanato da Orvieto per motivi di lavoro. Allora si - giovani e meno giovani, ma con la caratteristica, non solo della novità, ma soprattutto di avere qualcosa da dire - ci si potrebbe ritrovare intorno a quel famoso "tavolo" per cercare di progettare il rilancio di cui Orvieto ha tremendamente bisogno".

Pubblicato il: 08/11/2005

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