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Sfigati e secchioni

Ping pong #23 "Per riformare la realtà, meglio il pensiero e l'azione coerente con il pensiero che le sparate sui media per la gloria di un giorno. Soprattutto se per fortunate circostanze si fa il vice ministro"

foto di copertina

"Se vogliamo invertire il trend dell'occupazione, innanzitutto dell'occupazione giovanile, dobbiamo cominciare a riconquistare posti di lavoro, uno per uno. Dobbiamo fare lo sforzo di dare ai giovani dei messaggi veri, tipo: «se a 28 anni tu non sei ancora laureato sei uno sfigato; se a 16 anni tu scegli di lavorare o di fare un istituto tecnico professionale e decidi di farlo bene: bravo!» E se tu non fai e stai li a dire: «Hai sbagliato», come accade spesso nei confronti dei secchioni - e ora faccio parte di un governo strano, così lo ha definito il Presidente del Consiglio Mario Monti, o comunque di secchioni -  beh! È  il caso di dire che essere secchioni tutto sommato non è male, perché almeno si fa qualcosa". (Da un intervento del 24 gennaio 2012 del prof. Michel Martone, vice ministro del ministero del lavoro e delle politiche sociali).

La dichiarazione di Michel Martone ha provocato un pandemonio: si sono offesi i giovani e si sono trovati in imbarazzo gli anziani. Martone avrebbe dovuto precisare (come poi è stato costretto a precisare) che non ce l'aveva con quei giovani che tardano a laurearsi perché non hanno soldi o perché lavorano, ma ce l'aveva con quelli che, mantenuti dalle famiglie, battono la fiacca. Ma il senso della frase era chiarissimo. Solo che gli Italiani sono un popolo di eroi, di santi (non più di navigatori, a causa Schettino) e di permalosi. Martone non ha ancora imparato il linguaggio dei politici, che lisciano il pelo a tutti, si preoccupano di non offendere nessuno, compresi i fannulloni e gli sfigati. Perfino la rara, rarefatta e algida ironia dl Mario Monti urta la suscettibilità di qualcuno.

Ma stando a quel che scriveva Martone quattro anni fa, quando, a 34 anni, era già titolare di cattedra universitaria, egli è uno che conosce bene la genesi del dramma giovanile e sa dare ai giovani anche l'unico consiglio utile: impegnarsi in politica; perché, come diceva Talleyrand, se non vi occupate di politica, sarà la politica a occuparsi di voi.

Lasciamo la parola al giovane professore.

Viviamo in un sistema ammalato di egoismo generazionale. Nel quale i privilegi dei padri vengono pagati con il futuro dei figli, sul quale grava il terzo debito pubblico del mondo. [] Le colpe sono di un'intera generazione che prima ha preteso diritti che non si poteva permettere e poi ne ha scaricato il costo sui figli. [] Agli inizi e fino alla fine degli anni '60, le riforme erano buone e belle o meglio giuste perché servivano a riconoscere a tutti i diritti che la costituzione prometteva ed erano finanziate con il prelievo fiscale. Operazione che in quel momento di sviluppo economico non creava particolari problemi, perché il Pil cresceva e con esso il gettito fiscale. I problemi sono cominciati negli anni '70, quando, con la contestazione sociale e la crisi energetica, è cominciata la stagnazione economica. Perché per finanziare le leggi previdenziali, quelle sull'equo canone, sulle Regioni, sul sistema sanitario nazionale e tante altre, sono aumentate le tasse che a loro volta hanno ulteriormente compresso l'economia. Ha così preso il via un perverso circolo vizioso che ben presto ha portato la pressione fiscale come l'inflazione a livelli intollerabili. Ma poiché l'appetito vien mangiando, i nostri padri, cattolici o comunisti che fossero, hanno continuato a concedersi diritti. E, per finanziarli, hanno deciso [] di finanziare le riforme con il debito pubblico, scaricando così il costo dei diritti dei padri sulle nuove generazioni. [] Così, dato che il lupo perde il pelo ma non il vizio, si è andati avanti nel corso degli anni '80, con i baby pensionati (con solo 19 anni di contributi versati alle spalle e 40 di prestazioni pensionistiche davanti) e le clausole oro. Finché il debito pubblico non è diventato il terzo del mondo e non è arrivata l"Unione Europea che, per fortuna, ha posto fine a questa spirale perversa [] Così il gioco è diventato un gioco a somma zero, anzi a somma negativa perché il paese era ormai drammaticamente indebitato. Un gioco tragico nel quale se si vuole riconoscere un diritto a qualcuno è necessario toglierlo a qualcun altro.[] La politica, di fronte ad un compito tanto difficile, ha ben presto perso il coraggio di decidere.[]

