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Caserma Piave. Tutti i documenti

La relazione di Barbabella. Le posizioni di Cardinali, Scopetti, Barberani, Ercolani. Materiale per ragionare

foto di copertina

Pubblichiamo in forma integrale tutti i documentii che ci sono pervenuti in relazione al Piano economico e finanziario della ex caserma Piave. Riteniamo che costituiscano degli elementi di conoscenza importanti per ragionare consapevolmente.

RISORSE PER ORVIETO SPA
Franco Raimondo Barbabella
Il CdA di Risorse per Orvieto ha tenuto presenti nel suo lavoro il suo essere emanazione del Comune di Orvieto, la sua natura di SpA, le finalità della sua istituzione, gli obiettivi immediati e quelli di prospettiva.
Dagli atti istitutivi fondamentali (statuto, atto costitutivo, convenzione) si evince che:
 la mission di RPO va inquadrata in una mission più ampia, che è quella stessa della città e del territorio; RPO perciò si pone ed agisce come strumento della politica dell'A.C. di riqualificazione e rilancio dell'intero contesto urbano;
 il riuso dell'ex Piave persegue l'obiettivo fondamentale di imprimere una forte spinta ai processi di crescita e di sviluppo secondo una visione integrata delle risorse e con caratteristiche il più possibile di qualità e di durata, tenendo ovviamente conto delle logiche di mercato;
 conseguentemente il progetto complessivo non può non seguire una logica di coerenza sia interna che di contesto.
Nelle attività svolte nel periodo considerato, ed ovviamente anche successivamente, a tale impostazione ci si è rigorosamente attenuti.


Il Business Plan era il primo obiettivo fondamentale che la nostra Società doveva raggiungere. E lo ha fatto con nemmeno un mese in più rispetto ai tempi previsti: un ritardo irrilevante solo se si pensa che il C.C. ha approvato la modifica della convenzione lo scorso 11 maggio e che dunque solo da quella data si è potuta avere la certezza della legittimità formale e sostanziale di poter avanzare una proposta di riuso omogenea per tutta l'area.
I cardini del nostro lavoro:
 la convenzione Comune di Orvieto - RPO
 le linee guida fornite dall'A.C. come parte integrante e vincolante della convenzione
 le azioni di premarketing, sia quelle ereditate dall'A.C. sia quelle, numerose, effettuate direttamente da RPO
Le fasi del nostro lavoro:
 gli incarichi professionali: advisor finanziario (28 ottobre 2004), consulente architettonico (22 dicembre 2004), consulente tecnico (16 marzo 2005)
 la definizione dello scenario iniziale delle destinazioni d'uso (11 gennaio 2005)
 il PAM (Progetto Architettonico di Massima), terminato il 16 aprile 2005
 il CME (meglio, la stima di massima dei costi), terminato il 12 maggio 2005
 il PEF (Piano Economico-Finanziario, o Business Plan), terminato ed approvato il 31 maggio 2005.


Gli aspetti essenziali dei tre documenti saranno illustrati dai professionisti che li hanno elaborati. A me spetta di mettere a fuoco alcuni aspetti a partire dalla logica che è stata seguita dal Consiglio di Amministrazione.
 Innanzitutto l'unitarietà del piano di rifunzionalizzazione.
 In secondo luogo la sua interconnessione con la città e il territorio, con le sue funzioni e le sue potenzialità di sviluppo: strutture e iniziative capaci stimolare il decollo nei tre settori fondamentali del turismo, della cultura e della formazione.
 In terzo luogo l'individuazione di soluzioni il più possibile connotate nel senso della realizzabilità, soprattutto quelle che più direttamente sono rivolte a logiche di mercato.
 In quarto luogo la flessibilità, tale da consentire di potenziare, ampliare o cambiare funzioni senza sconvolgere l'assetto complessivo.
 Da ultimo, ma cosa non meno importante, l'individuazione di funzioni e di soluzioni progettuali particolarmente stimolanti che, come il "Teatro di Vigna Grande", possono rappresentare quel valore aggiunto che può fare la differenza con operazioni analoghe che si stanno tentando in altre città.


