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Dopo le dichiarazioni di Angelo Ranchino: maretta o maremoto?

Ping pong #19 "Si può dire che Ranchino nello stesso tempo fa una fotografia impietosa, le cui immagini e i cui contorni tutti possiamo constatare, e lancia un grido d'allarme per il possibile fallimento di un'esperienza partita ormai quasi tre anni fa con l'ambizione di rivoluzionare un modo di amministrare e di fare politica"

foto di copertina

  "Le decisioni che vengono assunte dalla politica rimangono lettera morta" e Còncina "non vuole pestare i piedi a nessuno". "Con Rosmini eravamo pronti ad una grande battaglia a sostegno dell'ospedale contro le decisioni del direttore generale della Asl Panella che sembra coltivare più gli interessi di Narni ed Amelia che quelli nostri. Ci ha bloccato Còncina dicendo che la regione gli ha promesso di favorire la vendita dell'ex ospedale. Con questa storia ci prendono in giro da due anni e mezzo ed è anche accaduto che il nostro sindaco sia dovuto andare a Perugia per parlare con l'assessore regionale che non l'ha neanche ricevuto". (Dall'intervista rilasciata da Angelo Ranchino a La Nazione il 14 gennaio 2012) 

Certo, le parole di Angelo Ranchino che il Direttore ci propone di commentare sono parole dure, che confermano ampiamente quanto dicevo la settimana scorsa a proposito della spaccatura nella maggioranza che sostiene il sindaco Concina. Anzi, il giudizio più forte colpisce proprio lui, perché dire che "non vuole pestare i piedi a nessuno" equivale a dire che non sceglie, e dunque non governa. Si può dire che Ranchino nello stesso tempo fa una fotografia impietosa, le cui immagini e i cui contorni tutti possiamo constatare, e lancia un grido d'allarme per il possibile fallimento di un'esperienza partita ormai quasi tre anni fa con l'ambizione di rivoluzionare un modo di amministrare e di fare politica.

L'accusa poi al sindaco di aver bloccato una iniziativa di Orvieto Libera a favore del nostro nosocomio (immagino per la salvaguardia e il potenziamento del suo ruolo nel sistema sanitario umbro) in cambio della promessa "di favorire la vendita dell'ex ospedale" fatta da un qualche amministratore regionale non meglio identificato, è oggettivamente di una pesantezza inusitata. Se essa ha fondamento, significa infatti: 1. che il processo di arretramento del ruolo del nostro ospedale è arrivato al livello di guardia; 2. che però esso dal sindaco (e si presume anche dall'intera amministrazione) è ritenuto secondario rispetto al problema principale, che sembra essere appunto la vendita dell'ex ospedale; 3. che su questi temi c'è stata una trattativa con la regione conclusasi malamente, con il sindaco che chiede udienza e non viene ricevuto. Con il che, quasi plasticamente, si rappresenta una caduta di prestigio, che non è solo del sindaco e dell'amministrazione, ma della città.

Dicevo dunque fotografia impietosa. Aggiungerei amara, anche per me che ne sono fuori, e credo però per ogni cittadino che ami sinceramente questa città e sia preoccupato per il suo destino in un difficile, drammatico, momento storico come quello che stiamo vivendo. Aggiungevo poi grido d'allarme, per un possibile fallimento dell'intera esperienza dell'attuale compagine amministrativa. Ma, se è così, non posso evitare di domandarmi perché Angelo Ranchino e gli altri esponenti di Orvieto Libera hanno accettato che accadesse quello che è accaduto. Essi non potevano non avere messo nel conto che quel modo di affrontare il tema dell'uso del vecchio ospedale sarebbe risultato per la forza delle cose fallimentare: come si fa a pensare che funzionari e amministratori regionali possano consentire al comune di acquistare un bene per poi rivenderlo a prezzo maggiorato? Se esso a quel prezzo si può vendere, perché non dovrebbe farlo la stessa regione? Attenzione, in quel caso dovrebbe, non potrebbe! Ma poi, perché questa fissa di vendere quel bene strategico ad ogni costo? Per far cassa? Senza aver chiara la destinazione? E anche al di fuori di ogni visione generale, e di ogni collegamento con l'uso degli altri beni pubblici? E ancora: in un momento come questo, in cui se il pubblico vende rischia di farlo a prezzi stracciati? Senza alcuna cattiveria mi sento di affermare che questo è un modo sbagliato di amministrare. Di più, è un modo dannoso.

