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Così Carlo Ripa di Meana a proposito della legge sulla caccia al fringuello

Approfondimento

La lettera pubblicata su www.verdinumbria.org da Carlo Ripa di Meana nei giorni in cui il Parlamento stava approvando la legge nazionale che ha permesso l'apertura della caccia al fringuello. Era il 2 giugno 2002.

«Signor direttore - L'inciucio c'è, è grande come una casa; le ragioni invece, sono piccole piccole, per la precisione pesanti meno di 30 grammi. Tanto leggere sono difatti peppole, pispole, fringuelli, cardellini e altri piccoli uccelli migratori, protetti in Europa, a cui mira il disegno di legge del Governo n. 2297, che vuole affidarne lo sterminio alle regioni, grazie anche all'attivissima, compiaciuta collaborazione di Ds e Margherita. L'ultimo inciucio o se volete il nuovo accordo trasversale di inizio millennio è sulla pelle degli animali, consumato, ben inteso, con molta discrezione nel chiuso della commissione Agricoltura della Camera. Le prove di intesa tra Lega, An, Ds e Margherita sono andate benissimo, tanto è vero che si è votata la sede legislativa per concludere il provvedimento a tappe forzate in commissione senza neppure passare per l'Aula, luogo di nota, spesso sgradevole, pubblicità.
Ambientalisti, animalisti e Verdi possono pure sgolarsi in piazza - la caccia ormai non fa notizia. I Verdi si sono goduti il loro ostruzionismo al Senato, ora alla Camera il Regolamento è tiranno e non permette di tirare troppo la corda.
Tanta fretta e tanta discrezione hanno buone ragioni: questo disegno di legge che porta in pompa magna le firme di metà governo, dal presidente in giù, è in sostanza un regalo della maggioranza non solo a Veneto e Lombardia, patrie della arcaica uccellagione, ma soprattutto alle regioni rosse: che smaniano di sparare a fringuelli e peppole. Han sofferto, e come, ai tempi degli ecologisti al potere, ma ora liberi tutti chi li tiene più?
Per carità, nulla da togliere alla Lega, ben rappresentata dall'animoso e passionale Luigino Vascon, capitano di lungo corso di proposte di legge filo doppiette e fondatore - dicono - della "Lega per la Caccia". Occorre riconoscergli il merito di tenere in ostaggio tutta la maggioranza su un provvedimento molto imbarazzante come questo, soprattutto di fronte all'opinione pubblica italiana. Alle sue camicie verdi Vascon - lo intuiamo - ha promesso polenta e osei: messa fuori legge dieci anni fa per ragioni ambientali. Che la devolution sia allo spiedo e il federalismo alla cacciatora, è chiaro. Che il testo del disegno di legge sia incostituzionale, perché dà alle Regioni poteri che spettano solo allo Stato e che violi le direttive di tutela della fauna dell'Unione europea, è ancor più chiaro. Ma le vie della politica, si sa, sono altre. E' poi del tutto irrilevante che si tratti di piccoli uccelli insettivori, utilissimi all'agricoltura, e dunque incapaci di provocare qualsivoglia danno. Solo per sventare, appunto, eventuali danni all'agricoltura, alla zootecnia, alla salute, si può far ricorso, secondo la Direttiva europea, alle deroghe per l'abbattimento degli uccelli protetti, che sono comunque misure del tutto eccezionali e non possono mai avere un "fine ricreativo".
Forse, i Ds credono in un "momento di grazia", esuberanti calendari venatori delle regioni rosse, diessini ai vertici della potente Federcaccia, la speranza di acchiappare voti dall'esausto serbatoio venatorio, a cui peraltro intendono attingere An e Lega. I girotondi passano, le doppiette sparano.
Tace, benché sollecitato dai Verdi, il leader Rutelli, memore forse della tournée elettorale tra le doppiette in Toscana, immemore certo della non breve esperienza verde nonché - errore di gioventù? - di promotore radicale di referendum anticaccia.
Eppure, tutti, Casa delle Libertà e Ulivo, fan male i conti E' sorprendente in verità una buccia di banana come questa per chi di sondaggi dovrebbe intendersene, come l'entourage del presidente del Consiglio.
Una recente indagine d'opinione della People/Swg, infatti, afferma che l'87 per cento degli italiani è assolutamente contrario alla caccia ai piccoli uccelli protetti. Presidente Berlusconi, questo disegno di legge allora sarebbe proprio cosa da "padellari", tanto per usare un linguaggio popolare fra i cacciatori.
I quali, peraltro, non sono tutti favorevoli a una simile legge permissiva: solo le frange estremiste delle associazioni venatorie reclamano i piccoli uccelli nei loro carnieri mentre il resto delle doppiette è preoccupato, pensando alle accuse che da tutto il mondo arriveranno per aver trasformato l'Italia nel cimitero degli uccelli d'Europa.
L'età media dei cacciatori è avanzata. Nella maggioranza, ne siamo certi, sono tanti quelli che delle "cacce tradizionali" (dall'aucupio al tiro al fringuello), così impopolari in tutta Europa, non vogliono saperne. Cittadini, ma anche parlamentari. a cui vorremmo chiedere di far sentire la loro voce prima che sia troppo tardi e a farsi sentire siano solo le doppiette...
Per concludere questa squallida storia di politica italiana, due domande brevi: non sarebbe meglio per il governo mirare alto, vale a dire ritirare questo disegno di legge che ci farà perdere la faccia davanti all'Europa ed emanare, invece, una circolare alle Regioni che ricordi loro che esiste già la legge 157/92 a cui poter far ricorso per danni all'agricoltura eccetera?
La seconda domanda ai lettori del Foglio: la difesa della Natura e degli animali non è né di destra né di sinistra ma - come testimoniano i 18 milioni di italiani che nel giugno 1990 votarono sì al referendum abrogativo sulla caccia, annullato per il mancato quorum non è, forse, un principio di civiltà comune a tutti? Rimangono pochissimi i giorni perché ognuno provi a ricordarlo, magari con una telefonata e un fax, al premier Berlusconi e ai capigruppo alla Camera.»
Carlo Ripa di Meana

Pubblicato il: 20/01/2003

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