È  tornata di moda la concertazione. [] Si tratta di una trattativa che si svolge in stanze chiuse, tra il governo e alcune parti sociali ma ha ad oggetto i diritti di tutti, anche quelli dei giovani che però non sono mai stati fatti sedere al tavolo. Così quando si è trattato di ridurre i diritti, [] i padri invece di ridurre i diritti di tutti hanno preferito ridurre solamente quelli dei figli. []  È  quindi con il pacchetto Treu, prima, e con la legge Biagi, poi, che, invece di rimodulare le tutele di tutti, hanno scaricato tutta la flessibilità richiesta dal mercato sui nuovi assunti. []

Nel mercato del lavoro si proteggono, con l'art. 18 e l'inamovibilità di Stato, i cinquantenni fannulloni e assenteisti mentre si condannano i più giovani a barcamenarsi tra stage, contratti di inserimento, contratti a termine, co.co.pro., job sharing, job on call e tanti altri. [] Contratti di lavoro flessibile con retribuzioni ben più misere dei lavoratori con il posto fisso, che per la nostra generazione non esiste più. Contratti che non consentono di fare un mutuo e neanche di pagare un affitto, per andare a vivere da soli, finalmente indipendenti e lontani dalle famiglie di provenienza. [] Ma perché si cominci a fare riforme generazionalmente compatibili è necessario che i giovani smettano di lamentarsi e comincino a riflettere sulle loro colpe. E soprattutto sulla loro ignavia. Il welfare nazionale è potuto diventare tanto egoista anche perché i giovani guardavano da un'altra parte, si disinteressavano della politica. Come dimostra la sessantottina epopea dei padri. Loro hanno avuto tanto anche perché hanno trovato il coraggio di impegnarsi, noi rischiamo di perdere tutto perché ci siamo addormentati davanti alla televisione. Per questo è indispensabile che le nuove generazioni tornino alla politica.

Mi sono lasciato andare a questa lunga citazione perché rispecchia il mio modesto modo di vedere, maturato in una vita di lavoro trascorsa nel pubblico impiego, scelto per passione, dato che quando compii gli studi da "secchione", molti anni fa, avevamo davanti molte più prospettive di quelle che hanno i giovani di oggi. Nella mia vita di lavoro ho sofferto per la tenacia  e la faccia tosta con cui i sindacati difendevano i fannulloni. Avevo studiato che i sindacati erano nati per tutelare i lavoratori dalle prevaricazioni di quella che, nel rapporto di lavoro subordinato, è la parte più forte. Ho invece avuto a che fare con sindacati che tutelavano una burocrazia forte contro uno Stato debole. Quindi ben venga l'invito ai giovani a occuparsi di politica, anche perché solo loro possono imporre la revisione dei cosiddetti "diritti acquisiti", che sono la causa dei loro guai. Quando vedrò potare i diritti acquisiti, compresi i miei, sarò contento perché i miei figli non potranno che beneficiarne.

Ma, delle affermazioni del prof. Martone, una la prenderei con le molle: quella che riproduce lo stereotipo del giovane che non può permettersi di contrarre un mutuo per comprare una casa o pagare l'affitto per rendersi indipendente. L'aspirazione dei figli a metter su famiglia e a rendersi indipendenti, anche logisticamente, è legittima e rispettabile, ma non va presa come una legge naturale, bensì come un fatto culturale. È legge di natura per gli animali che i genitori smettano, a un dato momento,  di accudire i figli e che i figli dimentichino i genitori. Gli uccelli beccano, qualche volta fino a ucciderli i figli che non riescono a volare. Negli esseri umani l'amore reciproco tra genitori e figli dura normalmente per tutta la vita, così come quello tra nonni e nipoti e anche tra altri congiunti meno stretti. Le case ampie abitate da vecchi possono essere il frutto di una sana indipendenza. Ma quante volte sono il frutto di convergenti egoismi? Quando vedo giovani mamme che caricano i bimbi in macchina per portarli alla nonna, una nonna da sfruttare fino alla morte, o al ricovero in ospizio, o all'umiliazione di essere badata da un'estranea, e quando penso alle famiglie rurali, ma anche cittadine, in cui siamo nati e cresciuti quelli della mia generazione, mi si stringe il cuore e mi accorgo che sono vecchio e, con tutti i privilegi di cui starei godendo a danno dei giovani, non mi sento né furbo né felice.

Lascio a Franco, che in questa materia sicuramente ci sguazza, considerazioni più preziose delle mie.

