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NOTIZIE CORSIVI

Intervista a Gino Strada, fondatore di Emergency

Oggi e domani, ad Orvieto, si conclude la raccolta delle firme all'appello 'fuori l'Italia dalla Guerra'. Giovedì, Gino Strada, ripartirà per Kabul e, poi, sarà a Baghdad

Cronaca

di Giorgio Santelli

Il Conflitto in Irak è davvero inevitabile? Quali sono le ragioni effettive che portano il presidente degli Stati Uniti George W. Bush a preparare quotidianamente gli americani ad una guerra inevitabile quando gli ispettori Onu non hanno ancora trovato nulla degli ipotetici arsenali iraheni? E ancora. Quale sarà la posizione italiana, e come si comporterà il centro-sinistra nel momento in cui si dovranno prendere decisioni legate a questo conflitto. Ne abbiamo parlato con Gino Strada che, nelle prossime settimane, tornerà a Baghdad per concordare con le autorità irakene l'apertura di un centro chirurgico nella capitale irakena. Ma anche di un centro di informazione perchè "questa guerra dovrà essere raccontata".

Come giudica il ruolo che, in Italia, sta avendo l'informazione rispetto ai temi del possibile conflitto con l'Irak? Gli appelli di Emergency come di altre associazioni laiche e cattoliche che si sono schierate contro ogni ipotesi di conflitto sembrano non esistere in Tv e emergono flebilmente sulla carta stampata. Altri appelli del Papa, in altre occasioni, avevano meritato spazi migliori. E' scomodo sostenere il no alla guerra?
Non credo che sia solo un problema della televisione che censura qualsiasi voce fuori dal coro rappresentato dai peana per la guerra. Credo che anche nella carta stampata ci sia censura. Noi abbiamo fatto 280 fiaccolate in altrettante città italiane con centinaia di migliaia di persone, nella più totale censura dei mezzi di informazione. Questo non mi sorprende e non mi spaventa nemmeno. Non mi sorprende perché siamo in un Paese dove il 90% dell'informazione è in mano ad un gangster e l'altro 10% è moribondo. Non solo non mi sorprende, ma non mi fa neanche paura perché credo che essere padroni delle testate non significa necessariamente essere padroni delle teste. Quest'opera di censura è veramente grottesca. Si spacciano per notizie quelle che sono semplicemente delle follie criminali di George Bush e del suo entourage . Oggi il Corriere della sera riporta le dichiarazioni di un generale statunitense che, tra le altre cose, afferma di Saddam: "lui non avrà opzioni sul suo futuro. L'unica cosa, forse, avrà salva la vita". Non si rendono conto che, comunque, stanno parlando di un Presidente di una nazione. E non si rendono conto che se qualcuno usasse gli stessi termini riguardo a Gorge Bush, magari affermando che è andato al potere truffando le elezioni e grazie ad una cricca di petrolieri delinquenti, le reazioni sarebbero ben diverse. Eppure queste cose vengono spacciate come fossero notizie e commentate dai vari opinionisti che in alcuni casi non brillano per conoscenza dei temi che trattano. In realtà più questa mistificazione della realtà procede, più la gente riflette. Non è un caso che oggi, anche all'interno della compagine governativa, nessuno si permette più affermazioni come quelle usate poco tempo fa del tipo "saremo in prima linea" . Da una parte perché in prima linea, gran parte di loro, non sanno nemmeno come arrivarci perché non sanno dov'è l'Iraq... Al di là della battuta, c'è un motivo vero per cui tutti sono diventati prudenti, al contrario di allora. E' evidente che, nonostante la censura e l'inneggiare alla guerra, la coscienza degli italiani è andata da un'altra parte.

L'Italia è contro la guerra. Sondaggi, raccolte di firme, trasversalità politica nel dire no ad ipotesi di conflitto in Iraq. Ma non c'è una posizione netta come quella francese o tedesca. Mancanza di coraggio o che altro?
Tenderei a non dare molta importanza alle posizioni francese e tedesca per influenzare il processo di sensibilizzazione nell'opinione pubblica. Intanto sono posizioni tutte da verificare. Schroeder ha fatto una mossa. Noi non sappiamo quanto sia stata convinta e quanto invece banalmente sia stata una tattica per togliere il coperchio alla bara di una coalizione che già era morta. La Francia un giorno dice una cosa, un giorno un'altra. Ho l'impressione che alla fine queste dichiarazioni riflettano gli umori della trattativa che c'è dietro, quel mercato delle vacche sul petrolio irakeno che stanno comunque facendo. La stessa cosa vale per la Russia. Ricordo che Putin disse, un paio di mesi fa, "se si pone la questione all'Onu noi porremo il veto". Tradotto dal russo vuol dire "quanti soldi ci date per non porlo". Ed è tutto così. Credo che sia molto più importante la presa di coscienza delle persone, che è un fenomeno secondo me differenziato e ampio. Nel dire no alla guerra credo ci sia diritto di cittadinanza per tutti. Contro la guerra ci si schiera per ragioni etiche, ideologiche, politiche, per motivi religiosi. O perché si è semplicemente contro la guerra, perché la guerra è una brutta cosa e se ne ha paura e non si vuole esserne coinvolte.