Tuttavia, pur essendo di fronte ad un aspetto tutt'altro che secondario della vicenda amministrativa di Orvieto, ritengo che non ci debba sfuggire che è più importante cogliere il senso (meglio, la natura) che questa via via è venuta assumendo, naturalmente anche a seguito dell'impostazione, delle modalità di conduzione e dell'esito, delle diverse iniziative, compresa quella di cui ci stiamo ora occupando. E il senso è quello che ha esplicitato lo stesso Ranchino: la sensazione di un fallimento inevitabile e imminente dell'amministrazione. Naturalmente non ho elementi sufficienti per dire che sarà effettivamente così. Ma credo di avere elementi sufficienti e sufficiente esperienza per dire che, nelle condizioni in cui siamo messi oggi, il rischio non è che possono fallire Toni Concina, la sua giunta (sempre un po' traballante) e la sua maggioranza (oggi piuttosto inquieta e nervosa). Il rischio è che può fallire la città, che perde posizioni su posizioni (se avverrà, ed è molto probabile che avverrà, la perdita del tribunale e di tutto ciò che con esso se ne andrà ne sarà la sanzione massimamente emblematica) e va dritta verso quella marginalità da cui con sforzi enormi si tentò di farla uscire (con successo, nessuno lo può negar!) a cavallo tra gli anni settanta e ottanta del secolo scorso. Quando si dice il secolo scorso sembra davvero un secolo, anche se è l'altro ieri, appena trent'anni fa.

Ma se fallisce la città falliamo tutti, non il centrodestra o il centrosinistra. Allora che cosa si può fare, e che cosa bisogna fare? Evidentemente non c'è, né ci potrebbe essere, una risposta univoca. Ma più passa il tempo e più mi convinco che siamo vicini al giro di boa, alla fase in cui debbono maturare le decisioni vere. E sono necessariamente decisioni politiche. Quali? Prima di tentare una risposta, vorrei che si facesse mente locale sulla portata della crisi generale, i cui riflessi si fanno già sentire e però saranno ben più pesanti nei prossimi mesi. Peraltro, come ognun sa, non è che prima era tutto tranquillo, solido e pimpante! Perciò a maggior ragione nessuno sensatamente può dire non mi riguarda.

Dunque torniamo al che fare. Ovviamente escludo il tirare a campare, su cui mi pare che i più si siano adagiati per arrivare non importa come alla fine del mandato, ma che io ritengo invece la strada maestra del disastro. Perciò le vie possibili a questo punto (essendo stata fatta fallire nell'ottobre scorso l'alleanza trasversale temporanea) sono due: le dimissioni del sindaco, il commissariamento e nuove elezioni; o l'azzeramento della situazione con atto unilaterale del sindaco, l'elaborazione di un programma di fine mandato, la ricerca su tale base di una nuova maggioranza direttamente in Consiglio. Il primo caso lo vedo per ora difficile, perché né il sindaco, né i partiti e i movimenti o i singoli consiglieri che lo sostengono, manifestano una qualche intenzione di questo tipo. E d'altra parte è ovvio che le minoranze consiliari, ammesso che lo vogliano, non hanno certo i numeri per ottenerlo. Anche il secondo caso in realtà è difficile che si realizzi, soprattutto nell'immediato, come io ritengo che sarebbe necessario perché utile a tutti. Ma non è impossibile, se il sindaco si convincesse che quella della giunta tecnica e di un programma coraggioso e ambizioso con cui cercare una maggioranza in consiglio è una via che varrebbe la pena di esplorare. Se la realtà rende evidente anche ai ciechi e ai sordi che la logica degli schieramenti contrapposti non funziona, allora si superi questa logica e se ne cerchi un'altra, seppure temporaneamente, per evitare il disastro, e per respirare, ragionare e preparare il ritorno alla normale dialettica democratica delle maggioranze e delle minoranze elette. E se qualcuno parlerà di inciucio vorrà solo dire che ha capito come gli pare e che preferisce il suo interesse a quello di tutti. Comunque meglio l'inciucio che il disastro.

