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Il dibattito pubblico ad Orvieto: 'punti caldi' e 'punti focali', 'punti chiari', 'puntini sulle i' e 'note a margine'

Ping pong #11 La discussione verte su "Mi sono domandato diverse volte come mai il dibattito pubblico, ma anche quello nelle sedi istituzionali, si sia tenuto così lontano dai punti "caldi" e abbia veleggiato lontanissimo dai punti focali che concretamente condizionavano l'esito di tutte le questioni aperte". (Da un articolo di Stefano Cimicchi su OrvietoSi.it del 23 novembre 2011)

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"Mi sono domandato diverse volte come mai il dibattito pubblico, ma anche quello nelle sedi istituzionali, si sia tenuto così lontano dai punti "caldi" e abbia veleggiato lontanissimo dai punti focali che concretamente condizionavano l'esito di tutte le questioni aperte".(Da un articolo di Stefano Cimicchi su OrvietoSi.it del 23 novembre 2011)

Vi sono persone che hanno avuto un ruolo politico primario nella vita di Orvieto negli ultimi decenni. Ve ne sono molti altri che hanno avuto un ruolo politico modesto. Ve ne sono moltissimi che hanno avuto un ruolo politico minimo, come il semplice esercizio, o la rinuncia all'esercizio, del diritto di voto.

Appartengo alla categoria di mezzo, quindi non posso menare il vanto, ma nemmeno porto la responsabilità, delle idee forti che hanno condizionato la vita politica di Orvieto. Alcune idee mi hanno convinto e le ho sostenute, altre non mi hanno convinto e le ho avversate. Altre mi sono state del tutto indifferenti. Il mio contributo è stato sempre minimo, perché ho trascorso molti anni all'opposizione e per alcuni anni sono stato politicamente assente. La mia presenza attuale nella maggioranza consiliare di Orvieto, con un ruolo che più marginale non si può, non garantisce buona accoglienza alle mie idee, forti o deboli che siano, però mi consente di frequentare chi mi pare, di essere amico con chi voglio e mi vuole, di parlare e di scrivere con libertà.

Stefano Cimicchi parla di "punti caldi" e di "punti focali". Egli ha avuto per molti anni un ruolo primario in Orvieto e quindi impiega comprensibilmente un linguaggio molto espressivo. I moti del suo animo non possono non essere intensi di fronte al dramma della nostra città. Io mi ritengo altrettanto preoccupato, ma mi sento meno commosso. Più che di punti caldi e focali mi viene da parlare di "punti chiari". Un punto chiaro è che il patrimonio immobiliare del comune di Orvieto, da un bel po' di tempo, non è del comune, ma delle banche. Il valore dell'intero patrimonio disponibile, cioè alienabile, è inferiore ai debiti accumulati. Ma mentre le banche i loro soldi li rivogliono alle scadenze concordate, chi dovrebbe comprare gl'immobili comunali fa quello che gli pare. Tanto è vero che, in due anni e mezzo, l'unico bene importante che è stato venduto, o meglio aggiudicato, non è un immobile, ma un'azienda: la farmacia comunale. Se il comune non vende gl'immobili e non estingue i mutui non fallisce, perché il fallimento degli enti territoriali non è previsto, ma la città si spegne. Più precisamente s'ammoscia. Tanto per uscire di metafora (ma non tanto) non si dovranno spegnere le luci pubbliche, ma si dovrà ridurle alla metà. Le strade saranno ancora un po' più sporche; le pavimentazioni usurate non saranno rifatte, ci si limiterà a tappare le buche più grosse; le erbacce saranno estirpate più di rado; i segnali stradali sbiadiranno e saranno sostituiti solo quando la ruggine li farà cadere; la segnaletica a terra scolorirà sotto il sole; gli edifici pubblici perderanno gli intonaci, i cornicioni e gli infissi, vi saranno sempre più transenne e sempre meno impalcature; i dipendenti del comune che andranno in pensione non saranno sostituiti; i servizi comunali saranno più scadenti; le tasse saranno più alte. La regione, la nazione e l'Europa non muoveranno un dito. Possono succedere cose del genere? Sì che possono succedere. Per vedere l'effetto che fa basta fare un viaggetto in certe zone dell'Italia meridionale e, se proprio ci si vuole levare il gusto di ammirare lo sfacelo generale, basta fare una visitina in Grecia.

