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Gastronomia e cinema. Incontro con Cristina Bragaglia e Guido Barlozzetti

Mercoledì 6 ottobre, 17,300, Palazzo del Gusto, la  cucina ed il cibo nelle opere cinematografiche

foto di copertina

Un percorso affascinante nel mondo del cinema osservato nella sua dimensione gastronomica. Sin dall'inizio, infatti, la cucina e il cibo hanno occupato un ruolo di primissimo piano nelle opere cinematografiche.

Cristina Bragaglia, docente di Storia e critica del cinema presso l'Università di Bologna e autrice del volume Sequenze di gola. Cinema e cibo (Cadmo, 2002), ci propone, attraverso l'analisi di film gourmand, di storie di fame e di cannibalismo, di racconti di riti e tradizioni, un'analisi antropologica della rappresentazione del cibo e dell'atto di cibarsi nella storia del cinema.

Guido Barlozzetti, esperto di comunicazione, ci accompagna in questo viaggio alla riscoperta della nostra memoria eno-gastro-cinematografica.

Ad illustrare i temi della conferenza, verranno proiettati alcuni spezzoni di film che possono considerarsi l'emblema della ricchissima poetica che stringe la gastronomia all'ottava Musa.

 

Di seguito, due recensioni del libro di Cristina Bragaglia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Quando si parla dei rapporti fra cinema e cibo, ci si limita spesso a citare quei film che esaltano il cibo nei suoi aspetti più squisitamente gastronomici o nei collegamenti che può intrattenere con il sesso. Indagare sulle relazioni tra il cibo e il cinema, invece, vuole dire anche interrogarsi sulle connessioni culturali, sociali e antropologiche che comporta".

In questa premessa è contenuto il senso della libera ricognizione su cinema e alimentazione condotta da Cristina Bragaglia attraverso film di ogni epoca e latitudine, purché rivelatori di aspetti significativi dell'atto del cibarsi. La sequenza di una famiglia riunita a tavola di per sé può non risultare interessante, ma se si tratta di uno dei primi film della storia del cinema - il Repas de bébé dei Lumière - o della scena clou di una commedia grottesca come La guerra dei Roses di Danny De Vito, allora sì.

Non a caso la dedica di questo secondo volume della collana "Il cinema e le idee" diretta da Fernaldo Di Giammatteo (con cui l'autrice ha curato tre dizionari del cinema) chiama in causa il magistero poco ortodosso di Pietro Camporesi: l'atto del mangiare è, nella razza umana, una pratica sociale, come ha magistralmente mostrato Bunuel ne Il fascino discreto della borghesia. Detto così, però, quello intrapreso da Cristina Bragaglia può sembrare un percorso disorganico e non lo è. Il rapporto con il cibo viene esaminato, senza tralasciare puntuali riferimenti alla storia del cinema mondiale, a partire da alcuni nuclei tematici che corrispondono ad altrettanti capitoli del volume: l'assenza di cibo, il rito e la tradizione, i film gourmand, il rapporto fra alimentazione e culture locali, il cibo come fonte di tormento e il cannibalismo. Indice dei nomi e dei film citati completano il saggio.

 

Cristina Jandelli

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Si mangia sempre, comunque e dovunque. A volte il cibo è un pensiero, un cenno, una piuma, pura allusione/ illusione; altre volte pesa in tutta la sua potenza materica, diventa invasivo, neppure si digerisce nel malessere che trasmette; altre volte ancora diventa «trama», sottile o decisiva, con importante funzione narrativa. «Il cinema è la vita» diceva Alfred Hitchcock e aggiungeva: «…me-no i momenti noiosi». Ma dell'intreccio fra le due entità si sono impossessati molti registi e quasi tutti i saggisti e storici l'hanno sostenuto come una verità oggettiva. Se Hitchcock arrivava all'identificazione con il decisivo è la vita (nei paraggi di quell'affermazione si trovava anche François Truf-faut), altri hanno sempre e comunque proposto una relazione stretta attraverso la congiunzione (il cinema e la vita): a proporre un rapporto di interdipendenza che è sempre stato nei fatti prima ancora che nella teoria. Dunque il cibo fa parte del cinema in modo, si può dire, fisiologico.

Anche a questo principio, oltre all'evidente curiosità della sua ricerca, dev'essersi attenuta Cristina Bragaglia - docente di cinema presso l'Università di Bologna e nota operatrice culturale - nel proporre in questo libro un lucido, denso e spesso divertente excursus in un territorio stimolante. Che, se da una parte analizza con una infinità di citazioni la presenza del cibo nel cinema in tutte le sue diversificazioni, dall'altra scova in questo tema - che resta comunque conduttore nel libro - il pretesto per parlare dal rapporto tra uomo e cibo. Citazioni ed esempi in gran quantità, ma con gradevole funzione «narrativa». Il viaggio parte dalle origini (del cinema), risalendo alla prima proiezione pubblica del 28 dicembre 1895, quando i fratelli Lumière mostrarono con Le dejeuner de bébé una tranche di vita familiare dove un piccolo Lumière viene amorevolmente imboccato dai genitori. Realismo quotidiano modificato, pochi anni dopo, da Georges Meliès ne La sorcellerie culinaire dai contorni magici e visionari. E via così, nel tempo del cinema che va. Non c'è film, forse, nel quale il cibo - inteso in senso lato, dunque anche come bevanda - non sia presente. In modo rilevante, però, soltanto se accompagnato da un senso, da una logica, da una possibilità di catalogazione. Insom-ma, senza arrivare all'esplicito-massimo di opere come Il pranzo di Babette o di altri pranzi (di Natale, di nozze, reale…), e del leggendario ferreriano La grande abbuffata, vanno ricordati almeno, tra le centinaia di citazioni del volume e in ottica di estrema diversificazione dei generi, alcuni cardini come Il fascino discreto della borghesia di Buñuel, Delicatessen di Jeunet-Caro, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante di Greenaway, Ecco l'impero dei sensi di Oshima, il recente Chocolat di Hallstrom, Un americano a Roma di Steno, Picnic a Hanging Rock di Weir, Il silenzio degli innocenti di Demme. Bragaglia divide il libro in pochi capitoli oltre l'introduzione e la conclusione (Il cibo assente, Riti e tradizioni, Film gourmand, Storie di identità, Il cibo come fonte di tormento, Il cannibalismo), raccogliendovi poi altri sotto-capitoli, con interventi critici sui singoli film, esemplificazioni, collegamenti, riflessioni. Un piccolo ma completo, movimentato dolly attorno alla grande tavola del cinema. Tra piacere e morte, sesso e sofferenza, celebrazione e nostalgia.

 

Claudio Trionfera

 

 

Pubblicato il: 05/10/2004

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