Tra le posizioni più nette contro la guerra emerge quella della Chiesa
C'è stata una presa di posizione, non a caso anche questa sottoposta a censura, che è epocale. La Chiesa non ha mai usato, neanche nella storia passata termine "guerra di aggressione". Questo compare non solo nei discorsi del Papa ma in documenti ufficiali della Chiesa. Guerra di aggressione è un concetto che non si presta ad interpretazioni diverse.

Veniamo al centro sinistra, la sinistra pacifista rappresentata in parlamento. Secondo lei riuscirà ad esprimersi unitariamente con un no alla guerra o si andrà di nuovo per ordine sparso?
Ci sono stati leader dell'Ulivo che hanno detto "noi siamo contro la guerra ma se l'Onu l'autorizza noi siamo a favore". Oggi credo che non avrebbero più l'ardire di dire simili stupidaggini. Anche perché gli è stato fatto notare che il consiglio di sicurezza dell'Onu - i cinque membri permanenti - sono i principali mercanti d'armi del mondo. Quindi non possono garantire nessuna sicurezza del pianeta perché non sono in condizioni. C'è un conflitto di interessi pauroso nel consiglio di sicurezza. Chi deve decidere se autorizzare o no la guerra, vende le armi per farla. Penso che chi si trovi in questa situazione non possa decidere in serenità ed autonomia. Questa è una cosa che riguarda l'Onu. Anche di fronte a questo, di fronte alle posizioni della chiesa cattolica, alcuni noti esponenti dell'Ulivo che non solo erano a favore della guerra ma sono stati quelli che hanno portato il nostro paese in guerra per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, oggi non se la sentono più di sostenere queste posizioni. Non credo che sinceramente sia frutto di un cambiamento di coscienza ed opinione, ma risultato di un banale calcolo. Molti partiti che fanno parte dell'Ulivo sanno che se prendono una posizione per la guerra vanno al suicidio e si disintegrano nel giro di qualche mese. E siccome il primo interesse supremo, il principio superiore è la stabilità della poltrona, allora, rispetto a quello sarebbero disposti a dire qualsiasi cosa.

Lei sarà presto a Baghdad. Lì, Emergency, si appresta ad aprire un centro chirurgico. Come stanno andando le cose.
Noi in Irak abbiamo due ospedali. Due centri di riabilitazione nel nord. Abbiamo proposto alle autorità irakene di aprire un centro chirurgico a Baghdad e, se necessario, anche nella parte meridionale del paese. Stiamo ancora aspettando una risposta, in ogni caso i centri esistenti continueranno a funzionare e saranno, tra l'altro, pesantemente coinvolti nella situazione di guerra. Questo perché nel momento in cui ai bombardamenti seguiranno gli attacchi di terra, l'ingresso delle truppe non potrà che provenire da nord. Gli ospedali saranno i primi a subirne l'impatto. Io parto giovedì per l'Afghanistan e spero di spostarmi da Kabul a Baghdad in qualche settimana. Abbiamo messo le cose in chiaro con le autorità irakene. Abbiamo detto che vorremmo arrivare con un team chirurgico e anche un team di comunicazione perché questa guerra bisognerà anche raccontarla. Non vogliamo che accada come in Afghanistan dove hanno massacrato migliaia di civili sotto le bombe ed hanno fatto in modo che non uscissero notizie. Abbiamo messo in chiaro che questo non significa sostenere la causa di nessuno. Tanto meno quella del governo di Baghdad. Significa soltanto dire che la nostra posizione è una posizione contro la guerra, ma non è una posizione ideologica. E' molto pratica e il nostro modo di dire no alla guerra è quello di aiutarne le vittime. E di continuare a ripetere che in ogni guerra sono i civili che pagano. Che la guerra contro questo e quel mostro non è mai la guerra contro quel mostro ma la guerra contro quei poveri disgraziati che vivono in quel paese dove quel mostro vive e spesso regna.

Lei parla di questa guerra come se fosse già in atto. Questo significa che le sue speranze di pace sono ormai minime?
Non credo che questa guerra sia arrestabile. Non credo che si riesca a fermare la macchina da guerra americana. A meno che succedano grandi cambiamenti nell'opinione pubblica americana, che peraltro sono in atto. Non mi pare, però, che ci siano soluzioni possibili sul versante diplomatico. Mi sembra che si stia facendo il solito gioco, la solita manfrina. Per dire, si sta bombardando mentre sono in corso le ispezioni. Credo che sia tutto un gioco per arrivare all'inizio di febbraio e forzare una decisione del Consiglio di Sicurezza, ricercando un'astensione della Cina, in modo che l'operazione appaia un po' meno sporca di quando lo sia effettivamente.

Pubblicato il: 05/01/2003

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