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E se anche il 'clochard' fosse un uomo?

Ping pong #24 Sarebbe un bel salto se il dolore per il dolore del prossimo almeno ci servisse per fare il possibile, ciò che è alla nostra portata, e comunque per non girare mai la testa dall'altra parte. Magari, se non fosse troppo faticoso, anche senza giudicare

foto di copertina

"Chiamiamolo clochard, così possiamo fare finta che venga da un altro mondo e ci sentiamo meno in colpa. Ma se uno muore assiderato davanti alla stazione ferroviaria di Fabro, e nessuno si accorge di quella morte, e quando se ne accorge magari dice che quel tizio se l´è voluta; chi glielo ha fatto fare di stare al gelo, quando magari poteva stare al caldo in qualche casa amica, e magari prendersi un cioccolato bollente con la cannella. [] Aveva i documenti in regola, la vita forse no: ma all´ordine interessano i documenti delle persone, non la loro vita. Non voglio dare la colpa a nessuno di preciso, ma a tutti nella loro disumanizzazione che è anche mia. Qualche giorno fa i miei trentacinque lettori hanno avuto modo di conoscere il mio dolore sincero per la morte di Nerone. Lo stesso dolore che mi ferisce a questa notizia di un morto di freddo. Il freddo che lo ha ucciso è stato il freddo di una notte fredda. Ma è stato anche il freddo di questa nostra disumana freddezza. Quando un uomo è solo, per scelta o per destino, tutti noi siamo soli, separati, divisi: e per colpa o per dolo". (Da un corsivo di Fausto Cerulli su OrvietoSi del 20 febbraio 2012)

«Vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, curare gli ammalati, consigliare i dubbiosi, consolare gli afflitti». Mi tornano alla mente opere di misericordia corporali e spirituali che la Chiesa ha estratto dagli insegnamenti di Gesù, soprattutto dal Discorso della Montagna. Le opere di misericordia dovevano e dovrebbero essere ancora il vademecum non solo del buon cristiano, ma di ogni persona buona. Con esclusione dell'ultima opera di misericordia, pregare Dio per i vivi e per i morti, che non può essere proposta a chi non crede in nessun Dio, e l'altra, tipica del cristianesimo, perdonare le offese ricevute.

È sconfortante per il cristiano constatare che in una società permeata di cristianesimo da duemila anni possano accadere fatti come quello che scandalizza e commuove Fausto Cerulli. Il vero cristiano si vergogna della pochezza della sua fede e amaramente gli sovviene lo sconforto di Gesù: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Al non cristiano poco importa di quel che ha detto Gesù, ma resta il fatto che si vergogna esattamente come il cristiano. Fanno eccezione quei cristiani e quei non cristiani che sono convinti che la colpa è tutta della società o di un classe o di chi comanda. Fausto Cerulli, che perde poche occasioni per proclamarsi comunista e miscredente, dà qui una lezione di umanesimo che vale anche per i cristiani.

Fausto mi perdonerà se lo uso per sostenere, in accordo con le più recenti teorie evoluzionistiche, che nel DNA degli esseri umani c'è non solo l'egoismo, come nelle altre specie animali, ma anche la solidarietà, l'empatia, la cooperazione e la collaborazione. In altri termini, c'è l'amore disinteressato, c'è la facoltà di scegliere il bene, che le altre specie non hanno raggiunto. Uno scienziato, Michael Tomasello, ha creato una serie di test adatti sia agli scimpanzé (la specie il cui DNA più assomiglia a quello dell'uomo) che ai bambini. È risultato che i bambini, già in tenerissima età, hanno un comportamento collaborativo e condividono le informazioni, a differenza degli scimpanzé adulti. I bambini sono pronti a condividere informazioni e cibo con estranei; gli scimpanzé generalmente non offrono cibo, neppure alla prole. La tesi è che l'uomo si è mentalmente differenziato dagli altri primati e che la cooperazione è una qualità innata che viene intenzionalmente esaltata nelle varie culture.

Ecco perché il problema della solidarietà attraversa le fedi e le culture. Quindi si può dire, sia da un punto di vista religioso che laico, che quel che è accaduto alla stazione di Fabro è anche colpa del prossimo, cioè di chi era vicino e non ha fatto tutto quello che poteva, così come noi tutti non facciamo per i nostri prossimi tutto il bene che potremmo e dovremmo fare.

C'è anche una colpa delle autorità, che non sono esentate dal dovere della carità e che, per di più, sono dotate dalla collettività di mezzi per interventi concreti, anche costosi e pesanti.

Le autorità non possono supplire alla carità di tutti, ma organizzarle con mezzi, metodi e disciplina idonei, è azione doverosa e caritatevole. Con questo sono arrivato a dire che anche la politica vera è amore.

E adesso passo la palla a Franco che sa meglio di me come la politica sia amore ma anche odio, costruzione ma anche distruzione, impegno ma anche ignavia, altruismo ma anche egoismo.

