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Giulio Aristide Sartorio. Il Realismo plastico tra sentimento ed intelletto

8 maggio - 18 luglio 2005. la mostra è organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto

foto di copertina

GIULIO ARISTIDE SARTORIO
Il Realismo Plastico tra Sentimento ed Intelletto

8 maggio - 18 luglio 2005
Palazzo Coelli - Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto
Piazza Febei, 3 (Chiesa di S. Francesco, prossimità Duomo) - 05018 ORVIETO 
Info e pren.  0763/393835 - Fax 0763/395190
Orario di visita: dal martedì alla domenica 10.00-18.00
Chiuso il lunedì
Costo del biglietto:  intero € 6,00 - ridotto carta unica Orvieto € 5,00 -
gruppi 16 pers. € 4,00 - gruppi 20 pers. e scuole € 3,00
Mostra e catalogo a cura di Studio Ottocento
Sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica
Regione Umbria - Provincia di Terni - Comune di Orvieto
Ufficio stampa: Scarlett Matassi - 347/0418110 - scarlett.matassi@virgilio.it

Fu Benedetto XV a mobilitarsi presso gli austriaci per ottenere la liberazione di Giulio Aristide Sartorio, da due anni internato nel campo di Mauthausen. All'epoca, il primo conflitto mondiale volgeva oramai al termine, l'eccellente intervento non sorprese nessuno, men che meno il "nemico" che " sapeva di avere nelle mani uno degli eminenti uomini italiani e di ciò era fiero". In effetti, tra i prigionieri di guerra italiani il più illustre non poteva che essere lui: il pittore al quale l'Italia liberale aveva affidato la decorazione del suo massimo tempio, l'Aula del Parlamento di Palazzo Montecitorio; l'artista accreditato dallo stesso D'Annunzio come il grande interprete, nelle arti figurative, del dannunzianesimo trionfante ("Cantore della Decadenza Chimerica" lo aveva da subito salutato).
La mostra "Giulio Aristide Sartorio. Il Realismo Plastico tra Sentimento e Intelletto", visibile da domenica 8 maggio nelle sale di Palazzo Coelli ad Orvieto, si differenzia da quelle che l'hanno preceduta innanzitutto per la scelta di una sede non romana. Scelta alla quale affida un primo tentativo di porre fine al paradosso che, negli ultimi quarant'anni, ha caratterizzato la fortuna del pittore. In questo lasso di tempo, infatti, le esposizioni finalizzate ad analizzare i più disparati aspetti dell'attività sartoriana sono state numerose e spesso curate da studiosi insigni. Tutte, però, ospitate nella capitale, con il risultato di una progressiva "provincializzazione" della conoscenza di un autore che pure fu, senza ombra di dubbio, di caratura nazionale.
L'obiettivo della rassegna non può pertanto che essere duplice: da una parte raccontare Sartorio in maniera esaustiva ad un nuovo pubblico che dell'artista sa ancora poco, dall'altra proporre ai suoi cultori una lettura non ripetitiva della sua carriera e qualche originale spunto di riflessione. Un compito reso arduo dalla singolare personalità dell'artista, così sfaccettata, versatile e complessa che, al di là dell'interesse critico di cui Sartorio è da molti anni oggetto, nessuno ha ancora avuto il coraggio di mettere mano al suo catalogo generale e molti aspetti della sua attività attendono ancora un'approfondita indagine.
Attraverso una settantina di opere ed un catalogo concepito per sopravvivere alla mostra, Pier Andrea De Rosa e Paolo Emilio Trastulli di Studio Ottocento illustrano la passione di Sartorio per la sperimentazione tecnica (un'ossessione quasi); il desiderio di cimentarsi in tutti i generi della pittura; la straordinaria artigianalità acquisita lavorando ogni giorno con metodica programmazione dagli anni dell'adolescenza; la vivacità intellettuale, acuita da una cultura onnivora frutto di varie ed incessanti letture e di un'intensa attività di viaggiatore.


GLI INEDITI

Chi ama Sartorio e pensa che della sua pittura (al centro, come si diceva, di un'intensa attività espositiva) si sia oramai già visto tutto, dovrà ricredersi: quasi la metà delle settantaquattro opere in mostra sono dei veri inediti.
Si tratta perlopiù di lavori che documentano la sua attività di paesaggista, a lungo oscurata dalla preponderante fama delle grandi imprese decorative, ma di qualità spesso così elevata che è lecito domandarsi per quale ragione ancora oggi si stenti ad inserire il nome di Sartorio nelle antologie dedicate alla pittura italiana di paesaggio dell'800. Nel gruppo degli inediti si segnalano soprattutto alcuni pastelli della Campagna Romana, che documentano la straordinaria perizia acquisita dal pittore nella tecnica alla quale lo aveva iniziato l'amico Michetti. Inedita anche una piccola serie di paesaggi dipinti ad olio in occasione di viaggi in Medio Oriente e, soprattutto, Il Trasporto Funebre sull'Adamello, appartenente allo splendido corpus di dipinti realizzati durante la Grande Guerra (si era arruolato volontario a cinquantacinque anni) di recente riscoperto.

