Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Brugiotti tradito dalla rabbia o dalla posta elettronica? Comunque sia, non potremo dire viva Brugiotti

Ping pong #18 "Mi chiedo che cosa aspetti Ranchino a rendersi disponibile ad un confronto con chi appunto non solo potrebbe avere idee analoghe alle sue, ma anche la volontà, la determinazione e la capacità, di portarle avanti"

foto di copertina

"Basta con gli estranei alla città che la governano senza avere amore per chi la abita. 
Questa è una fase che va chiusa, anche se ci ha permesso di godere di persone intelligenti, rispettose  e capaci come Margottini. Basta, siamo bastevoli." (Da una nota del Direttore Dante Freddi pubblicata su OrvietoSi il 9 gennaio 2012)

La frase piena d'indignazione è la conclusione di un commento del Direttore a una lettera dell'assessore Leonardo Brugiotti al sindaco, pervenuta anche alla stampa. La tesi del Direttore è che Brugiotti ha mancato di rispetto alla città perché ad essa estraneo. Brugiotti aveva scritto, tra l'altro, al sindaco (credo che sia questa la frase più incriminata) «se acconsentirai, quando la Soprintendenza ci avrà dato il suo parere, sarà mia cura far smontare il Pozzo dell scalza (sic) alle ore 04,00 locali, affinché al loro risveglio anche i cittadini dissidenti ma esperti urbanisti nonché gli scienziati locali potranno gioirne.»

L'assessore si riferisce, in questo passaggio, alla polemica suscitata dalla sua proposta di spostare nella parte di piazza sant'Andrea, che l'amministrazione comunale intende pedonalizzare, la vera del pozzo cinquecentesco (disegnata da Ippolito Scalza) che da quasi un secolo è appoggiata in piazza delle Erbe. Si tratta della vera di un pozzo che fu fatto scavare dall'insigne architetto orvietano sulla terrazza del palazzo comunale, quando egli aveva ormai rinunciato alla speranza di veder realizzata la parte mancante del suo progetto di ristrutturazione del palazzo. L'idea di Brugiotti (soprintendenza permettendo) è di trasferire la vera di pozzo nei pressi della chiesa di sant'Andrea, dov'era fino a qualche secolo fa una fontana pubblica monumentale. Il bacino semisferico di bronzo, dal quale l'acqua scendeva nella vasca, pare sia quello che fa da campana a san Francesco. Non voglio tediare i pazienti lettori con gli insulti che Brugiotti ha ricavato. Quanto a me, mi limito a ripetere che la vera di pozzo dovrebbe tornare dove l'aveva messa lo Scalza.

A mio modesto parere, spero non troppo influenzato dalla stima che ho per la silenziosa operosità del Brugiotti assessore, la lettera non era stata confezionata per la stampa e per il pubblico. Era una lettera privata al sindaco, da Brugiotti inviata per errore anche alla stampa. Errori del genere possono succedere con la posta elettronica. Non dovrebbero succedere, ma succedono. Deduco questa mia convinzione da due elementi:

a) il linguaggio adoperato da Brugiotti è drastico, poco corretto, non limato, confidenziale: proprio ciò che contraddistingue il registro del linguaggio privato che, come è noto, è diverso dal registro del linguaggio pubblico; se io per errore, o il sindaco per dispetto, diffondessimo i messaggi che gli invio per posta elettronica, mi troverei molto in imbarazzo e mi ricorderei degli amici che ho all'estero, disposti ad ospitarmi per qualche tempo;

b) Brugiotti minaccia lo spostamento notturno della vera di pozzo per mettere tutti a tacere; si tratta di una citazione di quanto avvenne per le porte del Duomo nella notte del 10 agosto 1970, quando il ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi, strafregandosene dell'opposizione di molti intellettuali, fece installare le nuove porte di Emilio Greco, che stazionavano da sei anni all'interno del Duomo, e mise tutti a tacere. Se la lettera fosse destinata al pubblico, l'allusione sarebbe stata più esplicita e meno sfottente. Secondo me Brugiotti si riferiva a discorsi fatti col sindaco, che pertanto non aveva bisogno di spiegazioni.