Pier Luigi Leoni

 

Ci siamo occupati di problemi del pianeta giovani diverse volte, ad esempio nel n. 81 (2 maggio 2011) di "A destra e a manca" e in Ping Pong qualche settimana fa. Si trattava di temi tutti importanti, ma particolari. Questa volta invece sul tavolo ci sono questioni di fondo, e si toccano corde che non possono non suscitare reazioni forti. Anche la mia perciò lo sarà, non tanto perché questo è un ambito che mi è particolarmente familiare e caro, quanto perché su temi come questi chiunque se ne occupi ha il dovere sia della sincerità che della costruttività. Il motivo è nel contempo semplice ed essenziale: si discute del futuro della nostra società; non solo, ma qui i padri davvero non possono barare, perché c'è di mezzo la vita dei propri figli, anzi, di tutti i figli, anche di quelli che non sono propri. E allora vediamo di dare questa direzione alla palla che mi ha lanciato con tanta forza e abilità Pier Luigi.

Dico subito che ci sono aspetti del suo ragionamento che mi convincono, a partire da quello più importante: la convinzione che i giovani debbono impadronirsi del loro futuro e quindi occuparsi di politica, per l'elementare ragione che se non lo fanno loro lo fa la politica senza di loro. Ma condivido ovviamente anche il fastidio e la condanna sia per chi ottiene ruoli e incarichi senza merito, sia per la difesa dei fannulloni dovunque si annidino. Perciò potrei farla davvero breve, giacché ciò che dice il vice ministro Michel Martone non è sbagliato se lo si prende solo come uno stimolo ai giovani a studiare, a darsi da fare, a rapportarsi al mondo del lavoro con creatività ed elasticità nel senso di cercarlo dove c'è e di orientare in tal senso anche i percorsi di studio. Ma qui faccio punto e passo ad altro.

Dò per scontato che chi lancia messaggi a mò di stimoli predicatori, soprattutto se diretti ai giovani (se non altro perché su questo terreno emerge meglio la propensione a lanciare quelli risolutivi di saggezza universale), è sincero: lo era certamente Padoa Schioppa con l'invito a non fare i "bamboccioni", lo è senza alcun dubbio Martone con la condanna degli "sfigati" e l'esaltazione dei "secchioni". Il fatto però è che è difficile digerire atteggiamenti predicatori, soprattutto perché troppo spesso minati da un forte sospetto di ipocrisia. Vediamo più da vicino e partiamo dai fatti. Ne cito i tre che ci interessano:

1.    Dopo che il Presidente del Consiglio Mario Monti aveva detto a Matrix "Il posto fisso non esiste più. I giovani si abituino all'idea di non averlo più a vita. E poi, diciamolo, che monotonia! È bello cambiare e accettare sfide", il Ministro del welfare Elsa Fornero ripete: "Uno degli scopi di questo Governo è spalmare le tutele su tutti, non dare a tutti l'illusione di un posto fisso a vita. E chi oggi promette un posto fisso a vita promette facili illusioni";

2.    Il Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri interviene a sostegno e dice: "Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città, di fianco a mamma e papà";

3.    Infine, il Vice ministro Michel Martone, rincalza e sviluppa il concetto con l'intervento che è ampiamente riportato da Pier Luigi.

Lo ripeto a scanso di fraintendimenti: in queste affermazioni c'è certamente del vero; non solo, ma non dubito nemmeno che tutti i protagonisti siano animati da intenti sanamente riformatori, per farci uscire stabilmente dalla crisi allineandoci alle migliori esperienze europee e mondiali. Inoltre, non sono certamente condivisibili le reazioni acritiche a difesa dei giovani ritenuti sempre e comunque incolpevoli, e quindi sostanzialmente incapaci di responsabilità. Però, insisto, non mi piacciono gli atteggiamenti predicatori, perché il rischio di non essere credibili è troppo alto, come quando ad esempio si sia in presenza di carriere fulminanti in circostanze particolarmente fortunate.

Concludo. Mi sembra troppo facile dire sfigati ai giovani che non riescono a laurearsi prima di 28 anni, così, senza alcun riferimento alle condizioni generali e particolari che ne possono spiegare la ragione. Per contro mi sembra più interessante e produttivo riflettere su affermazioni come queste: «La disoccupazione giovanile in Italia è causata da molti fattori tra cui la segmentazione del mercato del lavoro e un sistema squilibrato di sostegno alla disoccupazione che ha creato diseguaglianze tra le generazioni» (Commissione europea); «In Italia persiste tuttora un sottofondo culturale che vede in contrapposizione otium e negotium; ovvero, non si è ancora instaurata la consuetudine di preparare i giovani al mondo del lavoro. Pensare al percorso di studi, anche in termine di risultati e opportunità, da noi, spesso, è un tabù» (Gianni Zen, Dirigente del liceo Brocchi di Bassano del Grappa). Insomma, per riformare la realtà, meglio il pensiero e l'azione coerente con il pensiero che le sparate sui media per la gloria di un giorno. Soprattutto se per fortunate circostanze si fa il vice ministro.

Franco Raimondo Barbabella


Ping Pong è la rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 

Questa è la puntata n°23

Pubblicato il: 20/02/2012

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