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La donna era già caduta nelle maglie dei controlli del commissariato di Orvieto nel lontano febbraio del 2002

Collocava cittadine dell'Est sul mercato del lavoro nero locale. Le"adescava" a Roma. Poi una volta collocate, per lo più come badanti a nero - tra Orvieto e Viterbo, scattava lo sfruttamento. Requisiva i passaporti e - dietro minacce e percosse - pretendeva parte, quando non l'intero, degli stipendi percepiti dalle sue"protette". Anche l'ombra della prostituzione

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di Stefania Tomba

ORVIETO - Estorsione, minacce, sfruttamento della prostituzione e dell'immigrazione clandestina. Si allunga con una collezione di precedenti capi di imputazione il curriculum giudiziario di N.B., la 44enne bielorussa arrestata dai carabinieri di Orvieto nell'ambito dell'operazione"Matrioska".

È con queste accuse infatti che per lei era già iniziato nel giugno scorso il procedimento penale che la dovrà veder comparire in aula presso il tribunale di Orvieto nell'udienza del prossimo 11 febbraio. Il processo in realtà non si è ancora incardinato, in quanto l'udienza fissata per lo scorso 24 settembre è slittata per difficoltà legate alle trascrizioni. Tuttavia la donna era caduta nelle maglie dei controlli del commissariato di Orvieto nel lontano febbraio del 2002. Un'operazione mirata contro l'immigrazione clandestina e il lavoro nero aveva condotto, allora, all'espulsione di 13 donne ucraine e di un cittadino polacco. La maggior parte delle clandestine erano impiegate a nero come colf o come assistenti agli anziani. Fu nelle numerose testimonianze raccolte in quei giorni dal commissariato che emerse l'ombra della bionda bielorussa.

Era lei, secondo decine di testi, a collocare numerose cittadine dell'Est sul mercato del lavoro nero locale. Le"adescava" a Roma con la promessa di trovare loro un lavoro. Poi una volta collocate, per lo più come badanti, rigorosamente a nero, tra Orvieto e Viterbo, scattava il"piano b". Quello dello sfruttamento. Avrebbe requisito loro i passaporti e, dietro minacce e percosse, avrebbe preteso parte, quando non l'intero, degli stipendi percepiti dalle sue"protette". 

Se non pagavano, allora passava alle ritorsioni: convinceva i datori di lavoro ad allontanare le donne che lei descriveva come ladre o poco serie e in qualche caso sarebbe riuscita anche a farsi consegnare direttamente le loro paghe. Dalle testimonianze allora raccolte dal commissariato sarebbe chiaramente emerso anche che la donna, dal polso di ferro, non avrebbe esitato a indurre alla prostituzione le clandestine che collocava presso abitazioni private come badanti. In particolare le avrebbe indotte in più di un caso ad assecondare, senza troppi moralismi, gli appetiti degli anziani che avrebbero dovuto accudire."Vedrai che poi ti regala anche il cellulare". Queste le parole con cui avrebbe incoraggiato una 25enne a concedersi ad un maturo datore di lavoro. La donna, in Italia con asilo politico, dopo la sanatoria fece richiesta del permesso di soggiorno. Ma il diniego della Questura non le fu mai notificato perché nel frattempo si era resa irreperibile.

Pubblicato il: 18/11/2004

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