Un altro punto chiaro è l'attacco di "spagnola" che ha alzato pericolosamente la temperatura dell'economia orvietana. Come la Spagna, Orvieto ha puntato soprattutto sull'edilizia privata e, come la Spagna, è inguaiata nel suo settore trainante. S'è detto e ridetto che bisogna dare una svolta al turismo. Prima di passare (senza invidia) la palla a Franco, domando e  mi domando: «Su questi punti chiari, a che punto è il dibattito pubblico e quello nelle sedi istituzionali?»

Pier Luigi Leoni    

Prima di pronunciarmi sulla questione posta da Stefano Cimicchi e trasformata in palla per il nostro gioco dal direttore Freddi, sia concessa anche a me una premessa personale. Io sono tra quelli che hanno avuto qualche tempo fa un ruolo istituzionale rilevante, poi un ruolo sempre meno importante, fino alla situazione attuale di pura testimonianza, caratterizzata da quel tipo di impegno che una volta si sarebbe detto politico-culturale. Ho avuto perciò, nel bene e nel male, delle responsabilità, che mi sono assunte mai risparmiandomi e mai essendone risparmiato. Parlo di idee e di iniziative, alcune di evidente e duraturo successo (spero che qualcosa ancora sia restato nella memoria, oltre che nella fisicità della città), altre di minore importanza ed effetto, qualcuna inefficace o probabilmente sbagliata. Comunque sempre messe a disposizione con onestà intellettuale, sempre solo per fornire contributi positivi al presente e al futuro di Orvieto e, se è concesso, anche più in là. Non credo di dire falsità se ad esempio affermo che diverse idee e progetti sono stati ampiamente utilizzati dalle amministrazioni che sono venute dopo le due che ho guidato io e se ricordo anche che diverse idee e progetti giacciono non utilizzati nei cassetti ed altri (vedi Vigna Grande) sono stati violentemente accantonati probabilmente proprio perché validi e realizzabili. Quando sono stato costretto a mettermi da parte, mi sono astenuto certo a stento dal partecipare al dibattito, ma mi sono appunto astenuto, perché mi era evidente sia la non utilità che il non gradimento. Insomma, tra alti e bassi, tra una fase ed un'altra, non posso comunque considerarmi estraneo al dibattito pubblico.

Ho ripreso però interesse e gusto per la discussione aperta solo quando Dante e Pier Luigi mi hanno fatto capire che la mia partecipazione almeno a loro avrebbe fatto piacere. Da allora sono passati più di due anni, e tutte le settimane, senza saltarne una, prima con "A destra e a manca" e ora con "Ping Pong", ho espresso la mia opinione, in tandem con Pier Luigi, su tutti gli argomenti di stringente attualità e di evidente prospettiva strategica che interessano la città e il territorio di Orvieto, spesso con un'ampia contestualizzazione, sia culturale che politico-programmatica.

Dunque non mi sento responsabile del giudizio che Stefano Cimicchi sente di dover dare sullo stato del dibattito pubblico, anche se mi rendo conto di non essere io che posso determinarne direzione e spessore, e perciò costituire termine di paragone per un giudizio.

Tuttavia di temi focali ne abbiamo trattati eccome! Vogliamo ricordarne qualcuno? La questione dell'anatra zoppa e di come uscirne; il tema di come risanare il bilancio e contestualmente generare crescita; le strategie del traffico e l'uso dei parcheggi; il ruolo della città e del territorio nel contesto dei mutamenti generali e particolari in corso; le riforme istituzionali necessarie; l'ambiente, il lavoro, la scuola, la cultura, i giovani; le questioni della sanità e degli anziani. Penso che qualcuno si ricorderà almeno che abbiamo parlato di ex caserma Piave e di riuso dell'Area di Vigna Grande, di ex ospedale e di Centro Studi.

