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A Vademiro Giulietti è tornata la memoria dopo 25 anni?

Una domanda ed una necessaria riflessione. Se Vademiro Giulietti era a conoscenza di alcune malefatte con quale coraggio ha continuato a ricoprire incarichi per il Pci? Perchè non si dimise a quei tempi e denunciò tali fatti?

Approfondimento

di Giorgio Santelli
Bisogna avere considerazione e rispetto per chi, per anni, ha dedicato la sua vita alla città. Un impegno politico forte che lo ha portato a fare il sindaco di questa città per anni, su incarico di un partito che ad Orvieto aveva la maggioranza assoluta: il Pci. Bisogna avere rispetto per chi, anziano, decide di "vuotare il sacco" forse perché si trova quasi al cospetto del Principio unico e quindi scattano pentimenti improvvisi e voglia di redenzione. Ed è giusto ascoltarlo e, se necessario, approfondire i suoi ricordi, le sue teorie, i suoi "frammenti di malapolitica".

Alcuni politici, quando la Magistratura procedeva al fermo e alle indagini nei confronti dei 26 ragazzi arrestati per droga (a proposito... se ne sa più niente?) hanno detto «confidiamo nel lavoro degli inquirenti». Noi ci mettiamo nella stessa loro identica posizione. Se qualcuno riterrà giusto indagare lo farà. Ma non possiamo esimerci dal porci alcune domande e non possiamo sottacere alcuni dubbi che tenteremo di affrontare anche direttamente con Vademiro Giulietti.

Al di là della sua attenzione attuale alla rete fognaria di Orvieto che rischia di produrre nuove frane ad Orvieto (meritoria attenzione al futuro della sua tanto amata città), viene immediatamente da far due conti. Il "malaffare" registrato da Vademiro Giulietti risale al periodo 1975/1980. Sono trascorsi dai 23 ai 17 anni (a seconda che si voglia prendere l'inizio o la fine di quel periodo). Giulietti, dopo essere stato sostituito come sindaco, ha proseguito la sua attività politica nelle fila di quel partito.

Ha preso posto nel Consiglio provinciale, ha fatto il Presidente dell'Azienda di Promozione Turistica; è stato per anni a capo dell'Unitre di Orvieto. Insomma, ha continuato a fare politica per anni, intendendo per politica quell'impegno sociale a favore della collettività locale.

Quando scoppiò Tangentopoli, in tutta Italia si fecero indagini sui mali prodotti dalla Prima Repubblica. Ad Orvieto non si scoprì nulla. Né nulla si potè scoprire - sebbene ci furono indagini - quando qualcuno in una cena ormai famosa azzardò qualche parola di troppo. Anche successivamente alla pubblicazione del libro di Giulietti le ipotesi di malagestione dei denari provenienti dalla legge speciale non hanno trovato riscontri. Ad Orvieto, poi, resta difficile trovare responsabilità sull'impiego dei finanziamenti poiché la gestione degli appalti sui lavori per la Rupe competeva alla Regione dell'Umbria.

Denunce e indagini, insomma, non rilevarono nulla. Oggi Vademiro Giulietti vuole tornare a tutti i costi a quegli anni. Vuole ostinatamente affermare che all'ombra dei soldi per la Rupe viaggiarono ipotesi di illecito, ipotesi di reato.

E lui, Giulietti, visse tanto di politica in quel periodo. Viene ricordato dagli amici che militarono con lui tra le fila dei socialisti e del Psiup per poi approdare al Pci. Chi lo conobbe in quegli anni lo definisce persona puntigliosa e permalosa. La sua carriera politica comincia nel Psi, per poi passare al Psiup e confluire successivamente nel Pci per il quale ha ricoperto incarichi prestigiosi come Sindaco di Orvieto, Presidente dell'Apt e consigliere Provinciale. Un uomo, dunque, che in quegli anni aveva un ruolo fondamentale nella vita politica di questa città ed in quella del partito di cui era esponente di spicco.

È uomo che viene definito, come detto, permaloso. Questa sfaccettatura del suo carattere, che lo ha spesso contraddistinto, può essere anche la causa di questi ultimi due anni di ritorno al passato.

Alcuni maligni affermano che lui non abbia mai perdonato al suo successore - Franco Raimondo Barbabella - l'essersi impossessato fino in fondo del Progetto Orvieto. Per Giulietti i meriti di quella trasformazione epocale, di quelle scelte decisive, di quel progetto esclusivo hanno radici profonde nella sua sindacatura. È la "maledizione" dei sindaci di Orvieto, a quanto pare. Tanto è che le stesse recriminazioni, in una fase successiva, vennero fatte da Barbabella e la "sua giunta" nei confronti di Cimicchi "reo di farsi vanto di successi maturati grazie al lavoro effettuato dai suoi predecessori".

Come se la gestione del Comune di Orvieto fosse appartenuta a schieramenti politici diversi e mancasse di una continuità politica che è ininterrotta dal '45 ad oggi.

Forse, quindi, il non aver avuto la soddisfazione di mettere il sigillo "Giulietti DOC" al Progetto Orvieto lo porta ad un'amarezza che lo spinge a voler individuare sacche di malagestione politica in quel periodo. Sacche, ad oggi, mai confermate, mai riscontrate, mai emerse.

Gli anni - non dell'età di Giulietti, ma quelli trascorsi da quegli avvenimenti - indeboliscono i ricordi, gli eventuali riscontri. Alcuni interpreti di quegli anni non ci sono nemmeno più.

Ed allora è giusto domandarsi:

Perché dopo 23 anni?
Perché questa sua denuncia non venne fatta allora, quando eventuali male gestioni potevano essere evitate o corrette? Perchè allora, dopo aver notato tali cadute "morali" non si dimise da tutti gli incarichi ricoperti all'interno del partito e dalle istituzioni in cui rappresentava il Pci, denunciando quanto stava accadendo?

In quegli anni (era il 27 luglio 1981) Enrico Berlinguer intervistato da Eugenio Scalfari per Repubblica poneva per la prima volta "la questione Morale".

Forse Giulietti quell'articolo lo ha letto con 22 anni di ritardo? Oppure, all'epoca, ciò che lui oggi evidenzia come "sbagliato" era da considerarsi corretto?
Oppure, quanto da lui visto, non è mai accaduto?

Insomma, se per caso quanto evidenziato da Giulietti fosse effettivamente accaduto vorremmo che lui stesso, che per 23 anni nulla ha detto, ci spiegasse oggi le effettive ragioni di questo suo improvviso pentimento. Se tutto fosse vero Giulietti avrebbe delle responsabilità vere. Perché ogni cittadino che viene a conoscenza di un reato è chiamato alla denuncia dello stesso. Pena la complicità.

Pubblicato il: 11/02/2003

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