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Ad Orvieto la diocesi paga 300mila euro di tasse all'anno

La diocesi tira fuori beni e cifre perché profondamente irritata dalle polemiche di queste settimane sul fatto che la Chiesa non paghi l'Ici

ORVIETO - Ad Orvieto la diocesi paga 300mila euro di tasse all'anno. A snocciolare i dati forniti dal vicario generale monsignor Carlo Franzoni è don Marcello Cruciani sulle pagine de La Voce. La diocesi tira fuori beni e cifre perché profondamente irritata dalle polemiche di queste settimane sul fatto che la Chiesa non paghi l'Ici. "L'ignoranza non è una virtù, soprattutto quando si scrive sui giornali nazionali e locali" esordisce don Marcello Cruciani che spiega: "La legge prevede l'esenzione dell'Ici sui fabbricati posseduti da enti non commerciali e destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché ad attività di religione e di culto". Eccoli allora i dati. "Per prima cosa - spiega don Marcello Cruciani - si fa tutto un calderone, non comprendendo che la Chiesa è composta anche da tanti enti che hanno una gestione autonoma che serve per scopi ben precisi. In diocesi il più consistente è l'Istituto diocesano sostentamento clero, che gestisce i beni degli ex benefici parrocchiali e ha lo scopo di sovvenire economicamente i sacerdoti". Nel 2010 l'ente ha pagato 159.143 euro di Ires (imposta sul reddito delle società), 13.847 di Irap (imposta regionale sulle attività produttive), 97.307 euro di Ici. Oltre a tasse consortili per 7.501 euro e tasse per registrazione dei contratti per 23.152,67 euro. "In definitiva - conclude don Marcello Cruciani - il totale degli oneri dei tributi versati dall'Idsc di Orvieto - Todi ammontano alla modica cifra di euro 300.951,28". "Gli altri enti, come le Fabbricerie di Orvieto e di Todi, il Capitolo della cattedrale, il Capitolo della concattedrale di Todi, l'istituto Artigianelli Crispolti, il seminario vescovile di Todi, il seminario vescovile di Orvieto e tutte le parrocchie che hanno immobili in locazione o terreni in affitto, svolgono attività commerciali, possiedono terreni edificabili e pagano i relativi contributi dovuti allo Stato, alla Regione o ai Comuni. I bilanci sono verificabili - spiega Cruciani -. Rilevo solamente con quanti sacrifici le parrocchie portino avanti le comunità, restaurino e conservino beni artistici e architettonici che altrimenti andrebbero in malora e sono al servizio di tutti. Porto l'esempio di due piccole parrocchie del Tuderte: Pian di San Martino, che ha una popolazione di alcune centinaia di unità, ha restaurato la chiesa parrocchiale spendendo 180.000 euro: ha ricevuto dalla Cei dall'8 per mille 80.000 euro, il resto il popolo con le loro offerte. Camerata, una parrocchia ancora più piccola, ha restaurato la chiesa parrocchiale spendendo 130.000 euro ed ha ricevuto dall'8 per mille della Cei 60.000 euro, il resto lo hanno messo i parrocchiani, gente modesta, con molti anziani pensionati".

Pubblicato il: 09/10/2011

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