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Chi sono e cosa fanno i volontari di Emergency giunti ad Orvieto

Chi realizza il tappeto, lo firma anche. Una targhetta di stoffa sul retro, 5-6 firme, tutte di donne, sigla il prodotto che poi dall'Afghanistan, arriva in Italia, via mare, per essere venduto. Il ricavato va, sottoforma di salario, alle artigiane che lo hanno ideato e realizzato. Poco più di una decina ogni mese i tappeti che, per ora, giungono nel nostro paese, la cui produzione permette ad una quarantina di donne della provincia di Anabah, nella valle del Panshir, di mantenersi. Accanto alle firme delle produttrici, i tappeti, con tanto di data, riportano anche un logo, quello di Emergency (la rossa E, cerchiata e stilizzata, su fondo bianco), l'associazione di volontariato, fondata dal medico Gino Strada, che da un anno promuove questo progetto chiamato 'Carpet factory'.

 Il progetto sociale in Afghanistan è uno delle decine di iniziative che l'organizzazione, che quest'anno celebra il decennale, realizza nel mondo e di cui si dà documentazione, anche fotografica, ad Orvieto dove oggi si è aperto il terzo incontro nazionale dei volontari dell'associazione. Emergency gestisce nel mondo 10 ospedali per le vittime della guerra e 65 i posti di primo soccorso; quattromila i volontari. In Italia promuove la cultura della pace nelle scuole e fa raccolta fondi; si sostiene con fondi privati, lo scorso anno il suo fatturato è stato di 17 milioni di euro. In 10 anni ha curato un milione di persone. 1.500 i volontari che partecipano da oggi, fino a domenica 26 settembre, alla manifestazione di Orvieto.

 Dalla quale e venuto un nuovo e deciso no alla guerra. «Fuori l'Italia dalla guerra» recita uno striscione ben visibile ai visitatori dell'iniziativa. «Carpet factory' racconta un'operatrice di Emergency, Anna Peresano, milanese di 37 anni, da 5 al lavoro con l organizzazione e da poco rientrata dall'Afghanistan ha appena un anno. La vendita dei tappeti permette di pagare i salari delle donne che utilizzano gli strumenti locali per realizzare il prodotto. Le artigiane, per lo più vedove, seguono un corso di formazione iniziale e poi con il loro lavoro possono mantenere se stesse e le loro famiglie. La vendita per il momento è possibile solo a Milano ma vogliamo aumentare i punti dove sarà possibile acquistare i tappeti, anche in vista di un ampliamento del progetto e della stessa produzione di tappeti».

 Anna sottolinea la sua attività in una zona dove «la vita è ferma a 150 anni fa, dove le case sono fatte di terra e di paglia, ma che registra la presenza di un ospedale di Emergency, quasi un miraggio, per il livello medico-sanitario, in quel contesto». «Sono stata lì un mese, quest'estate racconta la donna e il mio passatempo preferito era mettermi all'entrata dell'ospedale, dove c'è appunto l ufficio di 'Carpet factory', e guardare la faccia della gente che entrava. Mi divertivo a vedere la loro meraviglia, persone che mai nella loro vita hanno visto una mattonella o, a fronte di tanta polvere, una stanza pulita.

 Ecco, cosi si riesce a vedere la concretezza del nostro lavoro, un attivita che puoi fare solo se ami la vita». Anna, una passione per il teatro e per il volontariato che svolge da anni, segnala una curiosità che dà l'idea dei cambiamenti culturali nel paese. Le donne che devono partorire, abituate a farlo in casa, si rivolgono sempre più spesso all'ospedale di Emergency. Apprendono della struttura durante i matrimoni quando possono stare, diversamente dalle consuetudini, con altre donne e parlare fra loro. «Ho assistito ricorda Anna al parto di una donna che accovacciata a terra durante il travaglio ha chiesto poi alla fine di essere messa sul letto. Un comportamento molto diverso dalle nostre donne che sono invece tutte prese a partorire in modo alternativo ».

Gino Strada ha confermato che l'associazione non intende andar via dall Iraq («è fuori discussione») e che nel futuro si concentrera su interventi per il sostegno dei diritti umani. Il prossimo anno, ad esempio, sara costruito un centro cardiochirurgico in Sudan. La presidente di Emergency, Teresa Sarti, ha difeso la promozione della cultura della pace. «C'è chi ci dice siete bravi a curare, che bisogno c'è di parlare? È il nostro vedere le vittime che ci legittima a dire cos'è la guerra. In realtà vorremmo essere disoccupati».

Pubblicato il: 25/09/2004

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