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Messe ben pagate. Ma con assegno a vuoto

Truffato un parroco. Quattrocento euro di messe in suffragio pagati con un assegno di seicento. E il parroco ha versato il resto in soldi veri. Ma l'assegno era vuoto e rubato...

di Stefania Tomba

ORVIETO - Una messa al giorno per trenta giorni alla memoria di un congiunto scomparso. Questo il pio gesto. Poi paga il parroco con un assegno rubato e scompare intascando un resto di 200 euro in contanti. Sono gli estremi della truffa messa a segno lo scorso mese di dicembre ai danni di un sacerdote orvietano. Il parroco aveva ricevuto la singolare richiesta da un uomo di mezza età che, nelle intenzioni, aveva in animo di raccomandare al cielo l'anima di un congiunto defunto da qualche tempo. Al sacerdote, ignaro, l'uomo aveva fornito tanto di nome e cognome del parente scomparso. Nome che il parroco avrebbe dovuto tener presente sull'altare nelle proprie preghiere. Un leggero accento romano e una faccia mai vista. Ma fin qui niente di strano. E la richiesta era talmente pia che quale parroco avrebbe potuto tirarsi indietro? Trenta messe, una al giorno per i successivi trenta giorni. Quattrocento euro in tutto. Che l'uomo ha proposto di saldare con un assegno da seicento, dietro un resto in contanti pari a duecento. Detto fatto. Ma quando il sacerdote si è recato in banca a cambiare il titolo al portatore è rimasto con un palmo di naso. Allo sportello gli impiegati gli hanno fatto notare che l'assegno era scoperto.

E tutta la vicenda ha cominciato a puzzare di bruciato. Al punto che il parroco ha denunciato il fatto ai carabinieri di viale primo Maggio. Era il dicembre del 2004. Ora, dopo un paio di mesi di serrate indagini, i militari dell'Arma sono riusciti a tracciare il profilo dell'uomo e ricostruire interamente la vicenda. Che è costata al romano una denuncia a piede libero per truffa e ricettazione. L'assegno, infatti, non solo è risultato scoperto ma anche rubato. La persona identificata quale autore della truffa ai danni del  povero sacerdote è un uomo di cinquantacinque anni, le cui iniziali rispondono a P.R., domiciliato a Roma. Nella Capitale lavora come cameriere in un ristorante e non era nuovo alle forze dell'ordine. Sulla sua fedina penale gli inquirenti segnalano alcuni precedenti del genere.

Pubblicato il: 22/02/2005

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