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L'artigianato locale col fiatone

Sono finiti i tempi in cui la bottega era a servizio degli abitanti della città che oggi, per gli strumenti di uso quotidiano, scelgono la grande distribuzione. Per gli artigiani resta così a disposizione un mercato di settore debole per garantirne la sussistenza.

Economia

foto di copertina

di Stefania Tomba

ORVIETO - L'artigianato rischia di finire al museo. Il difficile momento che sta attraversando il settore del fatto a mano è esemplificato in maniera incisiva dall'evoluzione di quella che era la via degli Artigiani. Alcuni artigiani restano, o meglio resistono. Molti hanno chiuso. Che fine ha fatto il burattinaio Jimmy? E l'orafa?

A dir la verità - spiega Marina Salvadori, tessitrice al telaio, titolare su quella via del laboratorio Il crogiolo"  - è da tempo che chiediamo attenzione da parte delle istituzioni. I prezzi della produzione artigianale sono inevitabilmente più alti di quella industriale. Senza contare poi che subiamo la concorrenza del fatto a mano di importazione che, grazie al basso costo della manodopera, è in grado di mettersi sul mercato a prezzi più convenienti. L'artigiano locale non è tutelato né agevolato in alcun modo ed è considerato dalle istituzioni alla stregua del commerciante quando invece non è così a causa degli alti costi di produzione".

Insomma il mondo va veloce, i ritmi sono quelli della globalizzazione. Sono finiti i tempi in cui la bottega era a servizio degli abitanti della città che oggi, per gli strumenti di uso quotidiano, scelgono la grande distribuzione. Per gli artigiani resta così a disposizione un mercato di settore debole per garantirne la sussistenza.

L'artigiano - dice Patrìs, intarsiatore del legno, dalla sua bottega in via dei Magoni - è destinato sempre più a diventare un espositore che lavora ormai quasi esclusivamente con il turismo di qualità".

Il ragionamento sul turismo di massa è addirittura peggiore. Chiara Giacomini, titolare della Ceramica artistica" omonima in piazza del Duomo, ne fornisce una analisi precisa."Il turista che sceglie un souvenir ne fa esclusivamente una questione di prezzo. Non considerando minimamente né la qualità né tanto meno la tipicità del bene acquistato".

E così capita che una ceramica fatta a Deruta solo per il fatto che simula l'antica ceramica orvietana venga comprata come tale. La nascita del museo della ceramica potrebbe essere l'occasione per ridisegnare la mappa di un prodotto artigianale tipico che ad Orvieto non c'è più.

Il turista che viene ad Orvieto - prosegue Giacomini - pensa che tutto ciò che è esposto sia tipico e ne fa un unico calderone".

Alberto Bellini, produce terrecotte allaCorte dei miracoli"."Il momento è difficile per tutti, a maggior ragione per l'artigianato che appartiene al mercato del superfluo. C'è la necessità di progetti concreti per il rilancio del settore, specie quello della ceramica". La ceramica orvietana, infatti, potrebbe vivere un momento di ritrovata ricchezza quando otterrà, insieme ad altre 33 città italiane, il marchio di ceramica artistica tradizionale (Cat).

Certo che - prosegue Bellini - il fatto a mano nelle piccole botteghe si trova a competere sia con i grandi marchi che con la fretta della gente che poco bada alla qualità".

Pubblicato il: 07/08/2004

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