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Elevava multe false e poi incassava i versamenti, condannata

Si era inventata un bel giochetto che nel tempo le aveva fruttato un giro di svariate centinaia di euro, fintanto che qualche vittima un po' più scrupolosa ha voluto vederci chiaro e - rivoltasi alle forze dell'ordine per avere delucidazioni - ha finito per incastrarla.

di Stefania Tomba
Si era inventata un bel giochetto che nel tempo le aveva fruttato un giro di svariate centinaia di euro, fintanto che qualche vittima un po' più scrupolosa ha voluto vederci chiaro e - rivoltasi alle forze dell'ordine per avere delucidazioni - ha finito per incastrarla. La donna, C.E.A. - una leccese di trentotto anni - aveva falsificato i modelli prestampati dei bollettini delle contravvenzioni applicandovi tanto di timbro,  poi provvedeva a sistemarli sui parabrezza delle auto in divieto. In qualche caso, come quello della donna che l'ha portata ieri mattina in tribunale, l'ingegno della trentottenne si era spinto anche oltre.

Le multe arrivavano direttamente nella cassetta postale delle vittime prescelte, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Dopo di che, non restava che aspettare di incassare. La leccese - che in quei tempi risiedeva nell'Orvietano - aveva aperto un apposito conto corrente postale nel quale confluivano - senza che lei dovesse fare niente altro - i versamenti delle false contravvenzioni che i malcapitati, rassegnati e puntuali, effettuavano regolarmente alle poste. Non tutti abboccavano, ma a quel punto era soltanto un gioco di probabilità. La donna era tornata alla sbarra nel febbraio dello scorso anno proprio per l'imputazione di falso materiale in atto pubblico commesso da privato.

La sentenza di condanna emessa dal tribunale di Orvieto a suo carico in quel procedimento le assegnava un anno e sei mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Ieri la seconda sentenza per gli stessi identici reati, a spese di un'altra vittima. Una condanna  quella comminata ieri dal giudice Silverio Tafuro, che alla trentottenne, processata in contumacia, è così costata non solo nove mesi di reclusione ma anche la revoca della sospensione della pena il giudice le aveva precedentemente riconosciuto in quanto incensurata. In tutto, insomma, due anni e tre mesi di reclusione. 

Pubblicato il: 04/12/2004

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