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NOTIZIE CORSIVI

Un codice deontologico del tutto personale nei tempi in cui conta di più lo strillo che la riflessione

Cronaca

di Giorgio Santelli

Indosso due magliette. La prima è quella del giornalista che dopo lunghissima gavetta si prepara a dare l'esame di accesso al professionismo. La seconda è quella di chi, ormai da tempo, difende il diritto al pluralismo, alla libertà d'espressione e al diritto di cronaca. Alla notizia non strillata ma approfondita. Alcune cose, di questa vicenda, mi lasciano perplesso. Colleghi pronti con taccuino e telecamera digitale ad aspettare la partenza delle 35 camionette, l'arrivo dell'elicottero e dei cento carabinieri con 20 cani cinofili pronti a 'ingabbiare' questi 26 pericolosissimi malviventi.

Diciamo che l'operazione Chaos di Orvieto potrebbe essere definita la prima operazione "in streaming" di controllo del territorio. Non critico l'operazione in sé. Giusta, anche se giunge a circa 4 mesi dalla chiusura delle indagini (mi chiedo perché). Giusta, anche se forse le è stata data una cassa di risonanza troppo ampia.

Per i giornalisti, per gli operatori dell'informazione locali, per i cronisti che si felicitano l'un l'altro per i buchi dati, si apre invece un momento di riflessione. A distanza di pochi giorni da quell'operazione, l'ex preside del Liceo Classico Enzo Lardani viene scagionato con formula piena dalle accuse di spaccio e consumo di stupefacenti.

All'epoca dei fatti il mostro fu sbattuto in prima pagina. Oggi meriterà gli stessi spazi? Riuscirà ad entrare nelle case di tutti coloro che lessero sulla stampa giudizi di colpevolezza?

Spostiamo l'inquadradura di nuovo sull'ultima vicenda. Quello che è stato detto dei 26 ragazzi arrestati... Se qualcuno di loro fosse scagionato dalle accuse con formula piena, chi potrà restituirgli la certezza di non essere colpito da sguardi di colpevolezza?

La deontologia professionale non c'entra nulla. Penso ad una cosa più semplice. Qualcuno la definisce sensibilità, qualcun altro la definisce "pelo sullo stomaco". In quest'occasione qualche cronista l'ha persa. Altri, come Giulio Ladi, hanno invece pensato a capire quello che stava succedendo senza pensare che un titolo strillato od una civetta accattivante potessero rappresentare la differenza tra chi è più o meno bravo. Fare del buon giornalismo è un'altra cosa.

Pubblicato il: 15/12/2002

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