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Bomba. Si seguono tutte le piste

Quella più inquietante è che l'ordigno abbia una matrice intimidatoria. Sarebbe l'apertura da parte della delinquenza di un fronte ancora da noi sconosciuto

ORVIETO - La verità sull'ordigno trovato mercoledì mattina davanti a un palazzo del centro storico potrebbe essere nelle impronte o in qualche minima traccia lasciata inavvertitamente dagli attentatori o da chi l'ha confezionato. Un qualsiasi indizio, sulla bomba, sul pacchetto o sulla busta che li conteneva entrambi, che consentirebbe agli inquirenti di risalire a un codice di dna. La scientifica adesso è al lavoro a 360 gradi e non avrebbe intenzione di escludere alcun tipo di esame per dissipare in fretta il mistero intorno all'ordigno che, a quattro giorni dall'attentato, si fa sempre più fitto. Gli inquirenti non si sbilanciano e attualmente le indagini proseguono lasciando aperto il campo a un ampio ventaglio di ipotesi. Tra le più accreditate, due, principalmente, restano al vaglio degli investigatori. La prima, di matrice eversiva, che ricondurrebbe l'episodio a quelli di ispirazione anarchico-insurrezionalista verificatisi a Genova e Milano. Anche se dai primi esami della scientifica sarebbe emerso con chiarezza che la fattura dell'ordigno differisce notevolmente da quelli esplosi nelle due città del nord. Una bomba confezionata con un chilo e cento grammi di polvere pirica di diverse specie, una pila da nove volt, un sistema, probabilmente, a doppio innesco e un timer che non ha funzionato. Questa l'unica ragione, a quanto emerso finora, che avrebbe impedito alla scatola di latta del cointreau di uccidere. D'altro canto la distanza da obiettivi sensibili, come la caserma e il carcere, renderebbe ancora più difficile il paragone con i fatti di Genova e Milano. A meno che il "postino" attentatore, per qualche difficoltà, non si sia visto costretto ad abbandonare il pacco prima di portarlo realmente a destinazione. Tuttavia gli inquirenti sarebbero al lavoro anche sul secondo fronte. Quello cioè che all'ordigno appartenga una matrice intimidatoria: un avvertimento dal sapore "mafioso", insomma, per qualcuno che forse potrebbe vivere o lavorare nella zona. Magari qualcuno invischiato in una brutta storia, o con un trascorso difficile alle spalle. Dagli esami degli artificieri non sarebbe emersa la presenza né di antenna né di microchip, particolari questi che escludono a priori la possibilità che l'ordigno potesse essere azionabile da un sistema di innesco a distanza. Né si sarebbe evinto qualcosa di utile alle indagini dall'esame del filmato registrato, quella notte tra martedì e mercoledì scorso, dalle telecamere esterne della vicina filiale della Cassa di Risparmio.

 

 

 

Pubblicato il: 06/03/2005

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