Il quadro sintetico delle funzioni ipotizzate e studiate è il seguente:
Polo del turismo e del tempo libero
Hotel 5 stelle e hotel 4 stelle (possono essere anche solo 5 stelle)
Centro benessere
Attività commerciali
Polo dei musei
Parco della memoria (museo della città, museo del corteo storico, archivio di stato)
Museo di arte moderna
Servizi culturali
Polo della scienza agroalimentare
Scuola europea della cucina
Scuola di formazione alberghiera
Centro di ricerca della scienza agroalimentare
Polo tecnologico e dell'economia della conoscenza
Formazione universitaria
Scuola europea del restauro
Ricerca e sperimentazione
Campus universitario
Servizi
Centro di produzione musicale
Uffici privati (studi professionali, spazi per attività del terziario, ecc.)
Info box
Parcheggi coperti
Teatro di Vigna grande


Questo BP non è il documento definitivo di programmazione. Occorre perciò esaminare anche i problemi aperti, che andranno affrontati subito dopo la fase che si conclude con il parere del Consiglio Comunale.
Si chiude una fase, complessa e difficile, e se ne apre un'altra che non lo è di meno.
Subito dopo l'approvazione del BP dovremo compiere le seguenti operazioni:
 sviluppare un'azione strutturata di premarketing (verifica dell'interesse del mercato)
 sviluppare tutte le attività ritenute opportune e necessarie per l'approfondimento delle ipotesi di riuso
 approfondire in particolare il tema dei parcheggi (fattibilità tecnica, sostenibilità economica, compatibilità con le funzioni, ecc.
 verificare la fattibilità delle destinazioni di parte pubblica
 costruire le condizioni di transitabilità amministrativa dell'operazione di rifunzionalizzazione
 stendere il documento definitivo di programmazione
E poi ancora:
 definire le strategie finanziarie sia per il funzionamento della società che per l'intrapresa delle iniziative capaci di mandare a compimento l'operazione
 definire le procedure per la scelta del/dei promoter e degli utilizzatori
 determinare le condizioni per l'ingresso dei soci privati
 organizzare tutte le condizioni per la realizzazione in tempi definiti delle operazioni di riuso

FORZA ITALIA
Antonio Barberani.
Finalmente abbiamo saputo cosa vogliono fare nelle caserme!    'Risorse per Orvieto' ha presentato il progetto: un riempiticcio frammentato, spostamenti di funzioni, definizioni ad effetto, senza un'idea unificante  e concreta.
L'analisi dettagliata del merito meriterebbe uno spazio adeguato: la faremo e sarà pure divertente, ammesso che sia divertente scherzare coi destini della nostra città.
In questa sede vogliamo ritornare ad evidenziare come sia stato sbagliato il metodo.
Intanto si è trascurata una verità forte e scomoda, lo ripetiamo ancora una volta: questa città ha irrimediabilmente perduto identità, intendendo per identità di una città quel patrimonio di valori culturali, civili, religiosi e di costume che permeano i fenomeni sociali ed economici.
Andava, quindi,  preliminarmente definita 'che città siamo oggi' e ' che città vogliamo per il futuro'.
Quando si tenta di sostituire l'identità di una città con una idea, con un programma, si partoriscono solo scelte disarticolate, improvvisate o, peggio, di consenso.
Tutto il dibattito sui centri storici, oggi riconosce che debbano ritornare ad essere motori di sviluppo piuttosto che musei-ghetto.  La gente deve ritornare ad abitarci per non rischiare che diventino enormi Residenze Sanitarie Protette.
Ritornando alla ex Piave ed alla RPO, salta subito agli occhi che si è partiti dal solito errore: considerare il 'casermone' come uno spazio volumetrico da riempire.  Partendo da questa prospettiva la prima preoccupazione è stata: "qui che ci facciamo"?   Di qui lo spezzatino, la preoccupazione di non lasciare spazi vuoti.
A nostro parere la Caserma Piave andava, invece, considerata come parte di un'area molto più vasta che comprende le Carceri, la ex Smef, il campo di Via Roma, la caserma dei CC, cioè oltre un quarto di città.
Il problema delle aree urbane dismesse non è un problema di Orvieto, ma di moltissime altre realtà.   Bastava un atto di modestia, bastava copiare: quasi dappertutto la soluzione è venuta da una progettazione alta, in sintonia con i tempi,  che avesse in se la capacità  di attrarre investimenti.
Se si fosse lanciato, come abbiamo chiesto più volte, un "concorso internazionale d'idee", forse oggi ragioneremmo in termini diversi.  Non staremmo ad arrancare per 'trovarequalcunochecifacciaqualchecosa', ma Orvieto sarebbe al centro della scena internazionale, come merita.    Sicuramente avremmo la possibilità di discutere di un progetto innovativo, forse spregiudicato, ma  segno del 'moderno' ed in grado di delineare un nuovo modello di sviluppo per l'intero territorio.
La nostra città negli ultimi anni è andata avanti a tentoni, gloriandosi di definizioni financo contrastanti - ne abbiamo sentite mille: città delle pace, della solidarietà, della musica, del buon vivere, del sorriso, della fotografia e molto altro-  proprio perché è scomparsa un identità forte in grado di condizionare in modo omogeneo, le scelte amministrative.
Dobbiamo ripartire da qui: ridare a questa città un grande slancio progettuale.
 Nei gironi scorsi è stata lanciata una sfida: noi siamo pronti a raccoglierla, in quanto crediamo che sulle scelte importanti, in grado di segnare irreversibilmente il futuro di Orvieto, si debba essere disponibili al confronto costruttivo.  
A patto che si giochi a carte scoperte e con onestà intellettuale, nella convinzione che Orvieto meriti ben altre Risorse che quelle presentate ieri.


