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"Quella firma non è mia". Il veterinario nega ogni coinvolgimento

È rimasto coinvolto nelle indagini delle fiamme gialle di Bologna su un milionario traffico di cani provenienti dall'Est

ORVIETO - "Quella firma non è mia". È così che nega ogni presunto addebito il veterinario orvietano rimasto coinvolto nelle indagini delle fiamme gialle di Bologna su un milionario traffico di cani provenienti dall'Est. Il quarantenne professionista orvietano, al quale per il momento sarebbe contestato il reato di falso materiale per aver rilasciato falsi certificati in bianco sulla nascita e lo stato di salute degli animali, non riconosce la propria firma e si dichiara estraneo alla vicenda. "Proprio per questo - spiega il comandante della seconda compagnia della Guardia di Finanza di Bologna, il capitano Antonio Sassi che ha condotto le indagini - la posizione del veterinario orvietano resta da valutare e sono ovviamente in corso accertamenti in questa direzione. Tuttavia il numero dei certificati trovati a sua firma lascerebbe eventualmente supporre che il professionista sia coinvolto soltanto marginalmente nella vicenda". Le sue responsabilità saranno ora vagliate dalla procura di Bologna che coordina l'indagine e alla quale il nome del verterinario orvietano è stato deferito insieme a quello di altre 17 persone, a vario titolo, coinvolte nel traffico illecito. Un traffico di 15 mila cani all'anno per un giro d'affari di oltre un milione di euro. A capo dell' attivita', M.E., di 40 anni, di Casalecchio di Reno. Fin dal '91 M.E. si recava periodicamente nell'Est Europa per acquistare cuccioli di cane per poche decine di euro e per poi rivenderli in Italia a dieci volte tanto. Si tratta di cuccioli di husky, labrador, dobermann, dalmata, pincher, pointer e breton, tutti entro l'anno di età. Grazie all'aiuto di una veterinaria di Bari di 30 anni - e forse del veterinario orvietano - che forniva falsi certificati sulla nascita e lo stato di salute degli animali rilasciati in bianco, i cani venivano poi smistati in 5 diversi allevamenti del centro nord.  Uno dei quali si è poi rivelato essere il negozio attraverso il quale M.E. procacciava i clienti. Dopo pochi giorni dall'acquisto i cuccioli spesso morivano per cimurro o altre malattie, ma i clienti non venivano risarciti. Cinquanta le denunce dal 2004. Quelle che hanno fatto scattare le indagini.

Pubblicato il: 22/07/2005

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