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Successo di "Orvieto con gusto". Folla all'enoteca di Piazza del Popolo e successo delle iniziative culturali

Presso 'Enoteca dell'Umbria a Piazza del Popolo scene di giubilo per gli straordinari vini umbri, calca alle casse, sommeliers affaticati a mescere neri e biondi nettari. Intervista a Tommaso Lucchetti

foto di copertina

Parte bene"Orvieto con gusto" e ha fatto registrare, nella giornata di sabato 2 ottobre, una bella affluenza di pubblico anche in occasione di eventi solitamente poco affollati quali conferenze e letture riservate agli specialisti, segno del vincente connubio di cultura e sapori.
Successo rotondo e sonoro invece per l'Enoteca dell'Umbria a Piazza del Popolo: scene di giubilo per gli straordinari vini umbri, calca alle casse, sommeliers affaticati a mescere neri e biondi nettari. Passata la sorpresa iniziale è stata grande la soddisfazione nel vedere premiata dalla gente l'idea di allestire uno spazio centralissimo e dedicato a Bacco . L'ottimo risultato conferma il potere di attrattiva rappresentato da vini di qualità e da prezzi ragionevoli.
Plauso anche per le proposte culturali organizzate al Museo"Emilio Greco" e al"Palazzo del gusto".

Nonostante le cassandre che predicevano platee vuote, sia Lucchetti al Museo sia Rollin al palazzo sono riusciti, raccontando storie di cibi e di cucina, a placare la fame - questa volta di sapere - dei presenti.


Vi proponiamo l'intervista a Tommaso Lucchetti, storico della cultura gastronomica, ottenuta in occasione della conferenza di sabato 2 ottobre al Museo Emilio Greco.
 
Tommaso Lucchetti, storico della cultura gastronomica,  è il protagonista di quattro conferenze che"Orvieto con gusto" ha messo in programma quest'anno e realizzate assieme alla Cooperativa Sistema Museo.
Sabato 2 ottobre, al Museo Emilio Greco, lo studioso ha parlato della tradizione contadina a tavola nel Novecento. Un appassionante racconto sulle grandi e piccole cause che hanno trasformato, in profondità, il tessuto gastronomico rurale.

Nel XIX secolo la distanza che separa la cucina aristocratica e quella borghese e popolare è consistente. Poi i due mondi si avvicinano…
Se dovessimo individuare un'icona del processo di riavvicinamento non potremmo che citare Pellegrino Artusi che, nel compilare la sua"Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", attinge a piene mani dalla anche cultura contadina e rurale, intesa come cucina delle feste. Semplificando,  gli si può assegnare - senza enfasi - il ruolo, universalmente riconosciutogli, di mediatore tra cultura gastronomiche diverse.

Successivamente, la standardizzazione alimentare investe un po' tutte le classi sociali.
Questo accade a partire dagli anni Cinquanta, quando progressivamente si registra il sorpasso degli addetti all'industria rispetto agli occupati nelle campagne. L'Italia cambia, gli ex braccianti agricoli ora operai cominciano a sperimentare il cibo cittadino, specialmente delle mense aziendali. La perdita di memoria alimentare e le esigenze dei processi produttivi fordisti ebbe inevitabilmente nel tempo la conseguenza della standardizzazione alimentare e l'obnubilamento delle diversità gastronomiche.  Agli inizi degli anni Sessanta, però, il contributo del medico statunitense Ancel Keys, codificatore della dieta mediterranea, comincia a far dubitare se parte di quel passato abbandonato di corsa non fosse invece da conservare e riscoprire.

La fame comunque scompare. Però è ancora ben presente nei racconti delle persone più anziane.
La tecnologizzazione della produzione agraria ha sicuramente contribuito ad un miglioramento della condizione complessiva, e poi  giocoforza la civiltà dei consumi successiva agli anni Cinquanta-Sessanta ha investito e condizionato alcune sedimentate consuetudini del mondo rurale. Riguardo all'antica e apparentemente atavica fame dei contadini, bisogna comunque ricordare che fortunatamente il loro regime alimentare trovava stratagemmi per aggirare rischi concreti di inedia. Eterne pratiche di sussistenza aiutavano nei momenti di maggiore difficoltà e crisi. E' sufficiente ricordare quanto, ad esempio, riuscisse ad essere più ampio lo spettro del commestibile grazie ad un'infinita ed inconsapevolmente enciclopedica conoscenza di tutte le erbe e le piante, che frequentemente rientravano nella preparazione di piatti (conoscenze botaniche e dietetiche ormai pressoché scomparse e dissepolte a fatica dagli studiosi).

 

Pubblicato il: 04/10/2004

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