Pier Luigi Leoni 

Già, quello che dice Pier Luigi è vero: ho conosciuto da vicino (nel senso che l'ho subita) la cattiva politica, quella che trasforma l'avversario in nemico e cerca di annientarlo in tutti i modi per miserevoli disegni di convenienza personale. Però spesso (quando ci sia dato di continuare ad esserci) basta aspettare con pazienza, perché il tempo è galantuomo , e talvolta, a dispetto di un purtroppo giustificato scetticismo, si può veder trionfare anche la giustizia, come ad esempio dimostra la sentenza della Corte dei Conti di questi giorni su RPO. Su questo posso dire (ed è un motivo di conforto a fronte dell'amarezza di aver dedicato all'idea di una buona politica i migliori anni della mia vita senza vederne i frutti) che non ho dimenticato nulla ma non ho odiato nessuno, sono sempre riuscito a guardare avanti e ad agire pensando con la testa e non con la pancia.

Dunque so che non necessariamente, anche in situazioni di estrema durezza, di scontro di posizioni e di interessi, debbono prevalere invidia, rancore e odio. Possono invece guidarci sentimenti positivi riconducibili all'amore quando riusciamo a controllare le nostre pulsioni negative mediante l'uso di quello straordinario strumento che ci distingue in quanto esseri umani che è la ragione. Se in un atteggiamento di questo tipo si può dire che vi sia in senso lato amore, allora anche io sono autorizzato a ritenere di aver fatto politica con amore.

Il fatto è che poi non siamo e non possiamo ritenere di essere santi, per cui nella nostra quotidianità spesso non riusciamo ad essere coerenti, nonostante magari sappiamo o crediamo di sapere ciò che è giusto e ciò che non lo è, sia per istinto che per formazione. E così ci capita di avere atteggiamenti e comportamenti contraddittori nelle diverse situazioni, ci capita di essere attenti ai bisogni di chi ci è lontano e di chi abbiamo appena incontrato e di non esserlo a quelli di chi ci è e ci sta vicino, o viceversa di dedicarci alla nostra cerchia ristretta e di ignorare il mondo che ci circonda.

Lo so, sto ripetendo che nell'uomo tutto è possibile. Su questa dimensione dell'esistenza molto è stato scritto e penso che almeno alcune riflessioni sarebbe utile tenerle a mente. Ad esempio quella del filosofo danese Søren Kierkegaard che, rilevando come "nel possibile tutto è possibile", scopre qui l'origine dell'angoscia quale dimensione fondamentale dell'uomo nel mondo. O quella dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, che nel suo meraviglioso ultimo romanzo, "I fratelli Karamàzov", afferma che "se Dio non esiste, tutto è permesso", i limiti si annullano e le nefandezze possono trionfare. In termini più banali potremmo dire così: poiché non possiamo non vivere nel mondo, tutto ciò che nel mondo accade ci riguarda, che lo vogliamo o no; e se nel mondo scompare ogni principio che ci faccia distinguere il bene dal male, non solo saremo immersi nell'angoscia quale spia di un'esistenza di per sé inadeguata, ma saremo condannati a vivere in una dimensione disumanizzata, peraltro senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Se non abbiamo criteri per distinguere le nefandezze, non ci saranno più nemmeno le nefandezze, ma solo perché non le sapremo distinguere dalle azioni di generosità verso il prossimo. Sembrano ovvietà, ma non lo sono affatto, tante e tanto preoccupanti sono le occasioni in cui possiamo constatare che l'indifferenza ad ogni principio è così diffusa che abbiamo l'impressione che ormai manca solo che venga elevata a principio.

Sia Kierkegaard che Dostoevskij ritenevano che la salvezza potesse essere solo la fede. Però andrebbe aggiunto, e sono d'accordo con Pier Luigi, che per avere il senso del limite e seguire sani principi di etica pubblica e privata non è necessaria l'adesione ad una fede religiosa, perché basta la fede nella sacralità della vita o in altre parole l'amore per l'umanità come tale, indipendentemente da come i singoli individui in effetti sono. Fausto Cerulli ce ne fornisce un bell'esempio, e non solo con quello che ha scritto a proposito del "clochard" morto a Fabro in una gelida notte di questo gelido inverno.

Noi non possiamo evitare il morso dell'angoscia ogni volta che ci rendiamo conto di essere inadeguati, insufficienti, contraddittori. Ma sappiamo anche che non arriveremo mai a fare quello che pure sappiamo sarebbe necessario fare. Per questo con il tempo mi sono convinto che sarebbe un bel salto se il dolore per il dolore del prossimo almeno ci servisse per fare il possibile, ciò che è alla nostra portata, e comunque per non girare mai la testa dall'altra parte. Magari, se non fosse troppo faticoso, anche senza giudicare.

Franco Raimondo Barbabella


Ping Pong è la rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 

Questa è la puntata n°24

Pubblicato il: 27/02/2012

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