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I sì del vescovo ad una palombella di gesso e all'esame sul Corporale. Se la verità non fa paura

Come era prevedibile le dichiarazioni di monsignor Scanavino al nostro giornale hanno fatto breccia tra gli schieramenti di animalisti e tradizionalisti da anni in guerra a favore o contro una delle tradizioni più radicate nella storia di Orvieto. Ma non è la sola posizione del vescovo sulla palombella a far discutere. L'idea di sottoporre il santissimo corporale a degli esami fa tremare la Rupe

Cronaca

di Simona Coccimiglio

Scoppia in anticipo quest'anno la guerra della palombella.

Come era prevedibile le dichiarazioni di monsignor Scanavino al nostro giornale hanno fatto breccia tra gli schieramenti di animalisti e tradizionalisti da anni in guerra a favore o contro una delle tradizioni più radicate nella storia di Orvieto.

Ma non è la sola posizione del vescovo sulla palombella a far discutere.

L'idea di sottoporre il santissimo corporale a degli esami di autenticità fa tremare una parte della Rupe.

Quella più spaventata dalla verità e dai misteri di fede, quella che aveva individuato in Decio Lucio Grandoni, predecessore di padre Scanavino alla guida della diocesi, il proprio capofila.

Circa quattro anni fa il vescovo Grandoni si era infatti opposto all'eventualità di esaminare il sacro tessuto che avvolgeva il miracolo del Corpus Domini avanzata da alcuni ricercatori universitari presso l'università di Camerino.

Oggi, a quattro anni da quel rifiuto, l'opinione pubblica orvietana si spacca di fronte alle affermazioni del nuovo vescovo.

Ancor più coraggiose perché rivolte ad una comunità che ha sempre dimostrato di saper fare quadrato intorno ai propri simboli, soprattutto quando minacciati dall'esterno.

"Guardandomi bene dall'esprimere un giudizio religioso, afferma il sindaco Cimicchi, interpellato sulle dichiarazioni del vescovo, entro nel merito della questione della sostituzione della palombella da un punto di vista esclusivamente socio - antropologico.

La palombella, come del resto altri simboli e ricorrenze, sono segni della identità di una comunità.

In quanto tali io li ho sempre difesi.

È grave per una comunità perdere la propria identità ma il Medioevo è finito e le cose si evolvono, nel tempo e nella storia.

Siamo stati sempre disponibili ed aperti al cambiamento, soprattutto quando questo è il risultato del dialogo e del confronto.

Apprezzo la delicatezza dell'approccio di monsignor Scanavino ad una questione cittadina così sentita.

Su questo e su altri argomenti, conclude il sindaco, troverà sempre in me un interlocutore disponibile e attento".

"Per quanto riguarda l'esame del dna sul santissimo corporale - afferma don Italo Mattia, parroco del Duomo - posso dire che poco potrebbe aggiungere a quello che già si sa, e alla mia fede.

Su una palombella di gesso in sostituzione di quella in carne ed ossa per l'omonima festa ritengo che lo Spirito Santo è altra cosa rispetto ad un piccione di gesso o ad uno vivo.

Per cui, quale che sia il simbolo, l'importante è che aiuti a cogliere la sostanza del messaggio di fede.

In passato la querelle sulla palombella ha raggiunto toni esasperati.

Ricordo che alcuni anni fa il vescovo Grandoni propose agli animalisti che gli chiedevano di aiutarli a salvare la colomba dal trauma degli scoppi, di aiutarlo a salvare tanti feti dal trauma della morte.

Venne preso a male parole".

Pubblicato il: 09/04/2004

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