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Si è spento Adimaro Fiaschi

87 anni, imprenditore del basalto. Se ne va un mondo che non c'è più. Lo dicono bene le parole di cordoglio espresse informalmente dal presidente di Confindustria Orvieto, Danilo Mira

ORVIETO - "Con lui potevi anche non firmare i contratti, valeva la parola data. Era un imprenditore vecchio stampo. E, in un'epoca in cui non valgono più neanche i contratti, ma solo le clausole scritte a caratteri microscopici che sei costretto a portare dall'avvocato, questo dice tutto".

Ecco, con Giosuè Adimaro Fiaschi, 87 anni lo scorso febbraio, se ne va un mondo che non c'è più. Lo dicono bene le parole di cordoglio espresse informalmente dal presidente di Confindustria Orvieto, Danilo Mira.

L'imprenditore del basalto, al centro negli ultimi anni di roventi polemiche tra il Comune e gli ambientalisti, si è spento domenica scorsa. I funerali sono stati celebrati ieri mattina a Lubriano, nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Toscano di origini, Fiaschi si trasferisce con la famiglia ancora adolescente nel Reatino, dove più tardi inizierà la sua attività. Prima, giovanissimo, nel settore boschivo e poi come cavatore.

Un testardo, uno che andava a testa bassa, senza messe misure, uno con il quale non era facile trattare e guai a prenderlo in giro. Poi però con la correttezza e la generosità ripagava tutti. Così lo ricordano in molti nel mondo dell'imprenditoria locale e non. A lungo si dividerà tra Rieti e Orvieto dove fonda prima Incabase e poi, nel 1970, Sece. L'avvento dell'Alta Velocità segna il suo definitivo decollo, lanciandolo nel settore estrattivo. Fiaschi diventa fornitore per le massicciate ferroviarie di Rfi, nonchè delle maggiori imprese che operano nel settore dell'Alta Velocità, per la Roma-Napoli, la Torino-Milano, la Firenze-Bologna. Ma il basalto di Fiaschi finisce anche sui manti stradali drenanti di tutta Italia con importanti commesse per Anas e Pavimental, società che si occupa della manutenzione di quasi tutte le autostrade del Paese.

Col tempo, si stabilisce definitivamente nell'Orvietano che diventa non certo il suo "buen retiro" , termine che usava in maniera sprezzante contro gli ambientalisti di facciata che identificava in quei radical chic "con molto tempo a disposizione" che, diceva, "non si sentono orvietani, ma si limitano a rimanere reclusi nel loro sontuoso casale, durante brevi vacanze finalizzate a ritemprare le membra stanche delle fatiche romane". No, Fiaschi era un imprenditore, dal carattere difficile è vero, ma che, oltre agli enormi investimenti fatti nell'Orvietano, vantava di avere a cuore il territorio. Non solo per gli oltre sessanta operai, tutti locali, a cui dava lavoro e dai quali era grandemente stimato, ma anche per le sponsorizzazioni di Ujw, ad esempio, o per la generosità di cui era capace e "che - dice un imprenditore - da un burbero come lui, non t'aspetti".

Amareggiato per le vicende legali che lo hanno coinvolto negli ultimi anni (prima a seguito della cancellazione dell'area estrattiva di Benano, poi per il tentativo fallito definitivamente nel 2009 di blocco dell'espansione della cava del Botto) Fiaschi, affiancato in azienda dalla moglie e dal figlio (ha anche una figlia femmina) non aveva perso la propria energia. Nulla però ha potuto di fronte all'età e alle condizioni ormai precarie di salute. Ora riposerà nella cappella di famiglia nel cimitero di Sermugnano che aveva fatto costruire pochi anni fa.

Pubblicato il: 13/09/2011

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