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Anziani, case di riposo e 'Villa Fiordaliso' di Monteleone. Milioni di anziani devono fare i conti con una nuova realtà sociale che li espelle dalla famiglia

La vicenda della casa di riposo di Monteleone, al di là dei fatti che accerteranno gli inquirenti, deve farci pensare ed immaginare soluzioni

Cronaca

di Dante Freddi

Domenica sera la gerente della casa di riposo “Villa Fiordaliso” di Monteleone è stata arrestata con pesanti accuse. Si parla di maltrattamenti e di violazioni amministrative. Il legale della donna dichiara che ha gli elementi per dimostrare l’innocenza della sua cliente.

Saranno i giudici a decidere, ovviamente. Noi possiamo soltanto confezionare una riflessione.

La casa di riposo “Villa Fiordaliso” di Monteleone è una delle migliaia di case, tra pubbliche e private, che ospitano anziani in Italia.

Ce ne sono 2 ad Orvieto e 6 a Castel Giorgio, 35 in tutto nella provincia di Terni.

Rispondono ad un’esigenza nuova. Gli anziani sono in Italia il 25% della popolazione e saranno il 30% tra vent’anni. La famiglia ha cambiato struttura e la figura di chi assiste il vecchio in casa non c’è più. Durante il giorno padre, madre e figli sono fuori casa e quindi l’anziano va nella casa di riposo, tanto più se non è autosufficiente. Lo stato e le regioni e i comuni si stanno organizzando per rispondere adeguatamente alla novità, sotto molti aspetti felice e sotto altrettanti problematica. Ciascuno, poi, li affronta con la propria sensibilità, che nasce da fondamenti culturali e dall’esperienza.

Gli anziani che vengono affidati o si affidano a queste strutture sono deboli, perché malati di malattie o di vecchiaia, sono impauriti, perché non conoscono il regime di vita a cui devono adeguarsi e sentono lo stacco dagli affetti e dalle abitudini, una delle poche certezze della terza età.

Spesso non ci sono altre soluzioni che la casa di riposo, che può anche essere un luogo positivo se si modifica la loro concezione e se non si permette che succedano fatti come quelli di Monteleone, al di là del merito specifico.

I controlli di questi istituti non dovrebbero avvenire su segnalazione di qualcuno, ma con sistematica continuità, perché lì c’è da difendere i deboli più deboli, i genitori di oggi, noi di domani.

Le case di riposo sono e saranno un business, ma devono offrire degli standard di accoglienza e di vita sociale “certificati”, altrimenti si ridurranno ad anticamera della morte. Non possono esser luoghi di isolamento, ma abitazioni poste dove pulsa la vita e dove l’anziano possa partecipare e contribuire.

Sarà il tema dei prossimi anni, ma anche di oggi, quando si dovrà discutere della caserma Piave e della ex Smef.

Pubblicato il: 23/01/2003

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