LE OPERE RESTITUITE ALLA VISTA DEL PUBBLICO

Anche la lista dei prestiti richiesti a collezioni pubbliche è stata pensata in modo da restituire al pubblico opere meno conosciute o che comunque non si vedevano da molto tempo. Fra queste è d'obbligo ricordare:

Il Tevere a Ripa Grande
Una veduta di Roma a monocromo dipinta ad olio su cartone intelato. Le vedute di città sono soggetti molto rari nella produzione sartoriana e si ritiene che i pochi esempi conosciuti appartengano ai primissimi anni della sua attività.

Sull'Isola Sacra
Uno dei più bei dipinti della pittura romana di paesaggio di fine '800.

Alba sul Tevere a Fiumicino
Una tempera che riflette l'interesse di Sartorio per la resa degli effetti luministici, un aspetto sinora poco evidenziato delle sue incessanti sperimentazioni e che potrebbe essere stato in qualche modo influenzato dalle coeve ricerche condotte in materia dai futuristi.

Rondini di Mare
Nel 1924 Sartorio è chiamato dal Governo italiano ad effettuare il Periplo dell'America Latina a bordo della regia Nave Italia, impegnata in una sorta di crociera promozionale del prodotto e della cultura nazionali. La scoperta di orizzonti visivi completamente nuovi suggerisce al pittore un ciclo di circa duecento paesaggi di qualità anche molto alta. E' il caso di Rondini di Mare (Gabbiani), la testimonianza più lirica del viaggio.


I SIMBOLI DELLA PRODUZIONE SARTORIANA

In un'antologica costruita per sottolineare la straordinaria versatilità della cultura sartoriana non potevano mancare le sue opere più note.

Abisso Verde
Olio di grande fascino cromatico e sapore preraffaellita realizzato alla fine degli anni '80. Il successo riscosso dal dipinto fu tale che Sartorio dovette replicarlo. Ad Orvieto sarà visibile la prima versione realizzata, da molti considerata quella più riuscita.

La Famiglia
Grande olio su tela del 1929, da sempre ritenuto uno dei capolavori del Periodo di Fregene. Nell'ultima stagione della sua carriera (morirà nel 1932) Sartorio torna sempre più spesso alla pittura da cavalletto, inventando soluzioni luminose e vitali per celebrare gli affetti della vita familiare. I cosiddetti dipinti di Fregene sono per lo più raffinate istantanee rubate alle vacanze estive della sua stessa famiglia.

I bozzetti della grande pittura decorativa
Cronologicamente, tra l'ambiguo spettacolarismo di Abisso Verde e l'abbagliante luminosità della Famiglia, si colloca la stagione dei monumentali fregi monocromi. A Palazzo Coelli essa sarà rappresentata da alcuni splendidi studi preparatori del fregio che decorava la Sala del Lazio in occasione della Mostra Straordinaria per l'inaugurazione del Valico del Sempione allestita a Milano nel 1906 e da altri relativi alla più prestigiosa impresa decorativa commissionata a Sartorio: il fregio dell'Aula del Parlamento a Montecitorio, concluso nel 1912. La pittura "in forma scultorea" destinata a completare l'architettura porta a Sartorio la definitiva consacrazione. Egli vi si dedicherà a partire dai primi del '900, specializzandosi nella creazione di grandi cicli decorativo-allegorici, la cui ideazione e materiale realizzazione richiederà all'artista un imponente sforzo mentale e fisico. Circostanza che non gli impedirà di continuare a coltivare la sua passione per la pittura di paesaggio ed i mille altri interessi verso cui lo porta la volontà di cimentarsi, come un'artista rinascimentale, in tutti i campi dello scibile umano. Non si può infatti capire Sartorio se non si tiene conto del suo esasperato eclettismo. Egli non fu solo pittore, ma anche scultore, grafico con l'ambizione di far rivivere la preziosa stagione degli antichi codici miniati, appassionato di fotografia, critico d'arte, scrittore e persino regista cinematografico.


IL CATALOGO

Il catalogo che correda la mostra è destinato a sopravviverle e a diventare un imprescindibile testo di riferimento per chiunque avrà la necessità di documentarsi sul pittore. Esso infatti, oltre a pubblicare in ordine cronologico una nutrita serie di opere inedite, si completa della più ricca antologia di scritti critici di Sartorio e su Sartorio sinora mai pubblicata.

Pubblicato il: 05/05/2005

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