ALTRA CITTÀ
Andrea Scopetti
Presidente Associazione "Altra Città"
Le scelte più importanti che la città di Orvieto ha effettuato negli ultimi dieci anni hanno seguito un unico comune denominatore: mancano di un disegno complesso e organico e sono tutte improntate alla logica della "spesa per la spesa" anziché alla logica della "spesa per l'investimento".
Con amarezza abbiamo più volte constatato che l'obiettivo è stato esclusivamente quello di spendere semplicemente perché i soldi c'erano, soldi spesi da una classe dirigente che poi non si è mai preoccupata di valutare l'efficienza e l'efficacia della "spesa" effettuata. Questo "modus operandi" non è accettabile per il passato, non lo è oggi e non lo sarà in futuro: chi ha amministrato in questo modo non ha pertanto alcuna credibilità e affidabilità per attuare una qualsiasi iniziativa a carattere economico in questa città.
Con amarezza dobbiamo constatare come Risorse per Orvieto si inserisca perfettamente in questo "modus operandi".
Avremmo gradito trovarci davanti ad un Business Plan con obiettivi strategici chiari e proposte precise e analitiche per la loro attuazione concreta, un Business Plan redatto con il contributo degli investitori pronti a finanziare l'operazioni proposte.
Ci troviamo davanti ad un Business Plan che invece non ci convince essendo caratterizzato da una fumosa genericità, inaccettabile dopo circa 18 mesi di attività.
Non si comprende che modello di gestione la RPO voglia adottare; non si comprende chi saranno i soggetti che dovranno contribuire alla copertura finanziaria degli investimenti stimati in 55 milioni di euro - ma probabilmente si tratta di una sottostima - e in che misura il Comune dovrebbe partecipare; non si comprende l'imprenditore che possa essere attratto da un rendimento di appena il 6-7%, rendimento peraltro non certo, ma calcolato sulla base di valori stimati e pertanto soggettivi; non si comprende come il Comune lo scorso anno abbia fornito una valutazione di massima della ex Caserma di 50 milioni di euro e ora il valore di mercato è ridotto a circa 35 milioni di euro; non si comprende l'ammontare degli esborsi che il Comune dovrà sostenere per le spese di funzionamento e di struttura della RPO prima che la società inizi l'attività a pieno regime; non si comprende la tempistica di attuazione degli obiettivi prefissati mancando una tabella temporale che indichi mese per mese le azioni da realizzare; non si comprende chi sono i soggetti che si assumono la responsabilità della realizzazione degli obiettivi e che dichiarano, fin da subito, la volontà di dimettersi nel caso di mancato conseguimento di quegli obiettivi; non si comprende la filosofia conservatrice dell'intervento e la mancanza di una stretta relazione fra la ex Caserma e la Città. Non si comprendono molte cose, troppe cose.
C'è il rischio, tutt'altro che remoto, di trovarsi ancora una volta di fronte ad un modo di agire sprovvisto di una visione di ampio respiro che porta alla costruzione dell'ennesimo "contenitore" estremamente costoso per la collettività quanto estremamente inutile per la collettività stessa..
Affinché "Risorse per Orvieto" sia effettivamente una Risorsa per la Città - di tutta la Città e non solo di una parte - sarebbe auspicabile che il Consiglio di Amministrazione si avvalesse delle migliori risorse orvietane, i migliori cervelli che hanno maturato una significativa esperienza professionale in vari settori; ci sembra che Risorse per Orvieto non risponda a queste caratteristiche ma risponda, a partire dalla composizione del Consiglio di Amministrazione, alla solita politica di lottizzazione.
Quando nel XIII secolo fu decisa la realizzazione di quell'investimento spirituale-filosofico-culturale quale è il Duomo, il progetto fu elaborato da una classe dirigente illuminata che si preoccupò subito della copertura finanziaria istituendo il catasto e che chiamò a raccolta le migliori menti dell'architettura, scultura e pittura affinché quel progetto fosse largamente condiviso.
Oggi invece, decorsi sette secoli, la classe dirigente della Città si è mossa seguendo un sentiero opposto. I risultati speriamo non siano conseguenti. Sarà frustrante osservare come ancora una volta i soldi della collettività vengano SPESI anziché saggiamente INVESTITI.