Lo ammetto, le mie possono anche essere lette come pure esercitazioni di laboratorio. Ma talvolta la realtà supera la fantasia, e chissà che anche questa volta non possa essere confermata questa convinzione. E con ciò la palla a Pier Luigi.

Franco Raimondo Barbabella

Il mio contendente in questo gioco del ping pong sa bene quali sono le funzioni e i poteri del consigliere comunale. E so che l'etica da lui rispettata nella sua lunga esperienza è la stessa che io, come consigliere comunale, cerco di praticare. L'etica consiste nell'onestà delle intenzioni e nella sincerità delle dichiarazioni, nonché nel rispetto degli elettori e nella fedeltà agli impegni assunti. La precisazione è opportuna perché i principi dell'etica non sono univoci e quindi è bene mettere le carte in tavola. Quanto a me, non ho perduto occasione per sostenere, in consiglio  comunale e fuori di esso, che il progettato ospedale di Narni-Amelia è una demagogica prepotenza, ma anche che l'ospedale di Orvieto farà comunque una brutta fine se non si dà una caratterizzazione. Proposi la prevenzione e la cura dell'obesità, rinunciando alla pseudochirurgia d'urgenza. Fui trattato come un ragazzetto che aveva del tempo da perdere. Eppure avevo ragione. Né ho perduto occasione per sostenere che  non sono d'accordo con l'acquisto del vecchio ospedale per farci un albergo. E ho sempre dichiarato che la cessione del vecchio ospedale al comune è impossibile da un punto di vista legale, finanziario e di opportunità politica. Ho sempre sostenuto, tra l'altro, che l'alienazione separata della palazzina comando dell'ex caserma Piave è una scelta illogica e di impossibile attuazione al prezzo prefissato, data la crisi del mercato immobiliare.  In alcuni casi, come quello del vecchio ospedale e della vendita della palazzina comando, mi allineai alla posizione del sindaco, per disciplina di gruppo e di maggioranza, disciplina che va lealmente rispettata quando non sono in ballo principi morali e legali. Ma una cosa è una disciplina che impone l'adeguamento a opinioni non condivise, altra cosa sarebbe una disciplina che imponesse soluzioni immorali o illegali. Del resto la democrazia, come la vita, richiede sempre un equilibrio tra libertà e umiltà. Ebbene, di immorale o illegale, nelle vicende cui ho accennato, non ho riscontrato un bel niente.  Anche il fatto che io ritengo illegittima la vendita del vecchio ospedale al comune, rientra tra le mie opinioni non condivise dalla mia maggioranza, non è una questione di principio.

Il discorso cambia se le dichiarazioni dell'avv. Ranchino fossero da prendere alla lettera e dovessero essere confermate o non dovessero essere credibilmente smentite. E ancora più grave sarebbe se prendesse corpo il sospetto (che, a dire il vero, Ranchino non insinua, e io ancora meno) che dietro all'impegno del sindaco per acquisire al comune il vecchio ospedale vi siano trattative riservate con imprenditori intenzionati ad acquisire, in proprietà o in locazione per molti anni, quel complesso immobiliare  per insediare a piazza del Duomo il mitico albergo di lusso. Le decisioni, grandi e piccole, che riguardano i pubblici interessi, devono essere trasparenti.

Si tratta di questioni che devono essere chiarite al più presto, così come deve essere chiaro che dietro ai silenzi sul destino del Casermone non ci siano misteri.

Detto questo, prima che il mio impegno di consigliere comunale finisca per mia scelta o per causa di forza maggiore, mi piacerebbe sapere chi vuole fare il sindaco, con quali assessori lo vuole fare, con quale sostegno politico e con quali idee corredate da calcoli e cronogrammi. Lo vorrei sapere non solo per curiosità, ma anche per controllare il disturbo di stomaco che mi dà questo navigare tra i debiti e le chiacchiere. Tra le quali sono tentato di mettere anche le mie.

Pier Luigi Leoni


Ping Pong è la rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 

Questa è la puntata n°19

Pubblicato il: 23/01/2012

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