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All'Orvieto serve una cura da cavallo

A dare la ricetta per rivitalizzare l'affaticata denominazione del tradizionale bianco orvietano è Renzo Cotarella, enologo di fama e presidente, dall'aprile del 2003 del Consorzio per la tutela dei vini di Orvieto...

foto di copertina

di Stefania Tomba

 

ORVIETO - "All'Orvieto serve una cura da cavallo". A dare la ricetta per rivitalizzare l'affaticata denominazione del tradizionale bianco orvietano è Renzo Cotarella, enologo di fama e presidente, dall'aprile del 2003, del Consorzio per la tutela dei vini di Orvieto. Con lui abbiamo parlato del presente e del futuro della storica doc.

 

Presidente, il territorio orvietano produce grandissimi vini. Tuttavia l'Orvieto, il vino bianco per eccellenza, soffre di una crisi identità. Dov'è il problema?

 

"Più che di una crisi di identità credo si tratti di una banalizzazione. Come a dire, mi si passi il gioco di parole, che l'Orvieto non è una "vecchia doc" ma una "doc vecchia", nel senso di superata. E a questo hanno concorso una serie di situazioni anche impreviste tra cui inevitabilmente la costante ricerca della novità, il Nuovo Mondo, per cui l'Orvieto ha perso il suo l'appeal e la politica commerciale si è dovuta adattare alle difficoltà e dunque alle sofferenze fisiologiche che il riposizionamento impone. In poche parole doverlo vendere per forza ha attivato canali che poi hanno contribuito ulteriormente ad appannarne l'immagine"

 

Dunque l'Orvieto è destinato a restare escluso dalla recente ripresa dei bianchi?

 

"C'è da dire innanzitutto che negli ultimi 10 anni il bianco è calato, quindi la nostra doc può indubbiamente beneficiare da questa situazione, essendo diminuita la produzione globale. A patto però che riesca a puntare su una nuova qualità, una nuova immagine e una nuova politica distributiva"

 

A questo proposito, è vero che la situazione delle giacenze è preoccupante?

 

"La situazione delle giacenze non è drammatica, è sotto controllo. Il problema però è che questo avviene attuando una politica dei prezzi aggressiva che non crea margini e senza margini non si investe"

 

Che fare allora?

 

"L'idea è quella di rivalutare l'Orvieto superiore con uno stile moderno che possa avere le radici nella tradizione. Valorizzando, ad esempio, quelle specificità che nessun vino può permettersi, ad esempio, penso ad un allargamento delle muffe nobili, a riprendere l'esperienza storica di vigneti abbandonati quali il Vermentino, la Vernaccia. Uno stile, insomma, storico, rinnovato però nella vinificazione, nella scelta di nuovi vini anche non indigeni che sappiano conferire carattere e personalità. Produrre magari poca quantità ma con una sua ragione d'essere, una produzione elitaria a cui sia abbini - e questo è fondamentale - un'immagine nuova e un nuovo stile di comunicazione. Innovare cioè il prodotto, con un cambiamento forte ma lento. Senza stravolgere la nostra tradizione ma anzi valorizzarla"

 

Si sta andando in questa direzione?

 

"Sono fiducioso. Certo, non c'è tempo da perdere e il mondo agricolo è sempre stato scarsamente orientato al cambiamento, ma qui non cambiare rischia di diventare una palla al piede"

 

Che ruolo sta avendo il Consorzio in tutto questo?

 

"Il Consorzio si pone come organismo trainante. Ma non basta: in questo processo occorre la partecipazione dei viticoltori, la fiducia nel cambiamento, capire che non cambiare vuol dire morire"

Pubblicato il: 27/06/2005

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