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Zarathoustra sceglie Orvieto per il debutto italiano

Danza butoh. Data unica in Italia venerdì 18 al Teatro Mancinelli. Un evento irripetibile

foto di copertina

Fu all'inizio degli anni '80 che i due coreografi di fama internazionale Carlotta Ikeda e Ko Murobushi, fecero conoscere in Europa la loro lettura della danza butoh con lo spettacolo "Zarathoustra". Oggi, a distanza di oltre vent'anni, i due noti danzatori, fondatori della compagnia Ariadone, danno vita ad un inedito allestimento la cui Prima assoluta si è tenuta in Francia sabato scorso e che farà tappa in Italia solo venerdì prossimo, 18 marzo alle ore 21, con una data unica ospitata al Teatro Mancinelli di Orvieto.

Un'occasione imperdibile e irripetibile per assistere ad un evento davvero esclusivo di teatro/danza, per il quale si prevede il tutto esaurito. La compagnia giapponese Ariadone sceglie Orvieto come data italiana, perché qui fu già ospite nella Stagione Teatrale 94/95, quando con lo spettacolo butoh "Il linguaggio della Sfinge" debuttò tra le ovazioni e l'entusiasmo del pubblico.

Con "Zarathoustra - variations", questo il titolo del nuovo allestimento, le danzatrici Ariadone vogliono mantenere la continuità con l'opera originale, divenuta nel tempo un punto di riferimento per il mondo del teatro-danza: fu infatti tramite la prima edizione di Zarathoustra che la danza contemporanea europea scoprì  la novità e l'energia del linguaggio butoh.

Come l'opera del filosofo Nietzsche, da cui lo spettacolo prende il titolo, Zarathoustra è un corpo sospeso tra Oriente e Occidente, è energia che vuole essere trasmessa al di là della generazione che la vide nascere. E' liberazione del corpo, filosofia positiva, trionfo di gioia e riso, è soprattutto, istinto, provocazione e impetuosità.

Un'arte danzata, quella di Carlotta Ikeda e di Ko Murobushi, che è anche ricerca attraverso la memoria: come pista di lavoro iniziale le danzatrici buto della compagnia Ariadone si sono infatti lasciate ispirare dalla memoria dello spettacolo originale, trasmessa attraverso i corpi, le menti, le basi musicali, le immagini video e le foto d'archivio. In tal modo le interpreti hanno potuto creare un'opera inedita, plasmata attraverso la materia prima offerta dall' identità individuale di ciascuna.

Per prenotare i biglietti si può ancora chiamare il botteghino del Teatro Mancinelli al numero 0763.340493. Altre informazioni all'indirizzo: www.teatromancinelli.it.

Le Origini e il significato della danza butoh

L'ideogramma giapponese della parola "butoh" è composto da due elementi: "bu" che significa danza e  "toh"  che sta per passo, piede.

Negli anni Venti alcuni danzatori giapponesi andarono in Germania a studiare la danza europea. Al loro ritorno in Giappone fondarono scuole di ballo nelle quali Kazuo Ohno e Tatsumi Hijikata, i due  fondatori del Butoh, diedero le loro prime lezioni.
Onho ed Hijikata si incontrarono nel 1954 e fu l'inizio di una cooperazione che durò anni. Hijikata avrebbe diretto e realizzato molte coreografie per Ohno. Lo studio di Hijikata divenne il centro del movimento del Butoh.

Un movimento che, però, ha tante facce quante sono i suoi interpreti. Per molta gente si tratta di una particolare forma di teatro. Il Butoh mescola infatti danza, teatro, improvvisazione e fonde influenze delle tradizionali arti dello spettacolo giapponese con la danza dell'espressionismo tedesco nota come Ausdruckstanz

La prima rappresentazione di Butoh avvenne nel dopoguerra giapponese. Anno storico è considerato il 1959. Fu l'anno in cui al Festival Giapponese della Danza, a Tokyo, venne rappresentato "Kinijiki", di Tatsumi Hijikata.
La performance era molto breve. traeva spunto da una novella di Yukio Mishima. Sembra che le immagini e i movimenti fossero cosi scioccanti ed offensivi che la Direzione del Festival, che aveva sponsorizzato lo spettacolo, fece spegner le luci prima che la performance potesse esser completata. Fu scandalo. Le tenebre inghiottirono la scena.
La parola Ankoku Butoh - poi abbreviata in Butoh - introdotta da Hijikata significa "Danza delle tenebre".
Da quel giorno, il Butoh venne definito in molti modi: provocatorio, erotico, grottesco, violento, cosmico, nichilista, catartico... C'è anche chi lo definisce "la versione punk della danza classica giapponese".

Il Butoh degli inizi era una risposta radicale all'idea occidentale della danza. Era pura provocazione, resistenza contro l' establishment  culturale ed il sistema sociale.  Era sperimentale, a volte grottesco, a volte assurdo e mistico, fisico e spirituale insieme.
I volti dipinti, le teste rasate, la nudità dei danzatori di Butoh, le distorte coreografie crearono un forte contrasto con l'estetismo della danza tradizionale.
 

 

 

Pubblicato il: 15/03/2005

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