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Carenza di personale. Il vero problema della sanità orvietana

«La regione Umbria deve avere il coraggio di chiudere gli ospedali fatiscenti». Il responsabile del Tribunale del malato di Orvieto, Gianni Mencarelli, apre l'inchiesta di OrvietoSì sulla sanità nell'Orvietano

Cronaca

«La Sanità orvietana è in convalescenza», sono queste le parole di Gianni Mencarelli. Iniziamo, infatti, con il responsabile del Tribunale del malato di Orvieto la nostra inchiesta sulla sanità del comprensorio. Un servizio di importanza primaria per i cittadini.

Perché considera in convalescenza la sanità locale?

Perché dopo una lunga malattia, durata fino a poco tempo fa, le aspettative degli utenti stanno per essere poste al centro dell’attenzione. Un servizio, infatti, si può definire buono quando soddisfa le esigenze degli utenti.

Cosa intende per lunga malattia?

Intendo che per la realizzazione dell’Ospedale di Santa Maria della Stella ci sono voluti trent’anni…Ed ora il problema è come gestire una struttura del genere.

In che senso?

Vede, il problema di fondo sta nella corretta programmazione dell’attività sanitaria regionale (che spetta alla Regione Umbria, ndr). O meglio nell’individuare delle strutture con le appropriate risorse (denaro e personale).

Forse vuole dire che in Umbria ci sono troppi ospedali e poco personale?

Voglio solo dire che dei 23-24 ospedali della regione, non tutti sono efficienti: a suo tempo è stata fatta, dal Tribunale per i diritti del malato, un’indagine secondo cui basterebbero 12-13 nosocomi, non più. Altrimenti dovrebbero essere a disposizione di queste strutture più dipendenti.

Quindi?

Quindi, senza cambiare (o minori ospedali o più personale, ndr), si va incontro al “giochino” della coperta corta: si realizzano magari dei servizi all’avanguardia ma la loro gestione non è ottimale per via della carenza di personale.

Ci sono degli esempi ad Orvieto?

Sì, è il caso della imminente apertura del servizio di risonanza magnetica: parte del personale dovrà essere ricercato tra quello esistente. In tal caso il servizio offerto alla utenza sarà sofferente già in partenza. L’insediamento della risonanza magnetica, infatti, è conveniente solo se funziona almeno 12 ore (diurne) al giorno: con il poco personale a disposizione questo diventa un problema. Ma è anche il caso della prossima apertura del servizio di terapia intensiva (rianimazione). E ancora, da quando è stato spostato nella nuova sede (a Ciconia, ndr), all’interno dell’ospedale sono stati ampliati gli spazi per le sale operatorie (da due di prima alle quattro di adesso) ma il personale è lo stesso. I ritmi ai quali si lavora adesso sono insostenibili.

Cosa dice al riguardo l’Asl?

L’azienda afferma che la Regione non autorizza nuovi splafonamenti sul personale (in altre parole non concede altri soldi per l’assunzione di altri dipendenti, ndr). E così un servizio in più si trasforma in un peso in più per la sanità. Con il risultato che i cittadini si trovano sempre più confusi.

Ci sono altri esempi?

Sì, il 118. Ci sono dei periodi in cui il servizio (parlo anche di Fabro) è scoperto. Non si può quindi gestire in questo modo la sanità; almeno si dica alla popolazione che in certe zone il servizio non è uguale a quello di altre.

In questo quadro il cittadino come si orienta?

Si orienta male. Anzi, si trova nelle mani di tanti soggetti non coordinati tra loro: esiste la medicina del territorio, il medico di base, il pronto soccorso, il 118, l’ospedale. Ossia tante strutture che finiscono per confondere il cittadino. Quindi, magari ci sono dei punti di eccellenza, ma c’è anche tanta confusione.

Come superarla?

Con una maggiore sinergia tra medici di base e strutture ospedaliere. Altrimenti ci sarà, ripeto, tanta confusione e tanta dispersione di energia e di risorse.

A chi è imputabile questa confusione?

Alla Regione Umbria, che ha il compito istituzionale della programmazione e, dunque, organizzazione della sanità regionale. In mezzo a questo caos ci sta il cittadino con i suoi problemi: e se andiamo a Terni o Perugia le attese e i disagi per gli utenti sono maggiori.

Per riassumere, il grande nodo della sanità orvietana - che è poi anche il problema dell’intera regione - è la carenza di personale.

Mencarelli critica la Regione che «dovrebbe individuare meglio le priorità e le esigenze effettive dei cittadini. Ad esempio spostando personale in abbondanza da certi ospedali e piazzandolo in strutture in deficit di uomini». Oppure cercando di «spendere meglio i soldi a disposizione», che sono pochi. E qui Mencarelli parla degli ospedali di Amelia e Narni che, per via della loro obsolescenza, dovrebbero essere sostituiti da uno nuovo da costruirsi a metà strada tra i due centri: «Non vedo l’utilità di questa realizzazione - polemizza Mencarelli -, vista anche la vicinanza dei due comuni da Terni». La Regione è l’obiettivo preferito del responsabile del Tribunale del malato: lo è in quanto depositaria della programmazione. «Programmare significa - puntualizza - stabilire gli obiettivi e le risorse: se queste ultime scarseggiano, si devono razionalizzare i servizi chiudendo le strutture meno efficaci e meno efficienti. In parole povere vanno eliminati gli ospedali che non stanno più in piedi e che non danno più certezze ai cittadini. Ci vuole questo coraggio, che in Umbria manca».

In conclusione Mencarelli riserva una critica anche a chi gestisce l’ospedale di Orvieto: «Perché riservare così tante attenzioni agli utenti non orvietani (circa il 30% dei servizi sono rivolti a pazienti di fuori regione, ndr) quando c’è carenza di personale?».

Pubblicato il: 14/01/2003

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