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Farmacia comunale dove? e se si ampliasse il suo ruolo? e se si chiudesse?

Il dibattito è stato innescato da Conticelli, che ha evidenziato le difficili condizioni in cui versa l'Azienda speciale. Si sono inseriti con un loro interventi gli amministratori della farmacia. Anche noi diciamo la nostra

foto di copertina

di Dante Freddi

Un locale di qualche decina di metri su via Garibaldi, poco prima dell'arco del palazzo comunale. Un piccolo banco, un negozio angusto, senza mobili intarsiati e vasi di ceramica colorati. Questa era qualche decina di anni fa la farmacia comunale di Orvieto.
Se in origine la missione delle farmacie comunali era assicurare gratuitamente i medicinali ai poveri del Comune ed offrire loro tutta la competenza tecnico-scientifica dell'epoca, ancora oggi l'obiettivo di tali aziende dovrebbe essere di natura sociale.
In molti casi ed in molte città alle tradizionali attività commerciali si sono affiancati i servizi di assistenza agli anziani, ai disabili, ai minori disagiati. E a questi impegni si è aggiunto quello di fornire elementi di educazione sanitaria per un corretto uso dei farmaci.

Così dovrebbe essere e quindi la presenza della farmacia comunale non dovrebbe costituire un'eredità"storica" da mantenere a qualsiasi costo, ma un servizio da valorizzare ulteriormente attraverso il potenziamento delle attività che esulano quelle esclusivamente commerciali.

La farmacia potrebbe entrare in una rete di servizi sociali e sanitari più vasta e le competenze della società che la amministra potrebbero arrivare alla gestione di servizi diversi, oppure la"Società per azioni Farmacia" potrebbe essere intergrata in più grande società di gestione di attività diverse, come avviene nell'àmbito privato.

Ma questo è un discorso impegnativo che vorremmo affrontare a"freddo", fuori dalle polemiche che stanno animando queste giornate agostane e che sono invece concentrate principalmente  su due aspetti:  la presunta crisi economica della farmacia e la possibilità di trasferimento della sede a Ciconia, ritenuto da alcuni un bacino commerciale con maggiori potenzialità.

Atteniamoci al tema.
Sulla rupe ci sono quattro farmacie e cinquemila abitanti, a Ciconia e allo Scalo c'è un bacino di oltre diecimila persone e due farmacie. Se un imprenditore facesse una ricerca di mercato per individuare la logistica di una simile attività è fuori dubbio che sceglierebbe Ciconia e non il Centro storico, dove la concorrenza è alta e la popolazione scarsa.

Ma si potrebbe anche rilevare che la popolazione del Centro storico è caratterizzata da un numero notevole di anziani, buoni clienti di farmacie e bisognosi di servizi collaterali, dalla misurazione della pressione a consigli sull'uso dei farmaci, ad un'assistenza generica. L'argomentazione non è ancora sufficiente, però, per legittimare la presenza della farmacia nel Centro storico, perché gli stessi bisogni hanno anche gli anziani di Sferracavallo o Scalo o Ciconia o Prodo o Morrano o Sugano.

Da un'analisi prodotta dal buonsenso e da qualche regoletta di marketing, ci sembra che la salvezza della farmacia comunale, qualora effettivamente si dimostrasse il suo bisogno di far pareggiare i conti, potrebbe risiedere nel trasferimento a Ciconia, dato che non sembrerebbe possibile, per motivi di contingentamento delle licenze, l'apertura di una seconda attività, che avrebbe potuto equilibrare economicamente eventuali  risultati negativi di una delle due sedi. 

E ancora, è necessaria una valutazione di fondo. Al di là dell'altisonante blasone di"Azienda speciale" presente nella ragione sociale della farmacia comunale, dal sapore accentuato di liberismo e di presunta efficienza operativa, ricordiamo che se venissero meno  o dovessero allentarsi i motivi assistenziali ed il ruolo sociale della sua presenza sul mercato, staremmo a parlare di un'attività economica esercitata da un ente pubblico in concorrenza con il privato. Allora il dibattito dovrebbe vertere sull'utilità della sua stessa esistenza.

Pubblicato il: 24/08/2004

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