C'è poi il problema dell'amore e quindi il rispetto della città, che sta a cuore al Direttore e sinceramente anche a me. Purché l'amore per Orvieto non venga confuso con l'orvietanità. Si può amare Orvieto e non esservi né nati né cresciuti (come il sottoscritto), si può amare Orvieto senza averci mai abitato (come Margottini), si può amare Orvieto essendovi vissuti solo pochi anni (come Concina), si può amare Orvieto essendovi nati ed essendovi ritornati in età matura (come Brugiotti), si può amare Orvieto come l'hanno amata i genitori miei, del Direttore e di colui con cui gioco a ping pong, che vi erano immigrati da adulti.

Per questo ritengo che, se la lettera dell'assessore Brugiotti era destinata al pubblico, il Direttore è stato persino troppo buono e allora bisogna invitarlo a fare ammenda o a ritirarsi a vita privata. Se invece era destinata solo al sindaco, è la prova che non ama un certo ex personaggio politico e gli altri che lo criticano; e soprattutto è la prova che deve stare più attento quando usa la posta elettronica.

Pier Luigi Leoni

Io credo che sia giusto stigmatizzare la lettera dell'assessore Brugiotti in quanto atto pubblico, divenuto tale nello stesso momento in cui è stata inviata alla stampa e dalla stampa resa nota a tutti. E' del tutto secondario sapere se da parte del suo autore vi sia stata o meno l'intenzione di renderne pubblico il contenuto, perché quello è il contenuto, quello il pensiero espresso. E quello perciò bisogna discutere. Conosco poco Leonardo Brugiotti, ma per quel poco posso dire che egli sa esprimere una buona visione dei problemi e rispettare le opinioni altrui. Per questo sono rimasto sorpreso sia dalle espressioni polemiche di basso profilo che dall'arroganza delle intenzioni circa lo spostamento della vera del pozzo dello Scalza da Piazza delle Erbe a Piazza della Repubblica.

Dico subito anch'io che se si volesse spostare la vera del pozzo sarebbe da fare solo per riportarla dov'era in origine, ma proprio non capisco dove ne siano oggi opportunità e necessità, per mille e una ragione. Queste operazioni infatti possono essere giustificate solo se rientrano in progetti complessivi dotati di forte e definito senso all'interno di una visione urbanistica esplicitata e perciò passibile di discussione pubblica. Dunque tutto tranne che improvvisazioni, men che meno se per caso dettate da una egocentrica volontà di lasciare un segno del proprio casuale passaggio per le vie del centro.

Ma, detto questo, mi sembra più interessante cercare di capire - anche alla luce di questo che tutto sommato appare, ed in effetti non può non essere, un episodio a margine di una vicenda storico-politica molto più complessa - che cosa sta succedendo nell'attuale compagine di governo della città e quali sbocchi può avere la situazione di crisi endemica che ci attanaglia.

A mio parere la fedeltà espressa da Brugiotti a Concina (nei termini in cui Ignacio de Loyola pretese obbedienza da parte degli appartenenti all'ordine religioso da lui fondato, la Compagnia di Gesù, si potrebbe dire "perinde ac cadaver" = in senso letterale: "allo stesso modo di un cadavere"), se considerata nel contesto di altri fatti (tra cui il principale è indubbiamente la verifica chiesta da Orvieto Libera ed effettuata nei giorni scorsi), indica che si sta determinando una frattura piuttosto netta tra i fedelissimi del Sindaco (a quanto sembra, principale, se non unico, punto di discrimine) e coloro che si rendono conto che le debolezze strutturali dell'attuale amministrazione sono tali da doversi considerare difficilmente recuperabili.

