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Ciao Siria, l'orvietana con l'insalata per cappello

Ieri all'ospedale è morta la Siria. Un altro pezzo di storia di questa città se ne va. Il nostro ricordo di un mito tra i commercianti di frutta e verdura.

Cronaca

di Giorgio Santelli
“A l’anziani tocca voleje bbene! E che ne so se je serve “l’ospizio”… io fò tutta casa e bottega!” Così esordisce la Siria, la più nota fruttivendola d’Orvieto alla nostra inchiesta sulla destinazione d’uso del vecchio ospedale. “Quanno c’erano li militari era mejo. Poi so’ annati via, hanno detto che ce mettevano la finanza, che poi c’è e non c’è. Quanno pijeranno ‘na decisione sarà sempre troppo tardi. Ma quarcosa nell’ospedale toccherà mettice…”

Era il giugno del 2000 e, su “La Città” discutevamo della destinazione del vecchio ospedale. Il commento era il commento d’una donna semplice ma, a nostro avviso, un pezzo di storia di questa città. La Siria ieri mattina è morta nel nuovo ospedale e, in parte, quelle sue parole erano profetiche. Di fatto, nel vecchio ospedale, ancora non si è stabilito, fino in fondo, che cosa ci si farà. Per ora c'è un po' di Provincia e un po' di Università. E proprio oggi, in un consiglio comunale, si discuterà di quale sarà il futuro di un altro pezzo importante della città: la caserma Piave. La Siria non farà in tempo a vedere, da qui, che fine farà la caserma.

E’ come se fosse crollato un monumento, come se si fosse staccata una parte del mosaico del Duomo. Passare per il Corso, davanti al suo negozio, non sarà più la stessa cosa. Non si vedrà più la sua frutta e verdura esposta in modo grottesco e beffardo, le sue composizioni ardimentose in cui univa zucchine a cocomeri e banane a mele. Al mercato spariranno le sue parrucche di lattuga ed i suoi richiami ai clienti che passavano per il suo banco. Locali o forestieri non cambiava nulla. “E’ robba bbona, fresca e ggenuina…” E come fare a non comprare qualcosa. La miglior pubblicità per la sua attività era se stessa. Se la Siria avesse avuto un’industria alimentare sarebbe andata in Tv molto prima di Rana o Amadori. Perché lei, più di loro, avrebbe “bucato” il video.

Non si andava dal fruttivendolo ma “da la Siria” e non c’è stato orvietano, dai 35 anni in giù, che passando da bambino davanti a lei non abbia ricevuto in dono qualche frutto. E’ per questo che non potevamo dare il nostro addio a la Siria con una “breve”. Ci preme che qualcuno, magari tra noi che osiamo “comunicare”, scegliesse di archiviare nella memoria storica di questa città, queste figure semplici ma per questo mitiche.

Nelle veglie che una volta poi non tanto lontana c’erano nelle case di campagna dei nostri braccianti, nella “storia degli umili” che veniva tramandata sotto il lume d’una lampada e di fronte ad un bicchiere di vino tra una partita di briscola e tressette, affioravano i ricordi del passato da dove emergevano i “Radicchio” di Porano, il “Brocolo” di Corbara, “Il Poeta Pietroni” di Castello, “Lucianino” d’Orvieto, “Nazzareno” e la sua moto, il poro Bilancini di Cantone. Questo, in alcune case, avviene ancora. E’ lì che tutti loro continuano a vivere. Ed è sicuramente in queste veglie, in questi ricordi che in qualche notte d’estate resistono ancora fuori di un bar, su una piazza o alla fine d’una cena, che continuerà a vivere anche la Siria.

Pubblicato il: 12/03/2003

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