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Bruciare rifiuti produce occupazione ma anche divisioni sociali

Cronaca

Con la liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, numerose aziende private hanno presentato all'ENEL diverse iniziative per la produzione di energia da fonti rinnovabili come il metano, i rifiuti, le biomasse, l'acqua, il vento. Anche se solo una parte di esse è stata ammessa a godere degli incentivi ministeriali previsti dall'Unione Europea, fanno comunque oltre 19.000 megawatt che coprirebbero parte del fabbisogno nazionale e testimoniano del grande interesse con il quale i privati guardano a questo business del futuro.

Nergli anni '90, degli oltre 450 impianti proposti, erano numerosi quelli che sarebbero stati alimentati dai rifiuti. Ben 116 mentre gli impianti idroelettrici erano 125 e 105 i progetti eolici. Il dato stupisce per una ragione che non ha niente a che vedere con la tecnologia e la potenzialità energetica di questa risorsa, di cui sono noti, peraltro, i problemi relativi alla gestione e allo smaltimento. Appare strano, infatti, e quasi un po' masochista, che gli aspiranti autoproduttori continuino a puntare sull'energia dai rifiuti nonostante le pagine delle cronache locali abbondino dei virulenti conflitti ambientali combattuti per impedire la realizzazione dei nuovi inceneritori. Vere telenovelas a sfondo verde, che sembrano coinvolgere e dividere trasversalmente tutte le principali componenti sociali. Dalle amministrazioni locali ai partiti politici, dalle associazioni industriali a quelle sindacali, dagli ambientalisti alle comunità montane e così via fino ai circoli degli anziani e alle bocciofile

DA SIZIANO (PAVIA) A ORVIETO:
I MOTIVI SONO DIVERSI MA L'ESITO È LO STESSO
Così, l'idea del rifiuto come business, negli anni 90 ha interessato tantissime aziende. Ma non andò molto bene. Ne sa qualcosa la Pirelli che a Siziano, provincia di Pavia, ha pagato la presenza sul medesimo territorio di impatti ambientali ben maggiori di quello prodotto dal proprio inceneritore da 9 megawatt: quelli soltanto presunti dell'Interporto di Lacchiarella e quelli drammaticamente urgenti dei container pieni di rifiuti tossici abbandonati dalla Petrol Dragon. Altri esempi delle grandi e imprevedibili difficoltà che dovranno scontare in questo Paese gli ambasciatori dell'energia dai rifiuti, fanno riferimento proprio alla nostra realtà.

È il caso dell'impianto che doveva sorgere a Orvieto. Il progetto godeva del pieno appoggio della Giunta Comunale, della Provincia, della Regione e della Confindustria locale. Era avvantaggiato dalla vicinanza di un moderno impianto di selezione dei rifiuti con produzione di combustibile e compost e giustificato da una gestione dei rifiuti ancora dominata al 98% dal deposito in discarica e dal profondo deficit energetico della Regione Umbria. Forte di queste motivazioni, era stato presentato alla popolazione nell'ambito di un globale piano per l'avvio della raccolta differenziata nel rispetto delle linee guida del Decreto Ronchi. Quand'ecco che il WWF lancia il suo grido di allarme. Alcuni intellettuali romani, sia dell'area cattolica che della sinistra, si accorgono allora della terribile minaccia estetica che sovrasta le loro seconde case nella bellissima Orvieto. Gli scrittori Susanna Tamaro, Luigi Malerba e l'allora parlamentare pidiessino Stefano Rodotà (oggi autorità per la protezione dei dati personali), firmano petizioni al Ministro Ronchi. Le loro lamentazioni vengono ospitate sui principali quotidiani nazionali. Luigi Malerba riesce anche a farsi bacchettare dal Presidente dell'ENEL Chicco Testa perché non sa che la sigla RDF non sta per "Rifiuto Da Fuoco".

La polemica infuria, i partiti e tutta la popolazione si spaccano al proprio interno tra i sostenitori della vocazione turistica della città e quelli dello sviluppo industriale e occupazionale. Il Sindaco tenta un'ultima difesa dalle pagine di Panorama ma si capisce che ormai ha il fiato corto: "Consulteremo la città, ascolteremo i cittadini.......non lo vogliamo fare per forza questo inceneritore". E infatti quell'impianto a Orvieto non si è più fatto

Pubblicato il: 07/02/2003

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