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Integrazione fra scuola, formazione e lavoro. Se ne è parlato ieri a Orvieto

Un primo seminario nell'ambito del '2° Forum del Mercato del lavoro'. Massarelli: «Un'occasione per verificare quanto fino ad oggi realizzato e per tracciare strategie su cui costruire idonee politiche attive per il lavoro».

Cronaca

di Redazione
Si è tenuto ad Orvieto il "2° Forum del mercato del lavoro" promosso dalla Provincia di Terni, che ha fatto seguito a quello tenutosi a Terni tra la fine di aprile ed i primi di maggio scorsi.
"Un'occasione - ha sottolineato l'Assessore provinciale alle "Politiche formative e del lavoro", Donatella Massarelli - che ha consentito di verificare quanto attuato nel territorio attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, sia pubblici che privati, e definire strategie e criteri su cui costruire lo sviluppo delle politiche attive del lavoro in una prospettiva a medio-lungo termine".

Il programma del Forum vede due seminari ed un convegno. Il primo di questi seminari si è tenuto ad Orvieto, nella "Sala dei Quattrocento" al Palazzo del Popolo ieri . Tema dell'incontro "Integrazione fra scuola, formazione e lavoro: è un tema ancora attuale? ".

Si sono analizzati i fabbisogni del mercato del lavoro locale per definire le priorità e, quindi, gli interventi che il servizio dell'Amministrazione provinciale, attraverso i "Centri per l'Impiego", intraprenderà su questo versante.

"Quello che si ricerca, con questi seminari - prosegue l'Assessore - è l'integrazione dei sistemi dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro al fine di disporre, tanto per l'utente che per l'impresa, di un insieme organico di opzioni di apprendimento, componibili in percorsi coerenti con i bisogni di crescita individuale e di sviluppo del sistema economico. A livello normativo - conclude la Massarelli - sono, infatti, proprio le Province gli Enti che hanno la maggiore responsabilità nel promuovere il capitale delle competenze sul territorio e nel supportare i processi di integrazione ad esso collegati. Il Forum di Orvieto, come quello di Terni, si può configurare come un "cantiere" in cui si incontrano vari soggetti e si incrociano vari interessi che vanno finalizzati e ricompresi in un unico impianto progettuale".

Sono ancora da stabilire le date in cui si svolgeranno il secondo seminario che verterà su "Servizi pubblici per l'Impiego" ed il convegno che avrà per argomento "Lo statuto dei nuovi lavori".


L'approfondimento

Da "Il Messaggero" di Sabato 14 Dicembre 2002

MA CONTINUA LA FUGA DEI CERVELLI

di LUCIO BIANCO *

I DATI di una ricerca condotta da uno studioso italiano che lavora in California allargano il quadro della fuga dei cervelli dal nostro paese. A quanto pare ad andarsene non sono solo i ricercatori, ma anche i laureati. Anzi, negli anni Novanta, il flusso degli italiani con laurea che si sono trasferiti all'estero è aumentato di quattro volte. Per avere il quadro completo, però, si deve tenere conto anche del dato opposto, cioè dell'arrivo in Italia di laureati stranieri. Il saldo tra questi due flussi risulta fortemente negativo: per ogni laureato straniero che arriva da noi, sette italiani se ne vanno via.
Si tratta di una situazione che fa inevitabilmente riflettere. Stiamo infatti perdendo quel capitale umano in grado di dare alla nostra economia una marcia in più. Oggi si parla di economia della conoscenza, dove a contare non sono solo i macchinari, ma soprattutto la qualità del personale. Laddove una volta servivano pochi laureati, qualche tecnico e molti operai, oggi servono persone con un alto livello di formazione. Se, negli anni Ottanta, un laboratorio di ricerca di una grande azienda aveva soprattutto macchine e presse, oggi ha dei computer e svolge gran parte delle sue attività sulla base di simulazioni elettroniche.
Offrire una ricetta per uscire da questa situazione è difficile. Il fatto che questi dati si riferiscano agli anni Novanta, dimostra che il problema non dipende dalla difficile congiuntura economica di questi ultimi mesi. Per questo bisogna rifuggire da spiegazioni superficiali. Secondo la mia opinione, solo un'analisi puntuale settore per settore della nostra economia, seguita dall'adozione di adeguate politiche, ci consentirà di risolvere il problema.
D'altro canto però il quadro della fuga dei cervelli ci dice anche qualcosa di positivo. I nostri laureati se ne vanno all'estero perché là sono apprezzati, trovano opportunità di lavoro e di ricerca. Quindi il nostro sistema formativo, sia le università che la formazione per la ricerca, funziona. E di questo devono tenere conto i nostri politici, soprattutto oggi che si è nel mezzo di un'importante riforma universitaria. Almeno fino ad ora gli atenei italiani sono riusciti a offrire un insieme di strumenti di analisi e di conoscenza molto validi, in grado di resistere anche al rapido processo di obsolescenza delle nozioni tecniche e scientifiche più particolareggiate. Perdere questa qualità sarebbe molto grave.
Proviamo però a restringere il quadro e ad esaminare in particolare la situazione dei nostri ricercatori. Il fatto che molti di essi vadano all'estero, magari solo per un periodo, non è certo un problema. All'estero si fanno nuove esperienze e si allargano le proprie conoscenze. Sono molti gli scienziati italiani che hanno vinto il Nobel per aver lavorato in altri paesi. Ma quanti sono gli scienziati stranieri che hanno ottenuto lo stesso premio per aver lavorato da noi? Nessuno. L'Italia infatti offre ben poche opportunità per fare ricerca. Eppure, se vogliamo rimanere competitivi come sistema paese, bisogna puntare sull'innovazione e sulla qualità del prodotto. Per ottenere questi risultati, il ruolo della ricerca pubblica è essenziale. Di più, è essenziale il ruolo della ricerca di base, l'unica che nel lungo periodo sia in grado di garantire le innovazioni più efficaci e rivoluzionarie.
Puntare solo ad un'applicazione delle conoscenze già possedute non è certo il modo migliore per garantire lo sviluppo del paese.

* Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Pubblicato il: 15/12/2002

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