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I nuovi poveri. Giovani con titolo di studio e basso reddito

È a rischio povertà circa il 50% delle  518 famiglie prese in esame dall'Aur

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Tende ad aumentare in Umbria la disuguaglianza sociale e il titolo di studio non preserva più dalla povertà. È quanto emerge dal terzo rapporto sulle povertà, dal titolo"Mobilità sociale e disuguaglianza", realizzato dall'Osservatorio sulle povertà in Umbria  e dall'Aur, Agenzia Umbria Ricerche, in collaborazione con l'Università degli studi di Trento.

Lo studio, presentato nei giorni scorsi a Terni, ha preso in esame un campione di 518 famiglie (1.247 individui) ed ha analizzato la qualità di vita non solo di coloro che sono già poveri, ma anche di coloro che rischiano di diventarlo oppure, al contrario, sono stati in grado di uscire da quella condizione.
 Il filo rosso dell''Indagine retrospettiva sulla famiglie umbre' è la disuguaglianza, sia a livello locale che mondiale  - ha spiegato Paolo Montesperelli che ha curato il testo per  l''Aur' con Chiara Vivoli -. Nella ricerca, povertà e  disuguaglianza sono due concetti che si intrecciano e in questo rapporto è ancora più esplicita la povertà come portato connesso alle stratificazioni sociali. 
Dallo studio  è emerso che all'interno  della società umbra le opportunità di crescita economica e sociale non sono  distribuite in  maniera uguale e che i privilegi sono sempre di alcune classi a svantaggio di altre. Ciò è evidente nel caso del titolo di studio. Coloro che appartengono alla classe borghese hanno più possibilità di arrivare alla laurea rispetto a quelle agricole. Quindi, ancora una volta, si evidenzia una diversità di opportunità e le classi più deboli sono più a rischio di povertà".

La disuguaglianza nella regione, secondo i ricercatori, tenderebbe ad aumentare e le classi  sociali più svantaggiate sarebbero quelle legate all'agricoltura. 
È a rischio povertà circa il 50% delle  518 famiglie prese in esame dall'Aur. Prevalentemente si tratta di famiglie composte da uno o due anziani in possesso di un basso titolo di studio, mentre  il 30% ha un capofamiglia con un titolo di studio ed uno stipendio basso.

La novità vera però e un'altra: l'8% delle famiglie indigenti è composto da coppie con figli, occupate e con un titolo di studio alto.
Si tratta di famiglie che avrebbero tutte le carte in regola per non essere povere ma la realtà è diversa - ha detto Montesperelli - e ciò dimostra che se una volta la scuola preservava dalla povertà e permetteva una certa mobilità sociale, ora non è così per varie ragioni. Innanzitutto perché è sempre più difficile ritrovare il lavoro quando si è perduto e poi perché il titolo di studio è sempre più svalutato. Un tempo il diploma di scuola media superiore garantiva l'appartenenza al ceto medio, ora rappresenta l'ingresso per la classe operaia; infine i meccanismi di compensazione sociali non funzionano più ed  ecco perché  la  povertà  ritorna ad essere di grande attualità. La tendenza verso questo cambiamento la possiamo notare dagli utenti della Caritas, che chiedono beni primari come vestiti e cibo.
La tesi è supportata dai dati dell'Istat,  dai quali emerge che in Umbria agli inizi del 2000 la percentuale delle famiglie povere oscilla tra il 6,4 per cento e l'8,6 per cento, corrispondente a un numero compreso tra  21 mila e 27 mila famiglie. Rispetto all'incidenza della povertà, la nostra regione si colloca al pari della media delle altre regioni del centro e a un livello inferiore rispetto alla media nazionale. 
C'è da rilevare - ha spiegato nel documento Luca Calzola dell'Istat- che in Umbria il numero delle famiglie povere è rimasto abbastanza stabile mentre le famiglie molto povere, anziani o ritirati dal lavoro, hanno leggermente migliorato la loro condizione pur rimanendo nell'area della povertà, le famiglie che sono vicine alla condizione di povertà non trovano strumenti e condizioni per farlo". Si tratta in prevalenza di famiglie con occupati a basso reddito o con persone disoccupate e in cerca di lavoro."Il rischio di povertà - secondo Calzola - è più elevato proprio nelle situazioni in cui sono assenti risorse sociali che consentono di migliorare le proprie condizioni e il ruolo dell'istruzione a proposito è centrale, in quanto un titolo di studio basso aumenta il rischio di povertà".  
La ricerca dell'Istat  si basava su un campione composto da circa 600 famiglie di queste l'8,6 per cento è composto da famiglie povere di cui il 3,5 molto povere e 5,1 appena povere. Le famiglie quasi povere sono risultate il 7,7 per cento, il 12,8 intorno alla linea della povertà, l'83,7 non povere e l'1,2 in povertà assoluta.
   Le più esposte a situazioni di povertà sono le famiglie con un solo genitore e quelle con anziani che vivono soli, o in coppia, ma senza il sostegno di altri familiari."La cronicizzazione della povertà che sta purtroppo emergendo nello scenario regionale - ha detto monsignor Riccardo Fontana - è come una sorta di risorgenza di antichi mostri che alcuni credevano che la modernità avesse definitivamente sconfitto. Esiste una fascia della popolazione umbra che sta davvero male. Questa situazione, che ripetendosi negli anni mostra una significativa costante, interpella le Chiese perché non restino insensibili di fronte alla sofferenza. Lo stesso fenomeno ci interpella come cittadini: occorre riaffermare e inventare nuove politiche sociali regionali che sostanzino i progetti generali di sviluppo che la Regione si propone, soprattutto quelli che sta cercando di identificare in questi anni".  Per mons. Fontana"il caso dei due pensionati arrestati mentre rubavano perché non riuscivano a mangiare si commenta da solo. Ricordiamoci che ci sono molte persone che nell'ultima settimana del mese non riescono a mangiare la frutta perché non hanno i soldi. Non è lecito a nessuno il permesso di smantellare lo stato sociale. I poveri crescono e lo dimostra il fatto che il fenomeno dell'usura sta aumentando. Il calo di contributi del governo ai Comuni porterà ad un aumento dei poveri". 
E' intervenuto anche mons. Paglia rilevando che"oggi parlare di uguaglianza è una cosa rara. Nella stessa carta europea si è dovuto lavorare molto per porre l'uguaglianza tra i valori portati della cultura europea. Se si vogliono rispedire indietro gli immigrati e si prova ad eliminare la cooperazione, mi chiedo quale società stiamo costruendo. È necessario tenere presente la fragilità che riscontriamo ogni giorno in tante famiglie umbre, spinte sotto la normalità quando succedono imprevisti nella loro famiglie. Nella nostra società si discute tanto ma i poveri non hanno il tempo né di dibattere, né di discutere".
Nel commentare l'iniziativa l'assessore regionale alle politiche sociali, Gaia Grossi, ha espresso"preoccupazione" per le"carenze del welfare che disegnano nuovi profili nel volto dell'emarginazione e dell'esclusione. Ci allarma ancor più - ha detto - la riduzione di risorse finanziarie stanziate dal Governo nazionale per le politiche sociali regionali e locali a fronte di nuovi e più gravosi compiti che vengono attribuiti dal governo centrale a quello locale". 
Grossi ha poi rilevato che"l'osservatorio sulle povertà può offrire elementi utili alla valutazione sull'efficacia del welfare e che oggi sono numerosi i piani di zona che utilizzano i rapporti sulle povertà per analizzare il grado di esclusione sociale".

Pubblicato il: 15/11/2004

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