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Liberi di scegliere la 'Mala Educaciòn'

Una sala cinematografica dove poter scegliere: vedere o non vedere sulla base di ciò che suggerisce la propria insostituibile coscienza. Questo il diritto che molti in città rivendicano città all’indomani dell’episodio di censura de “La Mala Educacion”, l’ultima fatica di Pedro Almodovar che nelle uniche due sale cinematografiche cittadine, di proprietà della Curia, non arriverà mai per effetto di una programmazione basata sui via libera della Cei

di Stefania Tomba

ORVIETO – Una sala cinematografica dove poter scegliere: vedere o non vedere sulla base di ciò che suggerisce la propria insostituibile coscienza. Questo il diritto che molti in città rivendicano città all’indomani dell’episodio di censura de “La Mala Educacion”, l’ultima fatica di Pedro Almodovar che nelle uniche due sale cinematografiche cittadine, di proprietà della Curia, non arriverà mai per effetto di una programmazione basata sui via libera della Cei (Conferenza episcopale italiana).

E si moltiplicano gli interventi in favore della libertà di pensiero e della libera fruizione dei prodotti culturali, in una città come Orvieto che della cultura ha fatto il proprio fiore all’occhiello. Deciso l’intervento dell’assessore alla cultura, Teresa Urbani risoluto ad affrontare il problema, concreta ed immediata la reazione di Giancarlo Imbastoni (Prc) che si è attivato per la proiezione della pellicola in altra sala.

“L’avere a disposizione una sola sala cinematografica equivale all’impossibilità di “travasare” altrove quello che viene giudicato scomodo da qualcuno”. Afferma Fabrizio Cortoni (Il futuro in Comune). Quel veto lo conosce bene la sua famiglia che fino alla fine degli anni ’90 ha gestito il cinema in questione. “Certo è che oggi sapere che viene ancora esercitata questa prerogativa – prosegue - ci fa riflettere di più rispetto a quanto poteva accadere trent’anni fa. Perché sono passati trent’anni, e la nostra capacità di libero arbitrio è cresciuta di conseguenza, ed oggi ci appare poco accettabile che qualcuno possa sottrarre un qualsiasi argomento alla nostra capacità di giudizio. Questa posizione di chiusura mi rattrista soprattutto perché mi fa pensare che il processo di rinnovamento interno alla Chiesa stessa non abbia ancora raggiunto tutti i suoi livelli”.

A stigmatizzare il veto ecclesiastico è anche il capogruppo diesse, Massimo Gambetta: “Sbaglia la Chiesa quando si nasconde dietro un dito ed impedisce la comunicazione e l’informazione. Non vogliamo alzare barricate ma promuovere il confronto”. 

Pubblicato il: 14/10/2004

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