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Arlecchino servitore è il re del Mancinelli

Emoziona, diverte e stupisce la rappresentazione di un classico del teatro. "Arlecchino servitore di due padroni" al Mancinelli. Ed è un successo.

Cultura

di Valeria Cioccolo

È qualcosa che le parole, da sole non possono pienamente descrivere. Perchè Arlecchino servitore di due padroni, messo in scena al Mancinelli, l'Arlecchino di Strehler interpretato da Ferruccio Soleri è come un grande quadro, un affresco di cui lo stesso pubblico fa parte. Non serve commentare il fatto che ci si trova di fronte ad una forma fedele di commedia dell'arte, fatta di battute che sembrano improvvisate, portate avanti a braccio, di canti, e musica. Questa, scusate il paragone, è una vera"opera d'arte", resa al pubblico nel senso più profondo e vero della parola da Streheler nel suo lavoro continuo di reinterpretazione della commedia goldoniana, e oggi portata avanti, pur senza di lui, dalla compagnia del Piccolo Teatro di Milano. Perché la bellezza, la stupefacenza, l'emozione che essa suscita, è dovuta sia all'innegabile bravura degli attori, che sembrano vivere veramente i personaggi che rappresentano, tratteggiati con naturalezza, con grande ironia e divertimento, sia al fatto che la commedia stessa porta con sé messaggi, sentimenti e tipi umani attualissimi, pur se nascosti dietro ad una maschera. E, la doppia scena che appare all'aprirsi di un sipario dietro al sipario, la pedana dove recitano gli attori e il"fuori scena" dove il pubblico può vedere il suggeritore, i personaggi che escono dal palco e si accingono essi stessi a guardare chi recita, tutto contribuisce a far sì che gli spettatori si sentano parte essi stessi dei dialoghi, degli atti. Da un momento di spiazzamento iniziale (le battute sono per lo più in dialetto) si comincia ad entrare nel gioco, è una movenza, una danza comune, non importa capire fino in fondo, importa che pian piano si diventi parte del gioco scenico. Accanto alla storia di Goldoni, c'è un'altra storia, o tante storie, quelle della vita di ognuno di noi. Ecco perché gli attori si muovono sulla pedana con la grazia e la poetica quasi di marionette, ma fuori acquistino la realtà e lo spessore di uomini. Lo spettacolo in sè è solo una piccola parte di una ben più ampia realtà da vedere. Perchè se per Goldoni il"Teatro" doveva essere lo specchio e la pittura del"Mondo", qui il mondo rientra e torna ad applaudire il teatro.

Pubblicato il: 18/01/2004

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