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La maledizione dei sindaci di Orvieto

Sembra esserci una strana maledizione che colpisce i sindaci della nostra città. Almeno questo è quel che sembra da Wademiro Giulietti ad oggi

foto di copertina

di Giorgio Santelli

È di questi giorni la notizia di una maledizione che aleggerebbe sul piccolo e fertile principato di Monaco. Gli eredi al trono, non si sa per quale strana stregoneria, sarebbero condannati a non avere una lunga e felice vita di coppia. Ranieri perse Grace, Carolina Stefano Casiraghi prima e oggi vede suo marito in fin di vita all’ospedale Pricesse Grace di Montecarlo.

Ma anche in questa nostra città sembra esserci una qualche maledizione che colpisce i sindaci di Orvieto. Non ha a che vedere con la loro vita di coppia ma con il loro percorso politico.

Wademiro Giulietti lascia la poltrona di sindaco e lì si ferma la sua carriera politica. Escono libri e, al di là di quel che racconta, quel che appare è un mondo fatto di veleni: tanti, quasi quanti c’erano alla corte dei Borgia.

Dopo di lui Franco Raimondo Barbabella. Un curioso incidente convinse il partito (allora era ancora il Pci) che il suo astro fosse in discesa e che dovesse essere sostituito. Non mancarono le promesse di un seggio alla Camera dei Deputati. Non se ne fece nulla. Franco Raimondo Barbabella stette alla finestra per lungo tempo, animò insieme ad altri la vita culturale di Allerona, si presentò in regione per il Patto dei Democratici e poi ricominciò a fare attività politica nello Sdi. Oggi siede sui banchi del Consiglio Comunale come capogruppo Sdi e guida la Orvieto Spa. Un incarico importante, di prestigio. Ma nulla a che vedere con le speranze di un tempo.

Dopo Barbabella fu Adriano Casasole. E dopo Adriano, sindaco di grandissima sensibilità i cui tragici destini sono vivi nella coscienza di ognuno, fu la volta di Stefano Cimicchi. Due consiliature da sindaco e poi l’ipotesi Regione. Anche per lui un destino che ad oggi sembra beffardo. Due voti lo lasciano fuori da Palazzo Cesaroni.

Possiamo veramente parlare di maledizione? Non vorremmo che Stefano Mocio, attuale sindaco della Margherita di Orvieto, si facesse prendere dallo sconforto o che gesti inconsulti e scaramantici lo obblighino a toccare i gioielli di famiglia.

La realtà è un’altra. Orvieto, città alta e strana, è più strana che alta. Fare il sindaco non dovrebbe essere cosa complicata per una semplice comunità di sole 25mila anime. Pensiamo ai comuni di questo peso dell’hinterland romano o milanese. Nulla hanno a che vedere con la nostra città. Orvieto vale molto più di quel che conta in termini di abitanti. E amministrare una città come questa è privilegio ed onore, ma porta con sé tanti oneri. Non è semplice il clima politico e qui la passione politica è ancora qualcosa di forte, che si sente a pelle, si respira nei polmoni.

Le scelte che un sindaco fa prestano il fianco alla nascita di amicizie e inimicizie. Il sindaco è molto più esposto a giudizi – dalle nostre parti forti, sprezzanti e senza mezze misure – di quanto possa accadere per un deputato, un senatore o un consigliere regionale. Così questo è il prezzo da pagare. Chi fa il sindaco di Orvieto  difficilmente può mirare ad avere un futuro politico diverso. Tutti la raccontano come un’esperienza esaltante, difficile, avventurosa. Ma nessuno ha ammesso che è anche esperienza devastante.

Una città, la nostra, troppo piccola per passare inosservata ma nel contempo troppo grande per essere un paese. Croce e delizia di ogni primo cittadino.

Pubblicato il: 11/04/2005

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