Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Abbandonare la nave

di Nello Riscaldati  Dovrà pur avverarsi su questo Tufo, tra le nostre vecchiezze, tra i nostri silenzi, tra le nostre solitudini, una fiorita di giovani che abbiano il dono della parola, l'intelligenza del momento e il coraggio dell'affrontar tempeste. A governare con il mare calmo ed il vento a favore tutti i c. sono buoni.

foto di copertina

 E dunque l'ordine che sa d'angoscia, d'abbracci laceranti, di accorati addii, di lacrime profuse ed asciugate e di soffiate di naso in sequenza, sembra che stia prendendo forma, sostanza e fiato.

"Abbandonare la nave", ma non perché la medesima sta per inabissarsi secondo i canoni del naufragio classico, no, il motivo dell'abbandono deriverebbe dal fatto che sotto la chiglia e intorno ai fianchi della stessa nave sarebbe finita l'acqua e, come è noto, senza l'acqua necessaria una nave non galleggia e soprattutto non si muove, tanto è vero che, salpata quasi tre anni fa e persa di vista la costa, a tuttoggi sembra che nessuno a bordo abbia sentito  levarsi lo strillo: "terra, terra" che tanto allieta il cuor dei marinai.

 Per la verità si dice che da qualche tempo e in diversi si fossero accorti che a bordo nessuno, richiesto sulla rotta, aveva mai saputo dare risposte precise, inoltre sembra che nessuno sapesse se in sala comando vi fossero gli strumenti che servono per fare il punto e, anche se vi fossero stati, nessuno era in grado di dire se vi fosse qualcuno in grado di adoperarli correttamente. Insomma alle tre domande: chi siamo, cosa dobbiamo fare, dove vogliamo andare non si erano trovate risposte corali, esaurienti e soprattutto tranquillizzanti.

 Ma venne infine il giorno che una vedetta, appollaiata sulla crocetta di velaccino dell'albero di trinchetto, levò alto il tanto atteso e gioioso grido: "terra, terra," al che tutti si portarono sulla tolda e alle murate e si accorsero con stupore e incredulità che la nave intorno e sotto di sé non aveva più una goccia di mare ma se ne stava lì ferma e ben piantata sugli speroni di tufo senza muoversi d'un quantum. L'acqua, insomma, o se ne era andata o non c'era mai stata e, come appunto insegnano a Napoli, "quando l'acqua è bassa la papera non galleggia". L'urlo della vedetta andava dunque interpretato come un "semo a terra", o " in mezzo a 'na strada" che tanto è lo stesso.

  Fuor di metafora la "papera" che tanto si sforza di navigare in un mare senz'acqua altro non sarebbe che il nostro Palazzo del Comune con tutto quello che vi si agita e vi si ragiona dentro,  da dove per la verità già diversi assessori, o ufficiali di plancia e di coperta che dir si voglia, sono sbarcati e continuano a sbarcare, così come, ad esempio, il comandante in seconda, l'ufficiale di macchina, il primo di coperta, il medico di bordo ed il nostromo.

 Invece il capitano, al contrario di quello del "Concordia",  si ostina a rimanere sulla tolda, chissà forse in omaggio alla nobile tradizione che vuole che il comandante si inabissi con il suo vascello, dritto e  fermo sull'attenti, con lo sguardo fiero e salutando alla visiera. Comunque in attesa dell'evitabile naufragio il nocchiero non demorde e chiama a sé equipaggi forestieri, tutti vecchi e navigati lupi di mare ma che poi si muovono a fatica, anzi quasi non si muovono,  perché qui da noi il mare non c'è più.

 Le solite voci maligne, ma che si dicono bene informate, riferiscono che lo stesso capitano, e naturalmente non solo lui, essendo la nave già abbastanza malridotta quando ne assunse il comando, non sarebbe estraneo alle cause del possibile naufragio a motivo della sua inesperienza e della sua imperizia a navigare sul tufo e dunque anche la conclusione del disastro, se disastro dovesse esservi, ma speriamo di no, non avrebbe alcun ricasco epico, anche perché per andare a fondo come un eroe, salutando alla visiera, ci vorrebbe il mare, e qui da noi il mare non c'e o almeno non c'è più e prima invece c'era, e dicono che c'era un mare di soldi e che qualcuno questo mare se lo sia bevuto goccia dopo  goccia, bottiglia dopo bottiglia, damigiana dopo damigiana, dando così origine a quello che oggi viene chiamato "il mare dei debiti". Senz'acqua però!

 La cosa più strana è  che l'equipaggio mugugna ma non si ammutina e nessuno sa spiegarsi il perché. I soliti maligni dicono ché se si ammutinasse i superstiti non  avrebbero lì a portata di mano, né a portata di voce e né di telescopio, un nocchiero competente da mettere al timone e agli strumenti.

  Eppure già qua e là, in attesa dell'auspicato naufragio, se tu scrutassi con occhio esercitato potresti ben discernere, se pur tra le nebbie, l'ondeggiar di zattere con aggrappati vecchi e fin troppo navigati lupi di mare, arnesi superstiti di antichi naufragi, ma tutti ancora pretendenti ad afferrar la  barra del vascello abbandonato.

 Da parte nostra facciamo voti agli dei affinché costoro trovino la quadra per virar di bordo e fare acqua per altri lidi.

 Dovrà pur avverarsi su questo Tufo, tra le nostre vecchiezze, tra i nostri silenzi, tra le nostre solitudini, una fiorita di giovani che abbiano il dono della parola, l'intelligenza del momento e il coraggio dell'affrontar tempeste. A governare con il mare calmo ed il vento a favore tutti i c. sono buoni.

Pubblicato il: 28/01/2012

Torna alle notizie...