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Chi Volpone e chi Mosca?

Al Mancinelli la compagnia di Glauco Mauri porta in scena un Volpone strepitoso. Due personaggi che tessono inganni, che giocano a imbrogliare falsi adulatori. Ma il gioco si rivolta contro i suoi stessi creatori. Per sconfiggerli

Cultura

di Valeria Cioccolo

Il Volpone è un classico. Di quelli senza tempo, che non ti stancheresti mai di guardare. Ci sono, come da buona commedia, personaggi tipo, che inscenano i caratteri buoni e cattivi dell'uomo. Eppure a questi personaggi di Glauco Mauri e della sua compagnia ti affezioni. Ti appassiona il gioco divertente della finzione della malattia del Volpone (perchè si chiamerebbe così se non fosse maestro di inganni?) che, grazie ad essa, e soprattutto alla complicità del fedele (?) servitore Mosca, si prende gioco di cacciatori di eredità (che non per nulla hanno i soprannomi di uccelli rapaci: Cornacchia, Corvo e Avvoltoio). Segui le vicende dei due protagonisti che si fanno beffe di tutti senza pietà, arricchendosi con questi trucchi e arrivando a mascherarsi da ciarlatani per lo sguardo della bella moglie del mercante-cacciatore"Avvoltoio". E soprattutto ti affascina lui, il servitore, parassita, personaggio senza tempo, Mosca. Seduce con lo sguardo e le parole, si insinua nei cuori tanto da far ripudiare ad un padre suo figlio o rendendo consenziente un marito a prostituire la sua stessa moglie. E perché? Per l'oro, la ricchezza, il denaro. Non per nulla Volpone all'inizio ce lo dice. Egli stesso in realtà ne è soggiogato, ci dorme sopra, come un Paperone ante litteram si bea della propria ricchezza che, come lui stesso afferma, può tutto, comprare gli uomini, corromperli, farli parlare, umiliarli, far loro disconoscere i propri affetti. E la storia gli dà ragione. I buoni questa volta (Bonario e Celia) sembrano sconfitti, la stessa giustizia, ingannata dalle pompose parole dell'avvocato"Cornacchia" li condanna. Volpone vince. Ed è pronto a ricominciare. Mal'ultimo inganno lo tesse per se stesso. Il falso testamento a favore del servo che lui crede fedele è la sua sconfitta. I parassiti, coloro che lo vogliono morto sperando di essere suoi eredi sono costretti a fuggire vinti, messi di fronte alle proprie meschinità. Ma Volpone stesso dovrà andarsene dalla propria casa, rinunciare alle ricchezze su cui si è seduto, soprattutto dovrà riconoscere di essere stato superato dal suo allievo. Un truffatore truffato. Ma chi, alla fine rimane veramente solo, chi pur sembrando vincitore non avrà nulla è proprio Mosca. Prende l'oro ma perde tutto, forse anche la propria anima, un Dorian Grey che avendo amato solo se stesso, non troverà pace. E la luce illumina sulla scena finale il volto di un uomo che non sembra nemmeno più tale.

Una notazione per le belle scenografie, essenziali, ma nello stesso tempo coloratissime, sfarzose, perfette per accompagnare non solo le vicende, ma anche per sottolineare i caratteri degli stessi personaggi. Ugualmente perfetta la musica, che interviene a sdrammatizzare o a sottolineare i momenti salienti delle scene. Eccellenti non solo i due protagonisti, Glauco Mauri e Roberto Sturno, ma a tutta la compagnia a cui va il merito di aver reso vivo e attuale il testo di Ben Jonson.

Pubblicato il: 09/02/2004

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