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Perché no alla cava di Benano

Il Comitato ha presentato alla stampa gli studi su cui è costruita, al di là degli aspetti epidermici, l'opposizione alla cava

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ORVIETO - "Dissesto idrogeologico, grave inquinamento delle acque, rischio di frane, effetti negativi sull'occupazione e sullo sviluppo, definitiva alterazione del paesaggio, insostenibili ripercussioni sulla rete stradale, danni irreversibili a un'area archeologica di grande rilevanza". Sono questi i punti principali delle osservazioni al piano regolatore consegnate ieri mattina al Comune di Orvieto dal Comitato per la difesa dell'Alfina e valle di Benano per chiedere di stralciare dallo stesso Prg (operativo) la parte riguardante l'individuazione, a poche centinaia di metri dall'abitato di Benano, di una "macroarea per le attività estrattive", ovvero una cava di basalto di circa 70 ettari di terre destinate fino ad ora all'agricoltura. Professionisti come il geologo, Francesco Antonio Biondi, e l'archeologo, Giuseppe Maria Della Fina, coadiuvati dal geologo, Raffaella Sbrenna, e dall'archeologo, Rosanna Ovidi, hanno presentato le relazioni tecniche che documentano l'interesse dell'area, ciascuno dai punti di vista di competenza. "L'intera zona vulcanica dell'Alfina - è stato detto ieri mattina nella conferenza stampa di presentazione - costituisce una formidabile struttura idrica di dimensione regionale inserita in un contesto di grande fragilità geomorfologica; al suo interno potrebbe ancora nascondere un inestimabile patrimonio storico-archeologico come gli antichi tracciati della via Cassia e della Via Traiana di epoca romana. L'area inoltre non potrebbe sopportare il traffico imponente che é legato all'apertura di una grande cava che spazzerebbe via tutte le attività economiche presenti. Una profonda ferita inferta a un territorio ancora incontaminato e ricco di risorse, una voragine profonda come un grattacielo di trenta piani, in mezzo alle case, agli agriturismo, un ostacolo ad ogni forma di sviluppo compatibile per il domani: sviluppo e ricchezza che possono venire da attività pulite e rispettose dell'ambiente e dell'uomo. Per scongiurarla il Comitato sta portando avanti una battaglia con l'obiettivo di azzerare una decisione non in linea con la legislazione regionale e con il Piano Regionale Attività Estrattive che mette a fuoco il caso Umbria, seconda regione in Italia per rapporto tra materiali estratti e abitanti. Una decisione non in linea neanche con le scelte ipotizzate dallo stesso Comune (Parco Rodari e percorsi archeologici), che non é stata sufficientemente partecipata e che ha trovato una ferma opposizione tra numerosi abitanti di Orvieto e dei comuni limitrofi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Allerona, come testimoniano le oltre duemila firme già raccolte. Una forte pressione popolare, una significativa campagna del Wwf, il 'no' dei Ds regionali, della sinistra ecologista, dei Verdi e della Cia, che é scesa in campo al fianco dei coltivatori diretti: passaggi chiave prima delle Osservazioni (messe a punto dallo studio legale Davoli di Roma) per fermare un progetto frettoloso e nocivo, che presenta vistose lacune e forti contraddizioni. Senza ulteriori indagini, senza una attenta riflessione, le conseguenze potrebbero essere devastanti e le responsabilità sarebbero da accertare e perseguire". Nella foto il Comitato durante la presentazione delle osservazioni. In home la signora Minica Tommasi.

Pubblicato il: 03/08/2005

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