ALTRA CITTÀ
Francesco Ercolani
vice presidente "Altra Città

Analizzando i criteri progettuali dell'intervento possiamo evidenziare tre aspetti 
fondamentali che nelle intenzioni degli estensori dovrebbero sottolineare le tappe significative del percorso di valorizzazione dell'ex caserma Piave.
Il primo aspetto denota fondamentalmente la filosofia conservatrice del progetto relativa in particolare alle valenze storico artistiche da rispettare sia in termini architettonici che strettamente dimensionali,
il secondo inquadra le destinazioni d'uso in un sistema molto dinamico all'insegna della massima flessibilità ed indipendenza delle scelte delle realizzazioni e delle relative gestioni;
L'ultimo aspetto condivisibile riguarda l'esigenza di una  relazione stretta ed organica da strutturare con evidenti collegamenti fisico-spaziali fra le parti del complesso e fra questo e la città.
Queste scelte importanti e significative connotano profondamente ed in modo chiaro ed univoco la volontà della R.P.O. e dello staff tecnico preposto alla progettazione  di mantenere l'unitarietà spaziale ed architettonica dell'immobile che idealmente comprendiamo e sosteniamo, ma non fino al punto di precludere almeno in via ipotetica soluzioni parzialmente alternative che verifichino una possibile rivisitazione  progettuale del complesso che non stravolga l'originario "Testo architettonico".
Riguardo poi all'aspetto altrettanto importante della relazione fra l'ex caserma e la città riteniamo che alla luce dell'elaborato grafico n°3, questo problema non abbia trovato per ora secondo noi, una soluzione soddisfacente in quanto il previsto sottopasso pedonale associato ad un sistema di marciapiedi e scale su via Roma non pensiamo possa costituire se non debolmente quella significativa e dichiarata "Permeabilità" di progetto fra il complesso in questione ed il resto della città.
Probabilmente fra i numerosi criteri progettuali bisognerebbe aggiungerne un altro quello relativo alla ormai consolidata percezione storica della ex caserma considerata in sostanza "ALTRO" dalla città; "chiusa" per sua intrinseca  configurazione architettonica e per altro insediata ai margini estremi della città.
Una vera permeabilità avrebbe dovuto essere soprattutto psicologica fortemente sostenuta da una potenziale "Rottura semantica" e una dichiarata discontinuità comunicativa del linguaggio architettonico, così da veicolare una immagine "ALTRA" ma non per questo estranea alla stori di questa città.
Un intervento di questo tipo associato all'effettiva integrazione sul piano urbano e progettuale delle aree contermini di via Roma, del Tempio del Belvedere e dei giardini dell'Albornoz potrebbe costituire certamente quell' auspicato valore aggiunto  e in definitiva uno scenario nuovo dentro una storia antica.