Hai voglia se siamo stati sul pezzo!, io e Pier Luigi, Dante Freddi, Massimo Gnagnarini, Mario Tiberi, Flavio Zambelli, Luciano Cencioni, tanto per citare solo i fondatori del COVIP, a cui vanno aggiunti di diritto tutti coloro che si sono sentiti stimolati dai nostri interventi ed hanno ritenuto di dover fornire il loro contributo di idee. Né vanno dimenticati quelli che, usciti o mai entrati nell'anonimato dei nickname, hanno espresso opinioni pregevoli sui punti che via via sono emersi appunto come caldi.

Ma allora, se si può dimostrare che non sono mancati interventi di molti sui problemi di interesse pubblico, si può dire che l'osservazione, la domanda, di Stefano Cimicchi è da considerare insensata o ingiustificata? No, se ci si riflette bene, e soprattutto se la si intende in un modo appropriato, cioè se ci si chiede perché il discutere pubblico in genere non produce alcun serio effetto pubblico o perché raramente si intravede un legame tra il discutere pubblico e il dibattere e decidere sul piano istituzionale.

Posta così, la questione diventa davvero seria e richiede di mettere i necessari puntini sulle i, perché intanto fa emergere il distacco preoccupante (non certo da oggi) tra decisori politico-istituzionali e cittadini, e poi invita come minimo a chiedersi da quando, con quali modalità e per quali ragioni, particolarmente in questa città (particolarmente perché non è certo la sola) si discute il più delle volte a vuoto, e come mai, quando si pongono con forza e chiarezza (appunto in modo pubblico) problemi veri, in genere la reazione è l'indifferenza e un silenzio assordante, o peggio, un'ostilità che si affetta.

Non so se Stefano Cimicchi avrebbe una spiegazione alla sua stessa domanda una volta che fosse d'accordo di intenderla nel modo che ora ho proposto, ma io una penso di averla e per il momento la formulo così, con una domanda retorica: forse che la politica per tanto tempo si è molto impegnata in giochi di potere così esclusivi che si è prodotto e consolidato un distacco dalle pulsioni della realtà sia dei dirigenti di partito che degli eletti (o addirittura designati) nelle istituzioni? Credo sia un tema parecchio interessante, anche perché ci porta dritti dritti al cuore dei meccanismi di formazione delle classi dirigenti e di funzionamento delle istituzioni, un tema essenziale per discutere di democrazia. Magari ci torneremo sopra.

Ora mi preme chiudere con due "note a margine" su quanto dice Pier Luigi a proposito di quelli che lui chiama "punti chiari".

La prima: come ho detto più volte, anche in tempi recenti parlando di anziani e di CSCO, non sono per nulla convinto che la vendita del patrimonio sia la via maestra per risolvere i nostri problemi di bilancio (si guardi su questo aspetto anche il dibattito nazionale), se non altro perché in tal modo, non solo si coltiva l'illusione della separatezza tra operazioni di risanamento ed operazioni per la crescita stabile e duratura (politica progettuale), con ciò premiando anche pigrizie mentali e scarso coraggio, ma si imposta in modo del tutto sbagliato la strategia complessiva di uscita dalla crisi e si va rapidamente al dissesto, come ci ha ricordato Massimo Gnagnarini con riferimento a quanto contesta oggi la Corte dei Conti al Comune con la delibera 166 del 10.11.2011.

La seconda: sono invece completamente d'accordo sull'affermazione che è stato un errore l'eccesso di edilizia privata che per tanto tempo ha caratterizzato l'economia orvietana, con le conseguenze durature che si vedono non da oggi, ma che oggi rischiano di diventare molto ma molto pesanti. Errore che si poteva evitare, perché c'è stato chi l'aveva per tempo considerato tale e per tempo ha lottato per correggerlo sia con limitazioni alla pura espansione sia con iniziative per lo sviluppo di settori diversi, ma che non si è voluto evitare, perché è prevalso chi l'ha teorizzato e favorito. Ma anche su questo, se ne avremo l'occasione, ritorneremo volentieri.

Franco Raimondo Barbabella


Ping Pong è la nuova rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri "amici" raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di "A Destra e a Manca". Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it

Questa è la puntata 11


 

Pubblicato il: 30/11/2011

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