Da quello che leggo mentre scrivo il mio pong, mi sembra di capire che questa frattura per il momento non esploderà, perché Angelo Ranchino ha ottenuto (come peraltro avevo ampiamente previsto - e non era difficile - poche settimane fa) le più ampie rassicurazioni di attenzione da parte del Sindaco, che dimostra in tal modo la sua ormai nota abilità di gestore delle pubbliche relazioni. Naturalmente non possiamo sapere se queste rassicurazioni si tradurranno o no in una svolta di metodo e di sostanza come Ranchino auspica e sembra deciso ad ottenere, ma è evidente che non conta il termine temporale di sei mesi ora concesso per dimostrare di attuare una vera e propria svolta, perché quel che conta è il riconoscimento formale, se non di un fallimento, certo di una difficoltà non momentanea ma strutturale.

Ci si può chiedere perché Angelo Ranchino (che, essendo stato tra i principali artefici dell'auspicata politica di svolta che ha determinato il successo di Concina nel 2009, si rende ben conto che potrebbe essere trascinato, se le cose continuassero così come oggi, nel vortice di una possibile clamorosa conclusione fallimentare di questa esperienza) insiste a prendere tempo anziché prendere atto della realtà e staccare la spina. In verità la risposta è talmente semplice che rasenta la banalità: egli in questo momento non vede alternative possibili pronte e praticabili. Si può dunque dire che "aborre il vuoto", come si dice in fisica. E, se è così, come si fa a dargli torto?

Ma è così? Nella sostanza e nell'immediato direi di sì: il maggiore partito di opposizione, il PD, non riesce a venir fuori dalle sue ambiguità di origine, e le sue divisioni nei fatti non consentono nemmeno una tattica, figuriamoci una strategia!, con tanto di progetto di risanamento e sviluppo e connessa strategia delle alleanze, culturali, sociali e politiche; qualche insorgenza movimentista, più che progetto politico, appare un tentativo, peraltro non si sa quanto durevole, di disturbo; Alleanza per Orvieto, oggettivamente unica vera novità recente del panorama politico orvietano, attualmente è ancora realtà annunciata e da realizzare, anche se senza alcuna esagerazione potrebbe essere il vero motore di un cambiamento dell'oggi senza restaurare logiche passate e ripetere gli errori che oggi scontiamo.

Forse si può dire anche di più: stando così le cose, sembrano avere una qualche logica giustificazione non solo le titubanze di Ranchino, ma anche le ambiguità di alcuni consiglieri di maggioranza e perfino l'attendismo dei gruppi di opposizione. Su questo punto invece io credo che si stiano commettendo altri errori che, tutti insieme, rischiano di compromettere gravemente l'uscita in modi e tempi accettabili dalla grave situazione che si è creata e che ormai da troppo a lungo persiste. Errori che a mio parere riguardano anche Ranchino, il quale non può non rendersi conto che non poche delle sue proposte, seppure ancora troppo generiche, non sono affatto lontane né da analoghe o identiche proposte fatte nel passato più o meno recente da soggetti singoli o addirittura da forze politiche diversamente collocate in termini di schieramenti, né da posizioni attuali espresse sia da partiti che da associazioni che sono impegnate a cambiare le cose. Anch'io non esito a dichiarare ad esempio interessante che Ranchino dica basta al risanamento finanziario solo mediante alienazioni, e dica sì alla proposta del Duomo come Santuario Eucaristico, o voglia la gestione diretta della funicolare, o pensi al Palazzo dei Sette come "salotto degli orvietani", e per il momento mi fermo qui.

Ma proprio per questo mi chiedo che cosa aspetti Ranchino a rendersi disponibile ad un confronto con chi appunto non solo potrebbe avere idee analoghe alle sue, ma anche la volontà, la determinazione e la capacità, di portarle avanti. Analogamente, è ovvio, mi chiedo che cosa aspettino coloro che a quelle idee si sentono vicini, di aprire le porte e le finestre ad una discussione ad ampio raggio, senza pregiudiziali e pregiudizi.

Franco Raimondo Barbabella


Ping Pong è la rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it 

Questa è la puntata n°18

Pubblicato il: 16/01/2012

Torna alle notizie...