Gianni Cardinali
"Ci aspetta un futuro da nani, diventeremo cittadini di serie B, abitanti di colonie periferiche in un mondo dominato dagli imperi economici di Cina e Stati Uniti, chiusi nelle fortezze delle città museo, dentro Stati museo, ininfluenti culturalmente, avanzi di storia senza un progetto per il domani." E' questo il destino che immagina per l'Europa il filosofo francese Bernard Henri Lévy.
A rifletterci bene e nel piccolo, molto piccolo, di Orvieto, non è ravvisabile lo stesso destino per questa città, alla luce di considerazioni che si possono fare a proposito della presentazione di questo progetto per le caserme e per la storia, non più recente, legata ai finanziamenti della legge per Orvieto?
Tutti questi anni di elargizioni statali, sono ormai più di trenta, non sono stati di indebolimento piuttosto che di rafforzamento della città?
Nel nostro piccolo caso non siamo più neanche chiusi nella città museo, visto che ormai, la gran parte degli abitanti, vivono nelle varie periferie cresciute a dismisura e senza rispetto per il paesaggio e per la continuità con un centro storico di grande pregio.
Un centro storico che, se pur piccolo, ha le sembianze di una vera città compatta e distesa, a differenza dei tanti altri, di pari dimensioni complessive, ma disposti su più piani, come un insieme di borghi.
Proprio questa struttura distesa, a dispetto della rupe collinare, ha consentito la costruzione di grandi volumi come la Piave, il carcere e la SMEF.
Volumi che, se si esclude la SMEF per brevi periodi, non hanno mai fatto parte della città, se non per un apporto economico dovuto alla componente militare di fatto estranea al tessuto urbano.
Chi ha vissuto quegli anni con attenzione critica, ha percepito con chiarezza come quel tipo di economia, sostanzialmente parassitaria, era il fondamento per far fallire qualsiasi velleità che avesse carattere di imprenditoria, con tutti i rischi ma anche con i grandi benefici provenienti dall'abitudine, soprattutto mentale, all'iniziativa.
In questo quadro, per quanto banalizzato e semplificato, si inseriscono le velleità di coloro che si sono illusi e si illudono di appartenere ad una dimensione urbana e storica di tale importanza ed attenzione, da far perdere di vista quelle tante piccole cose, che se governate e risolte , almeno del centro storico, ne farebbero veramente una realtà di pregio.
Così non è e se ne rendono conto tutti, tranne i superficiali, quelli che hanno avuto ed hanno responsabilità e la gran massa dei turisti pacchi postali che, dopo avere dato una sbirciata al duomo, si accontentano di un pranzetto di scarsa qualità.
Nel quadro si inserisce bene anche l'ultima elaborazione chiamata "business plan della caserma Piave".
Una elaborazione che mescola estimi fantasiosi (valori immobiliari corrispondenti a 38.000.000 di euro circa sarebbero tali se ci fossero compratori!!) a destinazioni multiformi, pur incentrate a connotati turistici e culturali ed una visuale che, da una parte vuole mantenere la struttura così come è, dall'altra non fa capire da dove dovrebbe scaturire la cifra di oltre 50.000.000 di euro per realizzare i vari progetti.
E' chiaro che se ci fosse ancora una disponibilità a spendere piuttosto che ad investire, per esempio da un allargamento delle maglie di un ipotetico proseguimento della legge per Orvieto, per un po' avremmo lavoro di edilizia, poi la morte civile.
E' solo polemica insistere sul fatto che, a parte la rupe, i tanti soldi della legge per Orvieto sono stati spesi male e, comunque, non hanno costituito investimento?
E' pretestuoso affermare che di quei soldi, l'unica struttura che funziona è il teatro Mancinelli?
Riflettiamo sul Palazzo del Capitano del Popolo e sul Palazzo dei Sette, solo per fare due esempi, anche se il Palazzo dei Congressi è stato realizzato con risorse diverse da quelle della legge per Orvieto. 
Dovrebbe essere chiaro per chiunque che, se la caserma Piave, così come è e per come è stata concepita, se invece di essere parte contigua ad un centro storico di pregio, fosse disposta altrove, andrebbe in rovina come tanti manufatti che non servono più.
Dovrebbe essere altrettanto chiaro che, proprio per il fatto di essere parte di un centro storico, potrebbe attirare investimenti produttivi, a patto che tutta la classe dirigente orvietana, quella politica e quella funzionale, faccia la onesta parte di chi promuove e controlla per il bene di tutti, piuttosto che quella a cui siamo abituati, di chi vuole compartecipare con il clientelismo o altro, quando va peggio.
Lo spazio della caserma deve essere oggetto di "donazione" per chi volesse cimentarsi in una occasione di grande pregio e richiamo, con il supporto non secondario di importanti infrastrutture e la vicinanza alla capitale.
Questa sola può essere la grande occasione per un futuro che possa far ritornare vitale un importante centro storico come quello di Orvieto: senza nostalgie, perché bene che vada non sarà mai quello che noi abbiamo vissuto, goduto ed anche non ben trattato.
Per il momento occorre rilevare che il marciapiedi nuovo in via Roma e la nuova strada in contiguità con il carcere, sono assurde e costose barriere ad impedire eventuali interventi di ridisegno ed inserimento di tutto il comparto, compresi la stessa via Roma e tutta la superficie dell'attuale parcheggio.

          

 

Pubblicato il: 29/06/2005

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